La voce dell'agronomo

SIAMO DAVVERO NELL’ERA POST GENOMICA?

Da che Watson e Crick portarono alla scoperta della struttura chimica del Dna, si sono aperte nuove prospettive. Dopo mezzo secolo e molti progressi scientifici si è giunti a mettere in dubbio le leggi di Mendel. E’ sufficiente per affermare che si è entrati in una nuova epoca?

06 maggio 2006 | Alberto Grimelli

La doppia elica, Dna, genoma sono termini che fanno presagire una nuova frontiera, la scoperta dell’essenza stessa della vita.
Sono stati individuati i geni, piccoli mattoni, entità funzionali capaci di determinare tanto la fisiologia quanto i caratteri fenologici dell’individuo.
Molti passi in avanti sono stati fatti, i progressi sono stati sbalorditivi. In pochi decenni l’uomo ha acquisito le conoscenze e le tecniche per manipolare il Dna, per forzare la natura. Fantascienza fino a ieri, realtà oggi.
Considerando che soltanto per l’1% del patrimonio genetico l’uomo si distingue dalla scimmie, le capacità acquisite dalla scienza possono far intravedere la possibilità di creare in laboratorio anche nuove specie, nuove razze, nuovi esseri.
Sarebbe un risultato sorprendente, forse persino inquietante, se non fosse che la natura ci sorprende sempre più.
E’ infatti notizia recente, presentata in un recente convegno alla Facoltà di Agraria di Pisa e organizzato dall’Accademia dei Georgofili, che due distinte varietà di mais differiscono per circa il 10% del loro patrimonio genetico.
Esiste quindi un problema concettuale. Se rivendichiamo la nostra diversità rispetto ai nostri progenitori primati sulla base dell’1% del genoma, perché ci ostiniamo a ritenere che due “mais”, che si distinguono per il 10% del loro patrimonio genetico, appartengano alla stessa specie?
Prima di affidare tuttavia alla genetica il gravoso compito di riclassificare il mondo vegetale e quello animale, occorre che gli studi proseguano e che le conoscenze sul Dna siano realmente approfondite.
Oggi perdurano molte incognite.
Non si è ancora arrivati a comprendere, più di un secolo dopo Mendel, come vengono regolati i rapporti tra alleli e, di conseguenza, l’espressione fenotipica. Vengono messe in discussione le stesse leggi di Mendel sulla dominanza, altri termini e nuove leggi vengono proposte e discusse.
L’impressione è che oggi gli scienziati e i ricercatori sappiano di non sapere. Ogni giorno una scoperta che può rimettere in discussione quanto acquisito.
Era, per esempio, noto che esiste una gran quantità di Dna nei cromosomi che non codifica per alcuna proteina nè è coinvolto indirettamente in alcun processo metabolico. E’ stato chiamato, sprezzantemente, “Dna spazzatura”. Recenti ricerche dimostrerebbero tuttavia che tale presunta inutile sovrabbondanza di materiale genetico ha una precisa funzione, dando luogo a mutamenti della sequenza del Dna ed essendo anche coinvolta nel grado di espressione dei geni.
Alla luce di tante incognite, è lecito pensare di essere in una nuova fase? In una nuova era?
Paradossalmente la presa di coscienza di muovere i primi passi nel cercare di comprendere il funzionamento del genoma rappresenta la svolta più importante, al pari di quanto accadde nell’800 quando nuove e impensabili scoperte fecero traballare la stoica sicurezza di un’intera classe di scienziati che pensava che tutto lo scibile umano fosse stato svelato.
Tale presa d’atto rappresenta il presupposto minimo essenziale per poter marcare una linea?
Siamo realmente nell’era post genomica?

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