La voce dell'agronomo 06/12/2003

I DIFFICILI EQUILIBRI DEL DOPO CANCUN

Lo scontro tra ricchi e poveri non pare spegnersi, il 15 dicembre a Ginevra un’altra occasione di confronto, purchè prevalga il buonsenso. Cauto ottimismo del commissario Ue Fischler


La macchina della diplomazia non si è fermata dopo Cancun, e le occasioni di incontro non sono mancate, dalla conferenza Fao di Roma, ai numerosi vertici bilaterali e multilaterali. Mi sembra tuttavia che più che dialogo vi siano stati monologhi in cui ognuna delle parti interessate ha espresso la sua posizione e legittimo punto di vista, senza neanche stare ad ascoltare gli altri interlocutori.
Purtroppo questa mia sensazione è stata confermata dal commissario all’agricoltura Fischler che, nel corso di una conferenza stampa a Roma alcuni giorni orsono ha dichiarato che “i 146 paesi che si accingono a negoziare devono essere disposti a farsi delle concessioni reciproche” e che “la sostanza deve prevalere sugli slogan”.
Sebbene ritengo che abbia ragione il commissario Ue quando dichiara che Cancun è stata un’occasione mancata per tutti e non solo per i Paesi in via di sviluppo che speravano di ottenere la liberalizzazione dei mercati agricoli, non sono così fiducioso sul prossimo futuro e in particolare sull’imminente vertice di Ginevra dell’OMC.
Le concessioni fatte dall’Europa (riforma PAC, riduzione dei dazi e degli aiuti all’esportazione) appaiono ai Paesi poveri del tutto insufficienti, e non sembra che la commissione Ue sia disposta a ulteriori passi, stando alle parole di Fischler: “la flessibilità non può essere una strada a senso unico, o meglio, viste le esigenze del G-19 (ndr organismo che riunisce 19 Paesi in via di sviluppo), un'autostrada a senso unico! Finora, le loro pretese sono state enormi, ma le concessioni che sono disposti a fare sono veramente minime. Ora aspettiamo finalmente proposte serie da parte del G-19”. La posizione degli Usa sembra anche più drastica e la “Farm Bill”, con i consistenti aumenti degli aiuti a sostegno degli agricoltori, è un messaggio di chiusura, rispetto alle richieste delle Nazioni in via di sviluppo, che non può essere frainteso, “chi fa da sé fa per tre” sembra il motto lanciato dal governo americano.
Gli interessi in gioco sembrano essere molto più ampi, dalla liberalizzazione del mercato agricolo a quella del mercato industriale il passo sarebbe breve, eccessivamente breve per le economie dei Paesi industrializzati ancora alle prese con la difficile congiuntura internazionale, di cui, solo ora, si intravede l’uscita.

di Alberto Grimelli