La voce dell'agronomo
Olio adulterato: questione di vergogna e d'onore
Il presidente dell'azienda taiwanese Chang Guann si inginocchia e beve un bicchiere d'olio per espiare le sue colpe. In Asia conta ancora molto l'onorabilità dell'impresa. E in Italia?
17 settembre 2014 | Alberto Grimelli
Non è la prima volta che vediamo scene di presidenti, amministratori delegati o imprenditori asiatici che si scusano pubblicamente, con una gestualità anche teatrale, per aver leso l'onorabilità e l'immagine della loro azienda.
Onore e vergogna appartengono ancora alla cultura d'impresa asiatica.
Le immagini diffuse da Repubblica Tv nei giorni passati mostrano il presidente dell’azienda di Taiwan Chang Guann che si inginocchia, chiedendo scusa, e, per meglio espiare le proprie colpe, beve simbolicamente un bicchiere d'olio.
Si tratterebbe dello stesso olio che la Chang Guann ha venduto a 7-Eleven e Starbucks e che era prodotto da oli esausti provenienti dai ristoranti di Taiwan.
Il paragone con il nostro Paese è per lo meno imbarazzante. In Italia non si scusa mai nessuno. Non si è scusato Tanzi per il crack Parmalat. Hanno patteggiato nel silenzio i dirigenti di molte società alimentari scoperte con le mani in pasta, o nel formaggio o nei salumi o nell'olio d'oliva.
Meglio una cappa di silenzio e stendere un velo pietoso, per poter ricominciare, dal giorno dopo, a tessere la tela del malaffare, ai danni del consumatore e delle aziende oneste. Meglio il silenzio perchè un po' di rumore, qualche articolo sui giornali, rovinerebbe gli affari. Business is business.
Mi chiedo se potrò mai vedere una scena come quella del presidente della Chang Guann in Italia.
Sarebbe bello, ma pensandoci bene, meglio di no. Berrebbero il bicchiere d'olio solo per dimostrare che non fa male alla salute.
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