La voce dell'agronomo
Grecia dentro o fuori. Il mercato oleario col fiato sospeso
Non sarebbe senza ripercussioni un'eventuale uscita del paese ellenico dall'euro. Tutti gli operatori convergono sul punto ma gli scenari possibili sono diversi. Si possono aprire occasioni di business ma anche molti rischi
26 maggio 2012 | Alberto Grimelli
E' da qualche settimana che la Grecia è con un piede fuori e con un piede dentro all'euro.
Si susseguono voci e smentite, in attesa di capire cosa accadrà durante le prossime elezioni del 17 giugno.
L'Eurozona sta preparando dei piani nel caso di fuoriuscita di Atene dalla moneta unica? Sarà un percorso guidato o un evento traumatico?
Ma soprattutto accadrà davvero?
Il comparto oleario sarà toccato? Non possiamo infatti dimenticare che la Grecia è il terzo produttore europeo di olio d'oliva, dopo Spagna e Italia.
E' una domanda che mi sono posto e che ho posto a diversi operatori del settore nel corso delle ultime settimane, ricavandone risposte non sempre univoche.
C'è chi pensa infatti che l'uscita dall'euro della Grecia potrebbe essere un bel business, almeno per qualche settimana, il tempo che entrassero realmente in vigore un sistema di dazi e di controlli all'import e all'export. Il ritorno alla dracma porterebbe a una svalutazione immediata della moneta del 30-40%, consentendo di acquistare olio greco a meno di 2 euro/kg, sicuramente un buon affare.
Uno scenario molto ottimistico e soprattutto un'ottica di breve periodo, mordi e fuggi.
I più pessimisti sono invece molto preoccupati. Il default greco avrebbe certamente un impatto non trascurabile su tutti i sistemi economici europei, rischiando di acuire la crisi e far entrare in recessione più paesi, con la conseguenza di avviare una spirale finanziaria negativa di difficile controllo. Complicato, inoltre, che la Grecia senza euro possa permanere anche nell'Unione europea, con la conseguenza che l'olio greco verrebbe considerato extra-comunitario, con tutte le restrizioni relative.
I più preoccupati sono però gli olivicoltori e i frantoiani greci, comprensibilmente e prevedibilmente. L'uscita dall'euro avrebbe gravi ripercussioni per il loro settore oleicolo.
Ammessa e non concessa la loro permanenza nella Ue, la svalutazione della dracma, il deprezzamento del loro olio, una inflazione galoppante, un incremento di tutti i costi energetici potrebbe portare rapidamente sul lastrico molte imprese. Peggio in caso di uscita dall'Unione europea. Le aziende elleniche sono spesso impreparate ad affrontare, da sole, l'export con marchi propri ma i grandi acquirenti potrebbero venire scoraggiati dall'acquistare olio extra-comunitario, specie se venissero posti dazi e condizioni disagevoli e onerosi. I volumi venduti potrebbero abbattersi con la conseguenza di incrementare sensibilmente gli stock, a fronte di un tessuto non preparato né attrezzato a gestirli.
La speranza è che, nonostante l'attuale terremoto, la situazione di emergenza possa rientrare.
I rischi sono certamente di gran lunga superiori ai potenziali benefici.
Un default greco innescherebbe infatti, indipendentemente da quale scenario si reputi più attendibile, una fibrillazione senza precedenti nel mercato oleario.
Vuoi per un calo dei consumi, già in atto secondo i dati dell'export diffusi da Assitol e Anierac, vuoi per una maggiore instabilità della situazione economica generale e del settore in particolare, si avrebbe una estrema volatilità delle quotazioni in un momento storico già difficilissimo in cui l'Unione europea ha dovuto attivare per la terza volta in pochi mesi l'aiuto all'ammasso privato.
L'uscita della Grecia dall'euro probabilmente non conviene davvero a nessuno, men che meno al settore oleario.
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