La voce dell'agronomo 21/07/2012

Ma quanto siamo fessi!

Ma quanto siamo fessi!

La Spagna si tiene stretti i marchi italiani grazie ai prestiti di Bruxelles. L'Italia è ormai solo capace di contraddirsi da sola. Proponiamo limiti di alchil esteri bassi ma poi ci battiamo, con comitati costituiti ad hoc, per mantenere quelli attuali


L'Italia oliandola sta affondando, un po' più lentamente del Titanic, ma comunque stiamo andando giù. E' la Spagna ad averci tenuto a galla, per un po'. Il tempo di svuotare le nostre casseforti e prendersi l'argenteria di famiglia.

Ora non ha più senso mantenere un vecchio transatlantico incapace di affrontare il mare in tempesta in questi tempi di crisi. La Spagna non ha neanche necessità di aprire qualche altro buco nel nostro scafo, siamo talmente fessi da farlo da soli.

Riepiloghiamo un po' di fatti.

Sos Cuetara, con operazioni finanziariamente spregiudicate, si è comprata la Minerva, la Carapelli e la Bertolli. Pochi anni e ha fatto man bassa di brand noti e apprezzati sulla scena internazionale, con l'aperto sostegno delle banche iberiche. Un disegno monopolistico che ha certamente avuto il benestare del governo di Madrid. Un miliardo e mezzo di debiti che, quando la crisi ne ha reso evidente l'insostenibilità, è stato prontamente coperto proprio dagli istituti di credito, divenuti soci di Sos, oggi Deoleo. Bruxelles non salva le imprese ma le banche sì. Ecco quindi arrivare 100 miliardi di euro che salveranno capra e cavoli.

La Spagna si è comprata i marchi italiani grazie anche ai nostri soldi. Un capolavoro, non c'è che dire. La chiamano solidarietà europea.

Intanto l'Italia che fa? Il nostro Paese avrebbe scelto di fare la bandiera della qualità, di essere la portaerei dell'extra vergine di pregio. Tutti i ministri agricoli, da Alemanno in poi, hanno chiesto all'Unione europea la stessa cosa: più controlli e limiti più severi. Lo ha fatto anche Catania con Ciolos qualche settimana fa. L'Italia, nel mondo dell'olio, vorrebbe insomma far la parte della Germania rigorista. Solo che ci manca un fattore determinante per vincere la partita: la credibilità. Ogni volta che ci muoviamo, ne casca un pezzo.

Chiediamo più controlli e sanzioni più severe ma non siamo in grado di dare dati attendibili. Quanto abbiamo prodotto durante la scorsa campagna olearia? 397 mila tonnellate secondo le autorità. 480 mila secondo l'associazionismo. Ovvio che l'Ue pensi che siamo i soliti furbi che vogliono trarre qualche vantaggio aggiuntivo dalla prossima Pac. Con buona pace dell'immagine rigorista che vogliamo costruirci.

Mica è finita qui. L'Italia è stata in prima linea per l'introduzione del parametro analitico degli alchil esteri. Come ha ben spiegato il Prof. Conte (Gli alchil esteri. Cose fatte, cose non capite. Cose dette, spesso false) proponemmo limiti più bassi, in sede Coi, di quelli in vigore ma c'è chi si oppose. Alla fine si arrivò a un compromesso e anche il regolamento comunitario vide la luce. Cosa è successo? Un can can indescrivibile nella primavera 2011, arrivando persino ad accusare l'Ue di voler autorizzare i deodorati, a causa di valori considerati eccessivamente elevati. Passata quella tempesta, ecco puntuale un'altra polemica, di segno uguale e contrario. Un comitato alchil esteri 75 vuole mantenere i limiti attuali. Guai a toccarli, ne andrebbe di mezzo la produzione di mezza Italia. Ma non sono stati proprio i chimici italiani ad aver proposto limiti più bassi nel 2009 al Consiglio oleicolo internazionale? Perchè all'Italia, paladina della qualità, ora stanno bene limiti imposti dalla Spagna? Cosa possono pensare a Bruxelles? Come minimo che siamo i soliti italiani contraddittori ma anche che la nostra produzione non è poi così di pregio come vorremmo far credere, visto che ci stanno bene i larghi paletti voluti dagli iberici.

A darci la zappa sui piedi siamo davvero insuperabili. Se vi fosse una disciplina olimpica vinceremmo la medaglia d'oro. Garantito!

di Alberto Grimelli

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Commenti 6

Gianluigi Cesari
Gianluigi Cesari
25 luglio 2012 ore 18:10

Esistono in letteratura metodi molto più efficaci per difendere i nostri oli dalle frodi. Sugli AE si sta svolgendo una polemica sterile e dannosa. Sarebbe più logico favorire un ring per "validare" altri percorsi.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
24 luglio 2012 ore 11:50

Gentile Sig. Breccolenti,
la sua ricostruzione non è perfettamente corretta ma la colpa è mia.
In detta frase, infatti, volevo sottolineare che in sede Coi (che è a Madrid) si discuterà presto dell'abbassamento del limite degli alchil esteri, non che Madrid, intesa come la Spagna, fosse d'accordo. Sugli alchil esteri si sta formando un movimento d'opinione che ne vorrebbe l'abbassamento e l'Italia vorrebbe esserne la capofila, coerentemente con l'immagine di nazione leader della qualità. E' un po' come per l'intesa contro l'eliminazione del diritto d'impianto dei vigneti (di cui l'Italia è leader), c'è una larga coalizione favorevole ma non ancora la maggioranza. Ed è la maggiornaza che conta.
Personalmente ritengo che il limite di 75 sia eccessivamente elevato. Poteva essere giustificabile un paletto tanto ampio all'atto dell'introduzione del metodo, quando non si avevano a disposizione dati ampi e diffusi sui valori di alchil esteri nei vari territori olivicoli. Oggi la situazione è cambiata e permette un abbassamento progressivo dei limiti, coerentemente con quanto fatto in passato per altri parametri, acidità e stigmastadieni ad esempio.
Non bisogna mai fermare la ricerca scientifica ma occorre anche prendere decisioni operative sulla base delle conoscenze acquisite, senza attendere necessariamente i succesivi step. Altrimenti non ci sarebbe mai nè innovazione nè crescita. Solo attendismo e immobilità.


giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
24 luglio 2012 ore 11:16

L'articolo in questione è di quattro mesi fa,in piena crisi economica in cui lei dice " non è infatti così difficile sapere che a Madrid si discuterà presto di un abbassamento del limite di alchilesteri.
La proposta, che sta riscuotendo ampi consensi, è di portare il limite a 50 mg/kg."

In questo articolo invece sostiene "la crisi che sta vivendo l'olivicoltura iberica, con quotazioni da fame, non consente investimenti sul fronte della qualità e quindi meglio lasciare inalterato lo status quo, navigando a vista, finchè la crisi economica globale non sarà finita."

Da quello che dice traspare o una contraddizione oppure che non ci sia proprio,come in Italia, tutta questa decantata unita' di intenti.Insomma tutto mondo è paese.

Il suo articolo comunque mi pare in aperta contraddizione con quello del direttore,il quale esplicitamente vorrebbe lasciare lo status quo in attesa di ulteriori ricerche e chissà con quali tempi biblici,quando la cosa piu' semplice e fattibile sarebbe portare il limite a 40 o a 50,in pieno accordo con le proposte Spagnole (lei specificatamente parla di "ampi consensi in Spagna al limite di 50") e magari cercare di migliorare al massimo le linee produttive e il livello qualitativo di alcune zone.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
24 luglio 2012 ore 09:34

Gent. Sig. Breccolenti,
credo che l'articolo a cui si riferisce sia questo: “Almeno sugli alchilesteri evitiamo di farci del male” (http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/12536-almeno-sugli-alchilesteri-evitiamo-di-farci-del-male.htm) che riassumeva quanto sta accadendo dietro le quinte al Coi, ovvero l'organismo deputato a cambiare le regole. Se è vero che si sta creando un largo consenso sull'abbassamento del limite degli alchil esteri, è anche vero che gli spagnoli stanno attuando una politica ostruzionistica affinchè la decisione venga presa il più tardi possibile. La crisi che sta vivendo l'olivicoltura iberica, con quotazioni da fame, non consente investimenti sul fronte della qualità e quindi meglio lasciare inalterato lo status quo, navigando a vista, finchè la crisi economica globale non sarà finita. Vi sono paesi, alleati dell'Italia sono Turchia e Tunisia, che invece vorrebbero l'abbassamento dei limiti il più in fretta possibile per dare un messaggio di attenzione al consumatore e di qualità.
La partita, insomma, è tipicamente politica e si gioca anche su mosse e contromosse “diplomatiche”. La proposta di legge “salva olio italiano” è un tentativo di fare pressione su Bruxelles perchè la faccia su Madrid, sponda Coi. L'Italia vuole insomma ripetere la tattica adottata per l'obbligatorietà dell'origine in etichetta. Varare normative in contrasto con quelle Ue (in questo caso anche Coi) per far porre all'ordine del giorno la questione senza ritardi. Una tattica che personalmente non condivido, preferirei si lavorasse in maniera più istituzionale, ma questa è la strada scelta.
Detto in sintesi, chiediamo 30 per ottenere 50, ma in fretta. Ricordo, solo a onor di cronaca, che ci sono voluti sei anni perchè il metodo degli alchil esteri fosse approvato. Vogliamo attendere altrettanto per abbassare i limiti?
L'articolo di questa settimana, partendo da recenti fatti di cronaca, poneva l'accento sulle molte contraddizioni italiane e sull'incapacità di lavorare in modo sinergico. E' troppo chiedere che associazionismo e istituzioni dialoghino prima di presentare dati sulla produzione così discordanti ai tavoli di Bruxelles? Non è poi così difficile capire che la legge “salva olio italiano” non entrerà mai effettivamente in vigore, perchè in contrasto con la normativa Ue, ma che è concepita soprattutto come strumento di pressione politica. In altre parole si può essere in disaccordo, anche profondo, col metodo scelto per portare avanti la battaglia della qualità, ma è più importante la tattica o il risultato?
Nell'ottica del “fare squadra” e dell'”unità della filiera”, perchè, pur condividendo l'obiettivo, si deve distruggere il progetto solo perchè non si condivide la tattica utilizzata per raggiungerlo? La tattica è davvero così sostanziale, tanto da farne questione di principio, oppure è solo un modo per rinverdire certe battaglie personali?
Il mondo dell'olio vive una guerra intestina perenne che l'ha portato a essere ingessato, fermo, immobile. A chi giova il mantenimento dello status quo?
Le lotte di potere esistono in ogni dove ma dovrebbero essere messe da parte quando ne va del bene comune. In Italia siamo così fessi da mettere da parte e boicottare il bene comune pur di dimostrare che la controparte ha torto. L'ho riscontrato troppe volte, e non solo nel mondo dell'olio, purtroppo.

massimo occhinegro
massimo occhinegro
24 luglio 2012 ore 07:33

Minds are like parachutes; they work best when open. (Thomas Dewar)

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
23 luglio 2012 ore 22:10

"Perchè all'Italia, paladina della qualità, ora stanno bene limiti imposti dalla Spagna?"

Mi scusi sig. Grimelli,ma questa domanda la deve porre a chi sostiene questo fantomatico comitato 75,che non è assolutamente l'Italia,ma una parte.
In un recente suo articolo lei diceva che in Spagna sta trovando ampi consensi la proposta di abbassare a 50 il limite degli Alchil-esteri.Quindi tutti concordi,dal mondo scientifico alle associazioni Italiane,agli Spagnoli ad abbassare,si tratta di stabilire di quanto.I valori piu' alti riscontrati in Italia,con un olivicoltura non proprio attentissima a dare il meglio di se,non superavano mai,come qui riportato,i 38,3. La discussione doveva essere,a rigor di logica di spostare il limite da trenta a quaranta o magari anche 50 e si sarebbe ottenuto gia' un bel risultato e in piena sintonia con i Spagnoli.E che magari sarebbe stato un primo passo per spingere il COI (noi e la Spagna conteremo qualcosa?)per abbassarli nel breve periodo.E invece discussioni zero,è basso 30, ci vogliono megaricerche scientifiche per stabilire il limite preciso!!!!Quindi guai a chi tocca i 75 sarebbe una catastrofe.Quando invece la discussione avrebbe dovuto vertere sul miglioramento, anche di poco, della linea produttiva di queste zone con alchil-esteri piu' alti(perche' solo da questo dipende l'innalzamento del valore,altro che varietà),miglioramenti che farebbero rientrare i valori tranquillamente anche nel limite di trenta.

Una curiosità,a chi si riferisce quando parla di Italiani contraddittori? Ma piu' che altro a chi stanno bene i larghi paletti degli Iberici?