La voce dell'agronomo

POVERA AGRICOLTURA: QUANDO RIPRENDONO I CONSUMI CROLLANO I PREZZI

I redditi degli agricoltori, secondo un'indagine della Banca d'Italia, sono tra i più bassi. Esiste una forte disparità tra città e campagna, degna di nota perché molti piccolissimi agricoltori sono stati trasferiti d’autorità dalla loro professione originaria alla condizione di pensionati riducendo così di tantissimo la povertà agricola

22 aprile 2006 | Alberto Grimelli

Da un’indagine della Banca d’Italia su dati 2004 emerge la drammatica situazione della famiglia agricola italiana.
Il reddito agricolo è stato misurato in 26.564 euro pari allo 89% della media nazionale, valutata in 29.483 euro. La disparità dei redditi si acuisce se, invece di considerare i dati medi, se ne frastagliano le componenti. Così al di sotto dei diecimila euro annui troviamo l’8.8% delle famiglie italiane ma il 14.3% delle sole agricole. Inversamente, oltre i 40 mila euro incontriamo il 16.3% delle famiglie agricole contro il 21.2% delle nazionali. Disparità tanto più degna di nota perché molti piccolissimi agricoltori, pensionati, sono stati trasferiti d’autorità dalla loro professione originaria alla loro attuale condizione di pensionati: riducendo così di tantissimo la povertà agricola.
Questi minori redditi inducono a un minore risparmio: i consumi raggiungono, in agricoltura, il 92% della media nazionale. Segno che se ogni famiglia italiana spende il 75% del guadagnato, le agricole si spingono verso il 77%.

Una situazione che tende, se possibile, a peggiorare.
I costi di produzione sono infatti in continua ascesa, soprattutto a causa dell’aumento del petrolio mentre i prezzi continuano a scendere. Il 2005 verrà ricordato come l’annus orribilis, l’agricoltura in recessione e gli aiuti comunitari e nazionali progressivamente ridimensionati, il 2006 si apre sotto migliori auspici, ma solo in apparenza.
I consumi dei prodotti alimentari, infatti, segnano una decisa ripresa, ma i prezzi sui campi sono sempre in picchiata.
Le quotazioni delle derrate alimentari all’origine hanno proseguito anche nel primo trimestre dell’anno il trend negativo. A marzo, rispetto allo stesso periodo del 2005, si sono registrati crolli record per gli avicoli (meno 35,5 per cento), per gli ortaggi e i legumi (meno 22,3 per cento), per la frutta fresca e secca (meno 7,2 per cento). Flessioni più contenute si sono avute per i vini (meno 5,1 per cento), per gli ovicaprini (meno 4,8 per cento) e per il latte e i suoi derivati (meno 2 per cento). In controtendenza, invece, i cereali (più 9,7 per cento), i bovini (più 9,4 per cento) e i suini (più 11,8 per cento).
Sono dati che confermano un’agricoltura in grave crisi strutturale.

Occorre presto ridisegnare il ruolo e i compiti del settore primario del nostro Paese.
Non c’è più tempo.
Sono francamente in grave imbarazzo quando mi viene chiesto cosa convenga maggiormente coltivare. Nulla?
L’agriturismo, le fattorie didattiche non possono essere la risposta assoluta. Né le agribioenergie rappresentano la soluzione.
In realtà, questa la tragedia, non esiste alcuna alcuna via ben definita lungo cui muoversi. Si rincorre l’emergenza senza alcuna progettualità.
Presto si dovrà affrontare un’altra crisi, l’esodo dalle campagne?

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