La voce dell'agronomo

Ricomprarci Carapelli e Bertolli. Per farne che?

Circolate ipotesi di un interesse del Fondo Strategico Italiano per acquisire il 35% di Deoleo. Indiscrezioni di matrice spagnola che però possono significare ben altro. Chi comprerà il colosso spagnolo dell'olio d'oliva?

24 febbraio 2014 | Alberto Grimelli

Dopo mesi di silenzio su Deoleo e sulla cessione del 35% delle quote societarie in capo alle banche spagnole, che hanno affidato a JP Morgan il ruolo di advisor per la vendita, torna di grande attualità il destino del colosso spagnolo dell'olio d'oliva.

Tutto merito di ElConfidential, testata iberica, che ha rilanciato un'ipotesi, già circolata qualche settimana fa sulla stampa italiana, di un interessamento del Fondo Strategico Italiano (FSI) per Deoleo e, quindi, per i marchi Carapelli e Bertolli. Indiscrezioni che, quindi, fanno seguito a un articolo, apparso su ItaliaOggi, in cui Mataluni, patron di Dante, invocava una cordata italiana, sostenuta finanziariamente proprio dal FSI per ricomprarci i marchi passati in mano iberica da diversi anni.

Della presunta cordata italiana, tranne qualche chiacchericcio, però non vi è mai stata concreta traccia e oggi rispunta come ipotesi di una “nazionalizzazione” del settore oleario da parte italiana.

Un'ipotesi piuttosto fantasiosa. L'acquisto diretto da parte dello Stato di un'azienda leader come Deoleo potrebbe violare le norme europee e certamente non sarebbe ben visto dalla Commissione a Bruxelles. Inoltre,in una situazione di crisi, il nuovo governo Renzi dovrebbe investire 250 milioni di euro (a tanto ammonta il valore delle quote in mano alle banche iberiche) e una simile mossa, dopo le annunciate privatizzazioni di Poste e altre aziende a partecipazione statale sarebbe un controsenso senza precedenti.

Ma poi, soprattutto, ci ricompreremmo Carapelli e Bertolli per farne che?

Un conto è se rientrasse in un progetto d'impresa (alle cordate credo poco, vedi Alitalia) ma un acquisto “politico” rischierebbe di affossare due marchi che, nel bene e nel male, sono leader di mercato.
Ricordiamo inoltre che il governo spagnolo ha realizzato un'imponente azione di moral suasion affinchè le banche iberiche non cedessero il controllo di Deoleo ad altri gruppi finanziari, preferendo, invece, un investitore industriale. CVC, Carlyle e PAI Partners, che avevano manifestato interesse ufficialmente, si sono così viste sbarrare la strada dal niet di Madrid.

Significativo, inoltre, che in tutti i comunicati e le informative riguardanti la cessione di Deolo, compaia il nome di Dcoop, ex Hojiblanca, grande cooperativa che già possiede quote di Deoleo e di cui, già qualche anno fa, tentò la scalata, poi bloccata dall'Antitrust. Dcoop, dicendosi preoccupata di un investimento italiano, sollecita il governo spagnolo a un ulteriore intervento. Quale? L'unica ipotesi possibile è uno “sconto” sulle quote in mano alle banche e il via libera dell'Antitrust alla fusione Dcoop-Deoleo. Operazione che consentirebbe alla Spagna di mantenere il dominio incontrastato, a livello produttivo e commerciale, dell'olio d'oliva.

Tutto questo accade proprio mentre si fanno insistenti le voci di un possibile interessamento del gruppo indiano Tata a Deoleo e di un riavvicinamento dell'americana Cargill alle trattative per acquisire il gruppo iberico.

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