La voce dell'agronomo 30/10/2004

NON FARE OGGI CIÒ CHE PUOI RIMANDARE A DOMANI

Cambiano i tempi e si modificano anche i proverbi. Non è solo questione di stravolgimenti climatici e di bizze meteorologiche. È cambiato il modo stesso di fare agricoltura. Tra le novità più inquietanti il differimento, possibilmente sine die, di alcuni compiti e attività. Si tratta di pigrizia o di paura?


Cambiare, innovare, adeguarsi non è mai piaciuto molto al settore agricolo, un comparto che si crogiola nell’immobilismo e si nutre di tradizione.
Gli agricoltori, da tempi immemori, guardano con diffidenza ad ogni mutazione, a ogni tentativo di introdurre nuove tecniche, nuove macchine, nuove regole.
“Al peggio non c’è mai fine” è infatti uno dei ritornelli più popolari e diffusi nel mondo rurale.
Una vecchia massima dai toni rassegnati e fatalisti.
D’altronde il contadino è ben abituato alle bizzarrie meteorologiche, quelle che gli invadono i campi d’acqua dopo prolungati periodi di siccità, quelle che scaricano acqua, vento e tempesta in prossimità del raccolto.
Sente da anni promesse di miracolosi macchinari, prodigiosi concimi e fenomenali fitofarmaci capaci di risolvere ogni suo piccolo problema.
Ma i dilemmi restano, anzi peggio, mutano e si ingigantiscono.
Le tecniche e le tecnologie moderne hanno sicuramente ridotto il carico di lavoro fisico, accresciuto la produttività, diminuito i costi di produzione ma, nel frattempo, si sono affacciati tutta un’altra serie di questioni che, fino a qualche anno fa, gli erano completamente estranee.
La commercializzazione del proprio prodotto a prezzi remunerativi è diventato un serio grattacapo. Non è più sufficiente essere solo coltivatori o allevatori, bisogna infatti trasformarsi in imprenditori, accrescere le proprie competenze anche in altri campi, quale, appunto, quelli, insidiosi, del marketing e delle vendite. Non c’è difesa passiva, non ci sono argini che possano frenare questa impellente necessità, adeguarsi o morire, questa è, in buona sostanza, la scelta che si profila oggi.
Un altro serio problema attanaglia l’agricoltore contemporaneo: la burocratizzazione. Tenersi aggiornati su norme, regolamenti è diventato un vero e proprio lavoro. Tempo, energie e soldi vengono spesi a questo scopo, con la paura di essere tenuti sotto scacco da zelanti ed impassibili funzionari. Le scadenze si moltiplicano, che fare? Ritardare, rimandare. Ecco la pratica soluzione trovata dagli agricoltori. Perché adeguarsi celermente, col rischio di cambi di rotta del legislatore o di incerte interpretazioni di qualche ufficio, quando si può tranquillamente arrivare, con molte più certezze, alla data ultima, che, più di una volta, viene pure prorogata?
Ecco allora nato un altro proverbio, frutto dell’età contemporanea, l’era burocratica: “non fare oggi ciò che puoi rimandare a domani”.

di Alberto Grimelli