La voce dell'agronomo

PAROLA D’ORDINE DELOCALIZZAZIONE, OVVERO RINUNCIA A PRODURRE

Il tessile si lamenta, così come molti altri comparti, non ultimo quello agroalimentare. Invasi da merci a basso costo, e ormai non di così infima qualità, gli imprenditori europei sono scoraggiati e amareggiati. I più intraprendenti trasferiscono gli stabilimenti nei Paesi emergenti. Può la Ue, con ambizioni da superpotenza, smettere il settore industriale e quello agricolo?

12 marzo 2005 | Alberto Grimelli

Competere, ridurre i costi, alzare la qualità, sopravvivere.
Si fa comunque fatica a vendere.
I consumi interni stagnano, colpa della recessione e del caro-euro.
Le esportazioni faticano, per la concorrenza estera, le frodi e contraffazioni, e un euro molto forte.
Naturalmente è possibile trovare altre decine di motivazioni per cui i settori produttivi europei, siano essi industriali o agricoli, sono in crisi e presentano risultati economici tutt’altro che confortanti.
Lo scenario non cambia. Nella vecchia Europa l’economia non gira come nelle nazioni concorrenti. La crescita del prodotto interno lordo negli Usa doppia e nel Sud Est asiatico quadrupla rispetto alla Ue.

Intanto continua la fuga di capitali, sono sempre più numerose le aziende che decidono di delocalizzarsi, ovvero di trasferire i propri stabilimenti altrove, in nazioni ove le condizioni economiche garantiscono margini di guadagno più elevati.
La vecchia Europa sta rinunciando, goccia dopo goccia, a tenere sul proprio territorio la produzione industriale e agricola.

Non possiamo competere per le commodities, ovvero i generi di prima necessità, meglio rinunciare.
Non possiamo fronteggiare l’ondata di prodotti a basso costo.
Non possiamo tenere a freno le frodi, le contraffazioni, le violazioni di brevetto che stanno arricchendo le economie di Cina & Co.
Non possiamo...

Non possiamo, ma dobbiamo.

L’Unione europea ha ambizioni da superpotenza.
Si può realmente avere autorevolezza, potere e prestigio essendo dipendenti da altri?
Rinunciando alla produzione, dovendo acquistare da altri anche ciò che serve per sopravvivere, come non pensare che ne diventeremmo succubi?
Se nel mercato globale è impensabile, oltre che anacronistico, forse utopico, essere completamente autosufficienti, è altrettanto vero che è indispensabile mantenere settori strategici, come quelli industriale ed agricolo, sotto il proprio tetto.

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