La voce dell'agronomo 01/04/2006

L’EXTRA VERGINE NON SI AFFRANCA DALLA COMPETIZIONE DI PREZZO E L’ITALIA SOFFRE LA CONCORRENZA INTERNAZIONALE

L’olio è una commodity, i mercati all'ingrosso sono dominati da pochi grandi acquirenti. Se i produttori italiani non riusciranno a vendere un sogno, un’immagine e un’emozione, il comparto rischia il collasso


Il mercato dell'olio d'oliva risente pesantemente della concorrenza di prodotti a basso costo.
Non è una novità, anzi pare anche un’informazione assai banale ma necessita di un riflessione più profonda. Perché l’extra vergine non riesce ad affrancarsi? Perché viene ancora considerata solo una commodity, un genere alimentare di prima necessità?
Tutta colpa dei supermercati, dell’industria che offrono oli a prezzi irrisori, sottocosto o di qualità scadente. Così non si fa cultura di prodotto!
Vero, anzi verissimo, ma c’è di più.
Un amico toscano mi ha confidato che si diverte a sfidare olivicoltori della Regione e non solo a parlare del proprio prodotto per quindici (15) minuti. Pochi riescono nell’“impresa”. Conoscendone il carattere buontempone, ma anche la professionalità e preparazione, ho voluto fare una riprova.
Devo tristemente prendere atto che la grande maggioranza dei produttori che ho interpellato non arriva neanche a sette (7) minuti di chiacchiere. Opss.
Ho voluto scavare un po’. Pochi sanno fornire una spiegazione accettabile, comprensibile di cos’è il numero di perossidi, molti confondono acidità libera e contenuto di acido oleico, qualcuno sbaglia in maniera plateale le unità di misura (un produttore mi ha dichiarato che il suo olio conteneva 250 grammi di polifenoli).
Mi fermo ma soffro, come soffre l’intero comparto oliandolo del nostro Paese.
Molti produttori italiani mancano della preparazione e conoscenze per fare cultura di prodotto, proprio loro che sarebbero promoter eccezionali, considerando anche che la vendita diretta rappresenta uno dei principali canali commerciali per le imprese olivicole.
Per affrancarsi dalla concorrenza internazionale, dalla logica della competizione sul prezzo è necessario vendere qualcosa di più che un semplice fluido composto di trigliceridi, acidi grassi e altri composti. Occorre saper rispondere anche alle domande più strampalate del consumatore in maniera sicura, ferma, precisa e inoppugnabile. Ma occorre soprattutto vendere un’immagine, un sogno e un’emozione.
Una Ferrari non è solo un’auto.
Un Cartier non è solo un orologio.
Il Sassicaia non è solo un vino.

di Alberto Grimelli