La voce dell'agronomo 14/07/2014

Olio extra vergine d'oliva IGP di Calabria, ma ne vale davvero la pena?

Creare una denominazione d'origine o un'indicazione geografica è diventato molto più difficile e complicato che in passato. Il percorso è diventato stretto e tortuoso per volontà di Bruxelles che ha voluto mettere un freno ai bollini distribuiti a pioggia che sviliscono un marchio


Quando un percorso, come quello dell'IGP Calabria, si fa molto lungo e tortuoso, occorre cercare di capire se ne vale davvero la pena.

E' sostanzialmente la vera domanda che emerge nella disputa tra alcuni esponenti politici della provincia di Reggio Calabria, e l'assessore regionale all'agricoltura Michele Trematerra. IGP sì ma non a ogni costo, secondo i reggini. IGP per il bene di tutta la Regione, secondo Trematerra.

Una polemica tutta politica, influenzata forse anche dal clima pre-elettorale che si respira già in Calabria. Al bando, però, le dietrologie e facciamo un passo avanti.

Per valutare nel merito le questioni affrontate è necessario conoscere bene il disciplinare della costituenda IGP Calabria, conoscere la normativa, in particolare il regolamento comunitario 1151/12, la prassi ministeriale in tema di approvazione di DOP/IGP e infine avere una profonda comprensione e cultura del territorio di riferimento. Informarsi sui primi due punti non è difficile, anche se richiede qualche tempo. Sul terzo ammetto senza problemi le mie lacune. Non conosco la Calabria olivicola quanto vorrei.

Per questa ragione e per cercare di venire a capo della disputa, ho atteso che si svolgesse l'audizione pubblica per l'IGP, raccogliendo quindi informazioni e umori.

Il punto più dibattuto, come era lecito aspettarsi, è stato l'articolo 5, sulla composizione varietale dell'IGP Calabria. Al contrario del passato, per esempio quando è stato approvato l'IGP Toscano, certi elementi immateriali come storia e tradizione sono meno considerati e occorre un forte elemento caratterizzante che, per l'extra vergine, non può che essere la varietà. Una posizione ben chiarita dalla funzionaria del Mipaaf presente all'incontro. Non si tratta di una grande novità. E' noto che Bruxelles ha dato un giro di vite e deciso di chiudere i rubinetti dei bollini a pioggia. Questa la ragione per cui uno dei primi progetti di IGP Calabria, che ricopiava un po' l'IGP Toscano (con sottozone e profili varietali e territoriali differenti) è stato bocciato proprio dal Ministero. Non si scappa. E allora è stato necessario capire se, a queste condizioni, gli operatori volessero ancora l'IGP oppure no. Naturalmente, a quanto mi risulta, ci sono state delle discussioni tecniche sulle percentuali di Carolea e altre varietà. E' probabile che la percentuale di Carolea verrà abbassata ma resterà comunque maggioritaria. Qualche discussione anche sui parametri chimici, che rispecchiano quelli della futura e ipotetica Alta Qualità italiana. In questo senso l'IGP Calabria, almeno a livello di disciplinare, si porrebbe un passo avanti a molte altre realtà a denominazione d'origine.

Alla fine tutti soddisfatti, a partire dalle associazioni di categoria. Il disciplinare subirà qualche ritocco e l'IGP Calabria prenderà la via di Bruxelles.

La vicenda dell'IGP Calabria impone però una riflessione, un po' più ampia. Le DOP/IGP sono state spesso tacciate di essere realtà troppo piccole, minuscole, incapaci di avere volumi sufficienti ad affrontare davvero il mercato. Si tratta di fattori che contano molto, oggi, nelle valutazioni per l'approvazione di una denominazione d'origine. Tanto prodotto richiede, per una derrata agricola, anche un vasto territorio di produzione. In Italia non esiste un vasto territorio, a volte neanche a livello provinciale, che si presenti realmente omogeneo come invece richiede la normativa. Quindi un marchio di qualità e tipicità, quale l'IGP/DOP, sacrifica, sull'altare del mercato, proprio uno dei suoi elementi caratterizzanti. Una contraddizione in termini che prima o poi andrà affrontata.

Nel frattempo, se si vuole ottenere una DOP/IGP, bisogna però fare i conti con le regole in essere e gli strumenti disponibili. Realisticamente, quindi, la domanda da porsi è: vale la pena costituire una DOP/IGP a queste condizioni? Per gli operatori calabresi la risposta è sì e a loro va il mio augurio, e quello di Teatro Naturale, di fortuna e successo per questa iniziativa.

di Alberto Grimelli

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Commenti 2

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
19 luglio 2014 ore 14:34

Gentile Sig. de Rosis,
la ringrazio per il suo intervento che arricchisce le testimonzianze raccolte per scrivere l'articolo. Il tema della varietà prevalente, della sua opportunità, so che è stato ampiamente dibatutto e, come ho cercato di spiegare nell'articolo, so che il disciplinare verrà modificato tenendo conto di quanto emerso nel corso dell'audizione. Fatta dunque la premessa che sull'articolo 5 occorrerà trovare un punto di compromesso tra le istanze dei territori e quelle istituzionali/normative, dalle testimonianze e dai comunicati stampa che ne sono seguiti (ad esempio: http://www.teatronaturale.it/pensieri-e-parole/associazioni-di-idee/19532-igp-calabria-nel-piu-breve-tempo-possibile-per-conasco.htm), credo che l'IGP Calabria proseguirà il suo cammino.
Mi sembra dunque che gli operatori calabri abbiano dato un'indicazione chiara. Da quello che ho potuto capire dall'esterno la decisione è stata saggia. E' stato deciso di non buttare il bambino con l'acqua sporca, ma di lavorare un altro po' nel segno della valorizzazione dell'olivicoltura calabra. In questo senso non posso che augurare buon lavoro a chi oggi sta cercando di conciliare i diversi interessi all'interno del disciplinare. Ancor più il mio augurio va a chi, impegno ben più difficile e gravoso, dovrà valorizzare il marchio IGP Calabria, perchè non resti solo un bollino.
La Calabria può e deve essere una risolrsa per l'Italia olivicola. Abbiamo voglia di esserne orgogliosi.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

Roberto Nicola de Rosis
Roberto Nicola de Rosis
19 luglio 2014 ore 12:19

- "Alla fine tutti soddisfatti, a partire dalle associazioni di categoria. Il disciplinare subirà qualche ritocco e l'IGP Calabria prenderà la via di Bruxelles."
- "vale la pena costituire una DOP/IGP a queste condizioni? Per gli operatori calabresi la risposta è sì"
Io all'audizione pubblica c'ero, sono rimasto fino alla fine e mi pare che invece siano tutti insoddisfatti, tranne il presidente-promotore e le aziende che già possiedono o moliscono in prevalenza olive di quella varietà. Siamo seri: per come sono scritte alcune parti della bozza, chi ne può beneficiare davvero è il confezionatore, ovvero anche un marchio di fuori regione che rastrelli partite di olio da Carolea e se lo faccia imbottigliare in Calabria... Capisco le regole e le norme ai vari livelli ma a mio parere si continua ancora ed inopportunamente a parlare di numeri e statistiche, però a questo punto la statistica direbbe anche che se siamo in due ed uno mangia un pollo intero "alla fine" anche l'altro ne ha mangiato mezzo... Non è così che funziona! La Carolea, pur essendo la varietà più presente in Calabria in termini assoluti e pur riconoscendole caratteristiche di tipicità e storicità, in realtà non ha affatto una distribuzione omogenea. Essendo concentrata in circa un terzo della superficie agricola utilizzata (soprattutto nelle provincie di CZ e KR) tale cultivar non può dunque rappresentare l'intero territorio agricolo olivetato regionale e non può quindi essere la base di un disciplinare (che rappresentativo dell'intera regione deve esserlo per definizione, niente sottozone) che andrebbe pertanto a penalizzare un così troppo ampio numero di aree produttive e di aziende, in special modo quelle che negli ultimi anni hanno persino "migliorato" i loro uliveti (per lo più con apposite "misure" del PSR: almeno lo avessero prescritto che si doveva puntare sulla Carolea!) impiantando altre varietà adatte ad ottenere oli di qualità. Per non parlare del fatto che essendo a duplice attitudine ed essendone più remunerativo il commercio come oliva da mensa, una parte della produzione regionale di olive Carolea sarà inevitabilmente sottratta alla molitura...
Onestamente e senza polemiche, l'IGP è potenzialmente una gran cosa ma se non ci sono le condizioni obiettive ed oggettive per realizzarla, ovvero se imponendo quei requisiti si vanno a sbilanciare ulteriormente i già fragili equilibri di un'economia agricola poco organizzata e che non riesce a dotarsi di politiche lungimiranti, forse è proprio il caso di lasciarla perdere e puntare prima a ricostruire, a fare sistema, a riformare e formare meglio chi a vario titolo e ruolo lavora nel comparto ulivicolo per cambiarne radicalmente metodi e mentalità: il rilancio dei prodotti tipici, dell'immagine e in definitiva dell'economia di una regione (italiana ed europea...) così selvaggiamente bella ma così troppo maltrattata (probabilmente in primis dai suoi miopi residenti, tra cui il sottoscritto) passa innanzitutto da lì!