La voce dell'agronomo 15/09/2016

L'Italia dei mille campanili e delle mille varietà di olivo

L'Italia dei mille campanili e delle mille varietà di olivo

Il caso Taggiasca, che sta scuotendo la Liguria, rischia di avere importanti riflessi nazionali. Cosa succederebbe se la Toscana si appropriasse di Frantoio e Leccino? L'Umbria della Moraiolo? La Puglia della Coratina?


Il Comitato promotore Oliva Taggiasca Dop vuole rinominare la varietà ligure per farla divenire Giuggiolina, così “sbloccando” il nome per farlo divenire una Dop.

Bruxelles infatti vieta che una Dop possa assumere la stessa denominazione di una varietà coltivata. La Dop non tutela una cultivar ma una pluralità di fattori ambientali, tradizionali, culturali, agronomici e produttivi che rendono un prodotto unico e inimitabile, con una precisa identità.

Col progetto ligure, invece, si sta cercando di fregare Bruxelles con un artificio in puro stile italiano.

Anche ipotizzando che i burocrati europei accettino di passare per deficienti, non notando la furberia italiana, c'è il caso che se ne accorga qualcun altro. Come i cugini francesi che coltivano la Taggiasca in Provenza e in Corsica. Siamo sicuri che si lasceranno scippare il nome dall'Italia?

Ammesso e non concesso che tutti chiudano gli occhi, tutti e due come minimo, siamo sicuri di aver ben soppesato le conseguenze per il futuro?

Seguendo l'esempio ligure, la Toscana, con medesima operazione, potrebbe chiedere la costituzione delle Dop Frantoio e Leccino. Non è escluso nemmeno che l'Umbria si impossessi della Moraiolo. E che dire della Puglia con la Coratina? Tutte potenziali candidate, ma l'elenco potrebbe essere lungo, al cambio di denominazione con improbabili sinonimi, per diventare future Dop.

Si tratta di uno scenario iperprotezionistico che ci farebbe ridere dietro dal mondo intero. Vaglielo a spiegare agli australiani o ai cileni che non potranno più utilizzare il nome Frantoio (o Taggiasca) perchè è tutelato da una Dop. Possono giustamente asserire che loro coltivano Frantoio (o Taggiasca) e le piantine gliele abbiano pure vendute noi!

Vogliamo proseguire in questo percorso fantascientifico? Quel che vale per l'olivo vale per ogni altra varietà vegetale coltivata. Quindi anche per la vite. Se i francesi decidessero di tutelare con la Dop Pinot nero, Cabernet sauvignon e Chardonnay?

Certe varietà storiche, ovvero la cui origine risale a secoli addietro, appartengono, di fatto, al mondo. Non sono più proprietà dell'area geografica che ha dato loro i natali.

L'orientamento comunitario è quello di una limitazione nel campo della brevettabilità di sementi e varietà vegetali, con un'interpretazione restrittiva della Direttiva 98/44/EC, come da voto del Parlamento europeo del maggio 2012, e noi oggi vorremmo “intestarci” cultivar storiche, trattandole come proprietà privata?

Torniamo alla Taggiasca, varietà da considerare ormai internazionale.

I vivaisti italiani ne vendono in ogni angolo del globo 70-100 mila piante all'anno, da Dubai al Giappone, dall'Uruguay all'Argentina. L'areale di coltivazione della Taggiasca, quindi, non è limitato alla sola Liguria e, anche considerando l'estensione, la Francia potrebbe rivendicarne ugualmente la paternità, visto che è diffusa in Corsica e in Provenza. Senza contare che, ormai, come risulta dal database Oleadb del CNR Ivalsa disponibile on line, piante di Taggiasca sono conservate nei campi collezione del Ministero de Agricoltura de San Juan (Argentina), dell'Institute of Horticolture and Subtropical Plants (Azerbaijan), della Fazenda Sain André (Brasile), della National Collection della Cairo University (Egitto), in ben tre campi dell'INRA in Marocco e per finire in un Centro regionale per la ricerca agronomica, afferente all'INRA, in Israele. Il mondo può propagarsi e coltivarsi tutta la Taggiasca che vuole senza bisogno dell'Italia.

I liguri hanno dato i natali alla Taggiasca. E' indubbiamente vero e devono esserne orgogliosi. Come un figlio non appartiene ai genitori, così la Taggiasca non appartiene più alla Liguria. Come farebbe ogni buon genitore orgoglioso del proprio figlio, è legittimo e doveroso che i liguri rivendichino la paternità della Taggiasca e ne valorizzino l'origine regionale.

Credo però si stiano confondendo gli strumenti di promozione e valorizzazione con quelli di tutela e protezione. Giusto e sacrosanto, per esempio, istituire una Giornata della Taggiasca in Liguria, come pure attivare tutte le risorse perchè in ogni sperduto villaggio del mondo si sappia che la Taggiasca ha le proprie radici in Liguria.

Infine, premesso che è impossibile impedire la coltivazione della Taggiasca fuori dai confini liguri, nulla vieta la costituzione di un Consorzio volontario per la tutela e la valorizzazione della varietà Taggiasca. Nulla vieta che questo Consorzio monitori il mercato, facendo analisi del DNA su campioni di olive e olio identificati come Taggiasca, eventualmente segnalando alle autorità competenti anomalie, irregolarità e vere e proprie truffe.

Una Dop Taggiasca? Realmente sono state prese in considerazione le conseguenze?

di Alberto Grimelli

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