La voce dell'agronomo

MANGIAMO PESTICIDI? FRUTTA E VERDURA CONTENGONO ANTIPARASSITARI? SÌ, MA È TUTTO NELLA NORMA

Legambiente ha recentemente denunciato la contaminazione, da residui di fitofarmaci, di molti alimenti venduti in Italia. Parrebbe un dato inquietante se non fosse che solo il 2,2% del campione è risultato fuorilegge. Non esistono quindi motivi di allarme, se non per come si strumentalizzano certi dati

04 giugno 2005 | Alberto Grimelli

Sono sempre meno gli alimenti che contengono pesticidi oltre i limiti di legge che arrivano sulle nostre tavole.
A dirlo sono i dati preliminari provenienti dall'Osservatorio Nazionale Residui (Onr) e diffusi da Agrofarma. Su 100 campioni, solo 3 presentano residui di agrofarmaci fuorilegge.
Dei quasi 13.000 campioni esaminati dall'Onr e sui quali sono stati eseguiti più di 1.825.000 controlli, il 63,7% è risultato completamente privo di residui e il 33.2% con una quantità al di sotto dei limiti di legge. Quel 3%, poi, nel quale qualche sostanza chimica si nasconde, presenta “una quantità di residui da 40 a 10.000 volte inferiore” a quella definita dall'Oms e dall’Unione europea come non pericolosa per la saluta umana, spiega il presidente della Federazione delle Società europee di Tossicologia e docente all'Università di Milano Corrado Galli.

Questi numeri siano stati sostanzialmente confermati anche dal rapporto annuale di Legambiente, che in base ai risultati delle analisi di Asl, Arpa e Istituti zooprofilattici, nel 2004 ha registrato una diminuzione dei campioni che hanno superato la soglia consentita dalla normativa, passati dal 2% all'1,4%.
Nonostante ciò Francesco Ferrante, direttore di Legambiente, non è affatto soddisfatto.
La metà della frutta commercializzata (52,6%) in Italia ed un quarto delle verdura sono contaminate da uno o più residui di pesticidi, mentre nel 13,7% dei casi anche olio, pasta, vino e miele presentano tracce di molecole chimiche utilizzate in agricoltura.
Dati che spaventano sia Legambiente sia il Movimento a difesa del cittadino.

Personalmente vedo nei dati diffusi sia da Legambiente sia dall’Onr segnali molto confortanti riguardanti la nostra agricoltura.
Vi è stato un’evoluzione culturale, quasi una rivoluzione direi, abilmente guidata dall’Unione europea con gli incentivi per la lotta biologica ed integrata. Alla fine della seconda guerra mondiale l’Italia rurale importò dagli Usa, insieme con gli aiuti del piano Marschall, anche una certa mentalità produttiva. Era l’epoca d’oro della chimica, pareva davvero che ogni problema potesse risolversi con la molecola giusta. I danni agronomici e ambientali provocati da questa filosofia sono ingenti e sotto gli occhi di tutti. Non bisogna neanche sottovalutare la negativa influenza che questa concezione dell'agricoltura ebbe, non solo su generazioni di agricoltori, ma anche di tecnici e ricercatori.
La parola d’ordine era produrre, di più e con qualunque mezzo.
Oggi la situazione è radicalmente mutata, parole come sostenibilità e multifunzionalità sono diventate d’uso comune, si presta maggiore attenzione a cosa, come e quanto si distribuisce sui campi. Credo che un benefico effetto lo abbia avuto anche il cospicuo rincaro proprio dei fitofarmaci che, ora, rappresentano una voce di costo tutt’altro che trascurabile per certe colture.
Il risultato di questo cambio di rotta è quindi avere sulle nostre tavole cibi meno contaminati, anche se questo, purtroppo non significa sempre più sani.

Vero infatti che la legge italiana non contempla i rischi legati alle sinergie tra diverse molecole chimiche presenti su uno stesso prodotto. Doveroso allora l’adeguamento della normativa italiana ai regolamenti europei che già prevedono i cosiddetti effetti multiresiduo.
Sarebbe un ulteriore passo, se vi aggiungiamo la rintracciabilità obbligatoria e tutte le rigide prescrizioni in materia di etichettatura, verso l’obiettivo finale: la sicurezza alimentare.
Un nobile e sacrosanto principio, che i legislatori dell’Unione europea perseguono con ostinazione e tenacia. Peccato che, talvolta, si distraggano e lascino entrare, derogando alle severe regole valevoli per gli agricoltori europei, derrate alimentari pericolose dall’estero.
Chi controlla i pomodori cinesi?

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