La voce dell'agronomo

ABBANDONO DELLE CAMPAGNE. ATTO SECONDO

Dalla pubblica e polemica distruzione dei raccolti dei frutti della terra alla cessazione dell'attività il passo è fin troppo breve. Perchè infatti continuare a coltivare? Perchè dannarsi e faticare per un'azienda che non premia sforzi e sacrifici? Meglio allora tornare in città e occuparsi in fabbrica o in qualche ufficio. Meglio lo stipendio fisso. Forse

11 dicembre 2004 | Alberto Grimelli

Il sistema agricolo del nostro Paese è vicino al collasso.
Non resta che aspettare ma i primi segnali sono molto chiari e non è affatto difficile coglierne il significato.
Con i consumi e gli acquisti di generi alimentari che si riducono, orientandosi, per lo più, sugli articoli a più basso costo, con le esportazioni bloccate da una congiuntura economica difficile e dal supereuro, con una concorrenza straniera sempre più agguerrita tanto sul fronte prezzi che su quello della qualità, c’è da chiedersi per quanto tempo ancora il comparto rurale possa resistere.
I più pessimisti immaginano già un nuovo esodo verso le città che dovrebbero garantire un reddito sicuro ancorchè modesto.
I più pavidi sognano e progettano già di fuggire e abbandonare la campagna, lasciare i campi incolti, le stalle in disuso, lande deserte o viceversa invase da macchia e boschi, argini e fossi al degrado.
Poi ci sono gli imprenditori, persone dotate di senso critico, di lungimiranza, di realismo che guardano all’immediato futuro con preoccupazione ed ansia ma che sanno che alla tempesta seguirà il sereno. È la storia che lo insegna. Alla Grande Depressione di inizio 1900 seguì il New Deal, un periodo di crescita economica e di benessere; al dopoguerra, periodo di stenti e di fame, seguì il boom economico e l’opulento stile di vita a cui ci siamo abituati.
Dopo la tempesta il sereno dunque.
Misurare le proprie forze, le proprie energie e, naturalmente, le proprie disponibilità economiche, per superare, con i minori danni possibili i periodi di crisi.
Saper accantonare, risparmiare negli anni d’oro per resistere in quelli bui.
Saper sempre reagire con lucidità, senza lasciarsi prendere da scoramenti o, al contrario, da facili euforie, affidarsi al ragionamento più che alle emozioni.
Anche questo significa essere un imprenditore.
È tempo di fare il salto di qualità, è tempo di svestire i panni di contadino.

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