La voce dell'agronomo 27/01/2007

L’AGRONOMO, QUESTO SCONOSCIUTO? E’ ROBA VECCHIA, OCCORRE RIMBOCCARSI LE MANICHE

Sull’onda delle reazioni suscitate dalla direttiva nitrati, ritorna la questione della scarsa visibilità di una categoria che invece è strategica per il futuro della nostra agricoltura, del nostro ambiente e del nostro Paese. Occorrono orgoglio e bell’esame di coscienza collettivo


Questa settimana la rubrica, più correttamente, si dovrebbe rinominare in “Voci degli Agronomi”.
Le questioni poste dal collega Fiorenzo Panini ritengo infatti siano meritevoli di un approfondimento.
Ecco la sua lettera.

L'agricoltura in generale e la zootecnica nello specifico, stanno vivendo la tragedia dell'out-out imposto da Bruxelles con la direttiva nitrati.
Praticamente tutta la pianura padana è fuori standard e rischia di vedere collassare i propri allevamenti di suini e bovini. Dopo 14 anni di sopportazione e tolleranza Bruxelles ha detto
all'agricoltura italiana "adesso basta...o vi mettete in regola o vi tagliamo i sussidi".
Gli agricoltori, prima disorientati e poi inferociti, stanno protestando alla ricerca di un aiuto da parte delle varie organizzazioni sindacali o dai politici nostrani.
Le une e gli altri, nel pieno imbarazzo, cercano le vie legali per fare cinquina al lotto...ma la direttiva nitrati non ammette ignoranza e scappatoie legali.
In questa tragedia possiamo però verificare per l'ennesima volta quanto l'agricoltura ignori la funzione tecnica dei dottori agronomi rispettando solo quella dei veterinari.
La direttiva nitrati è un problema tecnico-agronomico eppure sia i politici che le organizzazioni sindacali continuano a rivolgersi ai legali dimenticando che solo con le deroghe agronomiche è possibile trovare - forse - una via di scampo ai limiti di spandimento..
Avete però mai sentito pronunciare, leggendo i giornali e guardando la tv, la parola magica "dottore agronomo" in questa burrasca?
Il dottore agronomo, fate caso, non è stato mai citato e messo in campo.
Come sempre, in agricoltura, il dottore agronomo non esiste.
Quando penso poi che il Ministro delle politiche agricole è prima di tutto un mio collega agronomo ecco che mi vien da piangere...quasi come gli agricoltori che oggi si trovano senza terra sotto i piedi.

Fiorenzo Panini
Dottore agronomo – Brescia

Caro collega,
La vicenda nitrati è la triste dimostrazione che il settore primario nel nostro Paese è un attore secondario, se non un invitato poco gradito.
La politica si è dimenticata, per almeno un decennio, di un problema che può avere gravissime ripercussioni economico-sociali, portando a chiusura molte aziende zootecniche.
I mass media, nonostante si parli di centinaia di posti di lavoro e dell’assetto di un vasto territorio, interregionale, non si occupano, se non distrattamente, della situazione.
Il cittadino viene così lasciato nella sua beata ignoranza.
Nel frattempo chi conosce bene il settore sa che potremmo essere alla vigilia di ulteriori mobilitazioni contadine, che la situazione è insostenibile. Come per le quote latte, vicenda ancora non passata completamente agli annali, la direttiva nitrati è una potenziale bomba.
Si cercano soluzioni fantasiose e creative e, alla fine, probabilmente qualche accordo con Bruxelles sarà trovato. Ma a che prezzo? Quanto e cosa dovremo concedere?
In questo contesto, caro Panini, denunci quanto “l'agricoltura ignori la funzione tecnica dei dottori agronomi.” Non posso che concordare, purtroppo.
Ritengo tuttavia che parte della colpa debba essere attribuita proprio alla nostra categoria. Si potrebbe anche dire che amiamo farci del male da soli.
Più dell’interesse professionale, dell’intero Ordine, vediamo quello personale, dell’azienda o associazione di cui facciamo parte. Viviamo poco, o pochissimo, il senso di appartenenza a un gruppo, salvo poi lamentarci che il gruppo ha poca forza, scarso potere negoziale, carente visibilità, poca riconoscibilità.
Ricordo che quando iniziò l’avventura di Teatro Naturale, intendevo inaugurare questa rubrica con un articolo dal titolo “agronomo, questo sconosciuto”. Fu posto allora un veto che volli rispettare, anche se ne condividevo solo in parte le ragioni.
Se infatti il Dottore agronomo è uno sconosciuto questo lo dobbiamo, in primis, a noi stessi, alla nostra categoria che, per lunghi anni, ha preferito muoversi nei palazzi piuttosto che nelle piazze, che ha ignorato la valenza e la potenza dei mezzi di comunicazione di massa, facendosi conoscere poco persino dagli addetti ai lavori. Le pagine dei giornali, persino di quelli agricoli, è stata riempita da figure ben poco tecniche che, molto spesso, si sono accontentate di veline, comunicati stampa, senza approfondire l’argomento, senza neanche, ancor più spesso, poter approfondire la materia non avendo alcuna competenza specifica. I Dottori agronomi e forestali hanno lasciato libero il campo che è stato occupato da “abusivi” che però ora godono di una credibilità e riconoscibilità ben superiore a quella dei professionisti del settore. A chi dare la colpa?
Recuperare è sempre difficile, una strada in salita, anche perché insieme alla popolarità abbiamo perso anche parte del prestigio di cui godevamo, magari accapigliandoci tra colleghi. Non è affatto raro che Dottori agronomi funzionari o dirigenti di organizzazioni di categoria, tarpino le ali o mettano i bastoni tra le ruote a colleghi liberi professionisti.
A chi allora dover attribuire la colpa che “in agricoltura, il Dottore agronomo non esiste”?
Prima di attribuire colpe ad altri è bene, credo, un bell’esame di coscienza collettivo.
Oggi, purtroppo, siamo nella condizione di dover dimostrare al resto del mondo, non soltanto quello agricolo, chi siamo, la nostra preparazione, la nostra cultura, solo dopo potremo iniziare a pretendere.
Rimbocchiamoci le maniche…

di Alberto Grimelli