La voce dell'agronomo

IL NUOVO VOLTO DEL PROTEZIONISMO EUROPEO: DOP E IGP

La riduzione degli aiuti diretti, ma anche delle sovvenzioni all’esportazione, sui prodotti agricoli pare ormai davvero inevitabile. La tutela internazionale delle denominazioni d’origine è la strategia attraverso cui l’Unione europea spera che le aziende agroalimentari riescano a fare cassa e restare sul mercato

19 novembre 2005 | Alberto Grimelli

Parola d’ordine tipicità.
Sfuggire alla competizione internazionale, con quotazioni che continuano a mostrare una tendenza al ribasso, presentando alimenti a valore aggiunto perché certificati, garantiti, la cui origine non è solo sinonimo di qualità ma anche di cultura, di storia, di territorio.
Abbandonata la strada del protezionismo basato su aiuti alla produzione e sussidi all’esportazione, che presumibilmente continueranno ad esistere ma sensibilmente ridotti, l’Unione europea ha individuato nelle Dop e Igp la risposta alla crisi del settore agricolo e agroalimentare, quella nuova strategia vincente nel mercato globalizzato.
In quest’ottica e con questo spirito dobbiamo guardare alle parole del commissario all’agricoltura, Mariann Fischer Boel. ''Ci troviamo in mercati ogni giorno più aperti e dobbiamo trarre profitto del fatto che le persone in futuro, ne sono certa, vorranno acquistare prodotti legati ad una certa origine, luogo, a un determinato modo di produrre, nei negoziati del Doha Round le altre Nazioni dovranno dare all'Europa qualcosa in cambio alle aperture di Bruxelles.”
Il sistema agricolo europeo verrà salvato dalle denominazioni d’origine? Forse.
I piani e i progetti dell’Ue si fondano infatti sull’assunto che i cittadini del mondo riconosceranno ai prodotti tipici e locali europei un valore aggiunto. E’ accaduto già col vino, certo, ma siamo sicuri che questa ricetta sia riproponibile per ogni altro alimento?
Ovviamente è tutt’altro che sicuro che gli sterminati nuovi mercati che si stanno aprendo (Cina e India su tutti) saranno propensi ad aprire i portafogli per l’European style. Occorreranno grandiosi investimenti, programmi di marketing, piani promozionali e pubblicitari massici per favorire la penetrazione dei nostri prodotti in queste nuove aree, che, è bene ricordarlo, hanno una propria solida cultura, radicate tradizioni e una storia millenaria al pari della nostra.
Andranno studiate nuove strategie di comunicazione. Quanto già ampiamente sperimentato e studiato per gli Usa, grande mercato per i prodotti tipici europei, non sarà direttamente riproducibile in Cina, in Russia o in India.
La tutela delle denominazioni d’origine europee a livello internazionale va intesa quindi unicamente come una tappa di un percorso, non come un traguardo.
L’Unione europea potrà affermare di aver centrato l’obiettivo soltanto quando e se, non i governi, ma i cittadini del mondo riconosceranno il valore e la qualità dei prodotti Dop e Igp.
Si dovrà spendere molto, tempo, energie ma anche soldi.
Se i denari sottratti alla Pac andranno a finanziare programmi promozionali e operazioni di marketing per i prodotti agricoli europei nei nuovi mercati, esiste una speranza che l’agricoltura europea si affranchi dagli aiuti di Stato.
Purtroppo le intenzioni dei nostri governanti a Bruxelles sembrano diverse e i fondi tolti al budget agricolo saranno dirottati verso altri comparti.
L’eventuale successo, il riconoscimento delle denominazioni d’origine europee da parte delle altre Nazioni al prossimo Doha Round sarebbe così soltanto una vittoria di Pirro.

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