La voce dell'agronomo

FONDI UE PER L’OLIO DI OLIVA. SONO DA EVITARE INUTILI ALLARMISMI

Nemmeno un cent per l’Italia. Questo il titolo, alquanto drammatico, di un recente lancio d’agenzia. Leggendo la breve nota pareva proprio che tutti, tranne il nostro Paese, avrebbero percepito milioni di euro per i programmi di miglioramento qualità. La realtà è ben diversa. Bisogna però addentrarsi nei meandri dei regolamenti comunitari

12 febbraio 2005 | Alberto Grimelli

“Approvati gli stanziamenti 2005/2006 per il miglioramento della produzione oleicola, per sviluppare le condizioni di coltivazione e trattamento degli olivi e per diffondere informazioni sulla qualità e sui metodi biologici. Nemmeno un cent per l'Italia.”

Dopo aver letto questa breve e scarna nota sono sinceramente rimasto sbigottito e sconcertato.

Non volevo crederci.

C’era da imprecare contro l’inettitudine dei nostri governanti e l’incapacità di tutto il sistema associativo olivicolo.

Poi però la ragione ha preso il sopravvento. I programmi di miglioramento della qualità, sebbene sfruttabili meglio, sono stati un pilastro del comparto oliandolo del nostro Paese. La realizzazione di molte ricerche e studi si deve all’utilizzo di questi fondi, come pure le azioni di divulgazione che hanno permesso di informare ed aggiornare olivicoltori e frantoiani.

Non era francamente credibile che, per il prossimo biennio, all’Italia, secondo produttore europeo di olio di oliva, non fosse destinato nemmeno un centesimo di euro.

Un controllo alla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea mi ha permesso di scoprire che il lancio di agenzia si riferiva al Reg. 528, un vecchio regolamento comunitario, ancora operativo, in materia di programma di miglioramento qualità per l’olio di oliva.

Urgeva un approfondimento.

Col prezioso aiuto di Ranieri Filo Della Torre, direttore dell’Unaprol, è stato possibile fare un po’ di chiarezza.

Ai programmi di ricerca, comunicazione e promozione delle associazioni di categoria olivicole viene destinato un massimo del 2,2% dei fondi assegnati al comparto dall’organizzazione comune di mercato (OCM).

In particolare i provvedimenti comunitari contemporaneamente in vigore sono due: il 528 e il 1334. Entrambi disciplinano i contributi per il miglioramento qualità ma il più recente, ovvero il 1334, include, tra le azioni ammissibili a finanziamento, anche misure di tutela ambientale e paesaggistica, nonchè la tracciabilità e la commercializzazione.

Le associazioni olivicole italiane hanno predisposto progetti e richiesto i relativi contributi comunitari unicamente secondo le procedure fissate dal 1334, un procedimento formale che non cambia nulla nella sostanza e che, in particolare, non comporta diminuzioni sull’importo totale degli stanziamenti a favore dell’Italia.

Tanto chiasso per nulla. Un falso allarme frettoloso riportato da alcuni giornali, finito banalmente in una bolla di sapone.

Futile allarmismo, adatto solo per creare nervosismo e tensioni, o puro pressappochismo e chiara incompetenza di certi media?

Il mondo oliandolo italiano è già tanto preoccupato da una situazione politico-economica così difficile da deprimere i consumi, nonché l’umore di molti produttori.

La mancanza di una strategia di lungo periodo, di un piano olivicolo nazionale, è già tanto allarmante da non rendere necessario aggiungere ulteriori, ed effimeri, motivi di malumore e sdegno.

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