La voce dell'agronomo 17/06/2006

DALLA UE ARRIVERANNO 25 MILIARDI DI EURO NEI PROSSIMI CINQUE ANNI

L’Italia terzo beneficiario dei fondi strutturali di coesione. Per una vera crescita. “Dovremo trovare – afferma De Castro - il modo per riuscire ad avere un'alleanza strategica che porti i nostri prodotti negli scaffali della distribuzione nazionale ma anche in quella degli altri Paesi.”


L’Italia ha assoluta necessità di una politica di sviluppo e di crescita. Non si tratta di una novità.
Le Regioni meridionali, ma anche alcune aree del Centro Nord versano in gravi difficoltà.
L’agricoltura è il settore che probabilmente sta soffrendo maggiormente e che presenta le maggiori e più evidenti problematiche strutturali.
E’ notizia recente che l’Istat ha confermato l’andamento congiunturale negativo del valore aggiunto agricolo nel primo trimestre 2006, che ha presentato una flessione, in volume, del 6,1 %, rispetto al quarto trimestre 2005. Un ulteriore segnale negativo, proviene dalla flessione tendenziale, sempre del valore aggiunto, del 3,5 %, rispetto al primo trimestre 2005.
Secondo Confagricoltura il livello dei prezzi, e anche del reddito, degli agricoltori è ai livelli di tre-quattro anni fa. Considerando la crescita esponenziale dei costi di produzione, soprattutto dovuta al caro petrolio, significa che le aziende agricole hanno visto i margini di guadagno ridursi sensibilmente. Gli aiuti diretti sono andati via via scemando e, probabilmente, dal 2013, verranno praticamente azzerati.
L’agricoltura italiana, composta in larga parte, di aziende medio piccole, magari poste anche in condizioni disagiate, rischia il tracollo.
Occorre indubbiamente trovare nuove strade e occorre farlo molto in fretta, prima di assistere a una nuova massiccia fuga dalle campagne, con conseguenti problemi di ordine sociale ed ambientale.
“I vecchi strumenti di aiuto all’agricoltura – dice il Ministro De Castro - piccole sovvenzioni sparpagliate, non servono più. Occorre una politica agraria nuova, non protezionistica, con un’attenzione particolare alla grande distribuzione. “ Il Ministro guarda alla Francia dove, nei mesi passati, abbiamo assistito a un’alleanza tra agricoltori transalpini e Carrefour.
“Dovremo trovare il modo – continua il Ministro - per riuscire ad avere anche in Italia un'alleanza strategica che porti i nostri prodotti non solo negli scaffali della distribuzione nazionale ma anche in quella degli altri Paesi.”
Mi auguro vivamente che il settore agricolo riesca a rompere l’isolamento.
In questo nuovo quadro che si va delineando, l’intervento del Governo potrebbe risultare decisivo. Il mondo rurale italiano ha infatti sempre avuto un scarso peso nelle negoziazioni commerciali laddove, spesso, prevale la logica del prezzo. La politica potrebbe quindi proteggere e tutelare il partner debole, creando i presupposti affinché il mercato risulti più equilibrato.
“E’ inutile produrre a Niscemi carciofi senza anticrittogamici – conclude De Castro - se poi nel mercato troviamo gli ortaggi egiziani coltivati con prodotti da noi considerati nocivi.”
Sono affermazioni pragmatiche ma anche programmatiche che si scontrano tuttavia con altre logiche imperanti all’interno della Ue, dove il Commissario all’agricoltura Fischer Boel ha più volte affermato che non si può obbligare altri a produrre secondo i nostri principi e che il Wto ci “costringe” ad aprire i mercati.
I fondi, i finanziamenti della Pac, dei PSR, dei POR sono indispensabili per modernizzare le aziende agricole, per favorire l’accorpamento, la cooperazione, per gli investimenti in ricerca e innovazione.
I denari della Ue risulteranno decisivi per dare un futuro alla nostra agricoltura solo se accompagnati da una accorta politica di protezione dalla concorrenza sleale (tutela denominazioni d’origine, sicurezza alimentare, norme anti-sfruttamento…), a livello globale, e da un’efficace e guidata strategia di alleanze tra il settore primario e quello terziario.
Cinque anni di tempo per salvare la nostra agricoltura. Se in questo arco di tempo non si riuscirà a compiere il salto culturale, comprendendo il valore del mondo rurale, tutelando le produzioni locali e a basso impatto ambientale e con esse salvaguardando il reddito degli agricoltori, un intero patrimonio di tradizioni e cultura, oltre che di biodiversità, rischia di estinguersi o, nella migliore delle ipotesi, restare confinato a un ruolo museale.

di Alberto Grimelli