La voce dell'agronomo 18/12/2004

NIENTE PIÙ ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI IN ITALIA

Dopo una campagna stampa assai dura e molto critica, l’azienda barese che aveva distribuito un olio biotech si è vista costretta a ritirare il prodotto. La Coldiretti annuncia trionfalmente che è stato il mercato a bocciarlo ma è realmente così? Intanto aumentano verticosamente i Comuni ogm free, scelta consapevole o moda?


Il caso è scoppiato qualche settimana fa.
Una temeraria azienda, la Casa Olearia Italiana spa di Monopoli (Bari), ha deciso di commercializzare in Italia i primi oli biotech, ovvero ottenuti con prodotti geneticamente modificati. Gli oli ogm, nelle versioni soia 100% e semi vari (soia e girasole), sono stati precipitosamente ritirati. Non per il prezzo, decisamente allettante, 0,89 € al litro, ma per evitare, probabilmente, ulteriori e più profondi danni d’immagine che potessero avere ripercussioni negative anche su altri prodotti della stessa azienda.
I consumatori italiani sono ancora così immaturi da non accettare che al supermercato, a fianco di prodotti tradizionali e tipici, si possano trovare anche alimenti ogm oppure c’è dell’altro?
La domanda sorge spontanea leggendo i numerosi comunicati stampa che sono giunti in redazione all’indomani della commercializzazione di questi oli biotech. Non tanto allarme quanto allarmismo, ecco quanto traspariva dalle brevi righe delle note e dei lanci d’agenzia che ho avuto modo di leggere: l’ogm è arrivato anche in Italia, alzate le barricate, pronti alla difesa, innalzate i vessilli dei prodotti tipici e tradizionali. Neanche fossero sbarcati i marziani.
Un esempio?
“Si tratta - sottolineava la Coldiretti - di una preoccupante novità di mercato realizzata a partire da prodotti agricoli di origine non italiana che sono tuttavia trasformati in un territorio che offre ben più valide alternative con oli di oliva di alta qualità che assicurano elevate garanzie nutrizionali e sanitarie.”
Dopo il ritiro ecco i toni duri e trionfalistici, quelli della battaglia vinta, quelli di chi ha sconfitto il nemico.
“L’immediato ritiro dal mercato - afferma la Coldiretti - del primo e unico alimento ogm commercializzato sugli scaffali dei supermercati nazionali conferma che per il biotech nel piatto non c’è spazio nei campi e neanche sulle tavole degli italiani. A distanza di otto mesi dalle nuove norme nessun alimento ogm risulta, dunque, commercializzato in Italia.”
Quanto le parole della Coldiretti, che suonano come una condanna, hanno inciso sulla decisione dell’azienda barese di ritirare velocemente il prodotto sul mercato, senza, di fatto, aver potuto testarne la validità sul mercato? Non esistono forse gli strumenti per informare il consumatore e consentirgli di compiere una scelta consapevole? Giusto ricordare le indicazioni che devono comparire in etichetta (Regolamenti CE 1829/2003 e 1830/2003) indicando la presenza di organismi geneticamente modificati ma perchè spaventare, perchè provocare schock e paura? Perchè insistere tanto sul lato debole del consumatore, quello emotivo, con comunicati duri e toni ferrei se si è convinti dei dati che si pubblicano e diffondono? Secondo l’indagine 2004 Coldiretti-Ispo, infatti, sono aumentati in un anno del 12% i consumatori che acquistano prodotti garantiti in etichetta come Ogm free anche perché il 68% degli italiani che esprime una opinione è convinto che i prodotti ogm non fanno bene alla salute, una percentuale che cresce per i laureati.
Perchè incalzare tanto Comuni e Province affinchè dichiarino i loro territori ogm free se il consumatore e i coltivatori italiani sono così contrari e intimoriti dagli organismi geneticamente modificati?
Non più dialogo, non più confronto, non più tentativo di persuasione ma scontro. Si è da una parte o dall’altra. Come sui campi di battaglia. È naturalmente giusto e comprensibile lottare per sostenere le proprie idee, i propri pensieri, ma senza eccessi, senza fanatismi.
Su argomenti così importanti, strategici e delicati non servono crociati ma uomini ragionevoli, dotati di buon senso, di spirito critico.

di Alberto Grimelli