La voce dell'agronomo 02/07/2005

L’AGRICOLTURA È ALLE PRESE CON I CAMBIAMENTI CLIMATICI. I VECCHI PROVERBI NON VALGONO PIÙ

In molte regioni la piovosità è diminuita più negli ultimi vent’anni che nei precedenti cento. Una situazione che, se non allarma, certo preoccupa. Sono stati persi punti di riferimento e il rischio di veder svanire, per qualche bizza meteorologica, il lavoro di un anno è quantomai attuale


Agricoltura, ovvero un’attività a cielo aperto, esposta quanto nessuna altra attività, alle condizioni meteo.
Il contadino lavora il terreno, semina, concima, è attento alle malattie ma poi guarda in alto, sperando che tutto vada per il meglio.
C’è chi prega, chi fa gli scongiuri, chi stipula assicurazioni, ma, comunque, tutti col naso per aria.
Già, perchè negli ultimi anni di fenomeni “eccezionali” se ne sono verificati troppi per poterli definire ancora tali. Tra gelate e caldi eccessivi, acquazzoni che sommergono i campi e siccità, senza contare grandinate e ventate non c’è stata davvero tregua e non vi è stata annata agricola dove almeno un settore, più spesso più d’uno, non abbia lamentato gravi danni.
Si vive in apprensione.
Un occhio a Bruxelles, che in quanto a disastri compete alla pari con le bizza climatiche, e un occhio alle previsioni meteo, sperando che, almeno i meteorologi, l’azzecchino, visto che i proverbi dei vecchi non valgono più.
Non c’è pace, perchè quando la stagione è clemente e la produzione è salva e, magari, abbondante i prezzi precipitano.
Esempi? È stato un buon inverno, frutta e verdura in abbondanza, prezzi all’ingrosso in discesa libera, crisi di mercato e tasche vuote per i contadini.
Un altro esempio? Buon raccolto d’olive, buona produzione d’olio, la migliore degli ultimi anni. Listini dell’olio extra vergine d’oliva mai così bassi, al punto che alcuni tornano a chiedersi, anacronosticamente, se non sia più conveniente far olio lampante.
Insomma, quando è annata di carica si guadagna poco perchè i prezzi son bassi, quando è annata di carica si guadagna meno perchè c’è poco prodotto.
Il risultato, alla fin fine, è sempre lo stesso.
Lo Stato e l’Unione europea vengono in soccorso, ma con pochi denari e con più discontinuità.
L’agricoltore si sente solo e, a sentire certi discorsi in televisione, anche reietto.
Già, perchè sembra che sia colpa sua se milioni di persone, in Africa, non hanno di che sfamarsi. Pare che sia colpa degli aiuti alimentari che mandiamo, recuperati dai nostri surplus produttivi, che la loro agricoltura è così poco sviluppata. La soluzione, secondo molti politici, è presto trovata. Eliminiamo le sovvenzioni all’agricoltura, che non le merita, per distribuirle ad altri settori strategici e produttivi.
Sennonchè l’agricoltura è anche ambiente. Coltivare terreni marginali, difficili, collinari è antieconomico senza qualche sussidio ma è anche presidio e difesa del territorio e del paesaggio.
Credono forse che i turisti sarebbero ugualmente affascinati dagli splendidi panorami italiani se trovassero distese di campi incolti?
Quanto costerebbe riparare a smottamenti e frane dovuti all’incuria di fosse, argini e suoli di montagna?
Con un clima tanto mutato, tendenzialmente tropicale, per intensità di piogge e sbalzi termici, il ruolo dell’agricoltura è essenziale, se ben guidata, come agente calmierante di forze sovrastanti, quelle naturali, con cui, a ogni buon conto, gli agricoltori sono avvezzi a confrontarsi e lottare da secoli.

di Alberto Grimelli