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Metti l'origine in etichetta / 2. Come andrà a finire?
La denuncia di Domenico Tripaldi: i blend con l'olio estero? Non solo i grandi marchi, anche le piccole aziende
28 giugno 2008 | T N
Egregio dott. Caricato
Voglio lasciare le mie considerazioni sul tanto discusso provvedimento "etichetta di origine". In particolare mi riferisco all'intervento del Sig. Luigi Tega: link esterno
Sarà veramente inutile e addirittura dannoso? Bhe!! Peggio di come siamo non penso! se poi sarà veramente cosi speriamo che qualche illustre politico sappia rimediare al disastro.
Sembrerebbe che l'attenta analisi fatta dal Sig. Luigi Tega non faccia nemmeno una piega, sulla quale nel finale si aggiunge un invito da parte sua a tutti gli olivicoltori "Ottimo, è così che vorrei tutti gli olivicoltori e frantoiani d'Italia: schietti, lucidi e liberi.."
Naturalmente anche io nato in un frantoio e figlio di frantoiani da tre generazioni mi ritengo di far parte di quel gruppo risicato di marziani lontani dalle opinioni comuni ma, l'amore e la passione per il mondo dell'olivicoltura mi spinge verso il lato opposto.
L'esperienza mi ha sempre aiutato ad essere più ragionevole e fiducioso mentre la storia mi ha insegnato che nella vita bisogna avere almeno due riferimenti temporali per poter effettuare una analisi in grado di giudicare il prima con il dopo.
Invito tutti per un attimo a pensare come andava il mercato prima dell'entrata in vigore di questo provvedimento (anche se ancora non è effettivamente cambiato nulla) ma il tempo farà il suo corso e solo dopo possiamo dire cosa è cambiato, nel bene o nel male ovviamente.
Italia: media di produzione 550-700 mila tonnellate di olio prodotto circa la metà viaggia verso il mercato estero nel frattempo gli italiani sulla tavola ne consumano in media 650 mila tonnellate (circa la metà proviene da altri paesi ma i nostri consumatori non ne sono al corrente).
Le principali associazioni dei consumatori mesi fa lanciavano l'allarme "sugli scaffali una bottiglia su due non è olio di oliva italiano".
Con questo provvedimento come giustamente ha sottolineato Luigi Tega
"... quando la massaia leggerà la provenienza greca o spagnola dell'olio a lei gradito, sdegnata, riporrà la bottiglia nello scaffale per gettarsi su un made in italy che nel frattempo, secondo gli entusiasti della norma, si sarà apprezzato di valore, raggiungendo un prezzo minimo di ? 7/8 che sarà in grado di remunerare la filiera, gli agricoltori e... vissero tutti felici e contenti.
Vorrei ricordare che quella massaia già ora acquista noci californiane, ciliegie cilene, ananas del Sudafrica, pesce pescato in oceani lontanissimi tutto perfettamente dichiarato in etichetta e quindi pienamente consapevole. Francamente desidererei che qualcuno mi spiegasse per quale motivo dovrebbe scandalizzarsi nell'acquistare un olio frutto di una combinazione di oli spagnoli, greci?"
Probabilmente non cambierà niente, la massaia comprerà il miscuglio di spremuta di olive al prezzo più basso, ma non dimentichiamoci che sugli scaffali ci sono bottiglie di olio con prezzi più alti, tutte queste bottiglie vengono acquistate dall'80% dei consumatori di olio italiani (secondo gli ultimi dati ISMEA). La scelta della massaia e da ricercarsi in svariati motivi che possono essere ad esempio: economici, influenza pubblicitaria, una non corretta conoscenza della filiera ecc..
Il punto di forza di questo provvedimento sarà la trasparenza e la correttezza verso il consumatore il che già per me non è poco, personalmente, avrò perlomeno il piacere e la gioia, dopo tanti anni di non trasparenza, di entrare in un supermercato e leggere sull'etichetta la sacrosanta verità . Lo so che questo non risolverà l'aspetto economico del produttore ma per lo meno è un buon inizio, successivamente staremo a vedere come andrà a finire.
Voglio sottolineare che in ogni caso, fino ad oggi, con i prezzi che vengono decisi dal mercato globale (secondo me legato anche dai miscugli di oli esteri spacciati per italiani), il mio olio e quello di tanti altri verrà venduto a prezzi da fame o addirittura resterà invenduto con la speranza di rivenderlo nella campagna successiva ad un prezzo più ragionevole.
Olio dell'annata precedente, o peggio ancora di 2-3 anni prima magistralmente trattato nelle raffinerie prima di immetterlo sul mercato), è una cosa assurda che solo in pochi ne sono a conoscenza, noi del settore (e ahimè solo pochi consumatori) sappiamo benissimo quanto è importante consumare olio extravergine possibilmente nell'annata di produzione per poter usufruire dei suoi indiscutibili pregi.
Sappiamo tutti quali sono le regole che stabiliscono un mercato, ma quando a queste regole si associa furbamente il nome di un marchio per vendere olio che dalle sole indicazioni di confezionamento lo si potrebbe (o lo si vuole) intendere come prodotto italiano ma che in realtà non vi è nemmeno l'ombra, allora si che questa furbata fa veramente arrabbiare tutti quei produttori che prima, sono stati spinti nel produrre sempre di più olio di qualità superiore quale l'extravergine e poi si sono visti in casa propria, l'ingresso di migliaia di quintali di olio provenienti da altri paesi ad un costo che fa abbassare il prezzo su tutte le piazze di smistamento italiane, fregandosi cosi del nostro prodotto.
Anche l'analisi sul prossimo comportamento degli industriali, espressa da Luigi Tega, sembrerebbe da non escludere anzi sono d'accordo con lui che vi sono alte probabilità che una cosa del genere succederà .
"...siamo danneggiati dai marchi industriali o i marchi industriali ci hanno comunque spianato la strada esaltando il made in Italy (magari fasullo) lasciandoci comunque spazio di manovra ed occasioni da cogliere al volo?"
Ho sempre sostenuto che i grandi marchi hanno fortemente contribuito alla diffusione, prima di tutto al consumo del pregiato olio di oliva e poi del Made in Italy, in diverse parti del mondo come Tokyo, New York, Londra ecc.. Vogliamo dire però che in alcuni posti per esempio negli Stati Uniti la legge impone che in etichetta bisogna indicare il contenuto in percentuale e la provenienza degli oli che compongono quella bottiglia! Perché in Italia questa cosa deve essere nascosta ai consumatori che già conoscono poco il mondo dell'olio? E' questo che personalmente non trovo giusto!
Non dimentichiamo che l'olio Italiano, come tanti altri prodotti, è molto ricercato e apprezzato all'estero per le sua qualità ed inimitabile pregio. Con questo non voglio assolutamente ignorare la qualità o pregiatezza di altri oli esteri che come sappiamo in tante manifestazioni di prestigio hanno conquistato il palato di illustri esperti del settore, mi sento di aggiungere però che questo provvedimento come sappiamo bene vale solo in Italia, e quindi l'esaltazione dell'olio Made in Italy all'estero (magari fasullo) continuerà indisturbata, o no! Credo che bisogna aggiungere anche che, il fenomeno di miscugli di olio estero o rettificato non va associato solo ed esclusivamente ai grandi marchi o industrie, ma dobbiamo dire con amarezza che questa furbata si consuma, avvolte, anche dentro le mura di piccoli e grandi aziende/frantoi senza scrupoli.
La burocrazia ed i costi in aumento per frantoi, piccole aziende e organi preposti per il controllo.
Questa è veramente una nota negativa di questo decreto, che farà sicuramente alzare costi e burocrazia. Io credo che la decisione di inserire un registro di carico e scarico dell'olio con relativo numero alfanumerico non sia stata una scelta solo per far aumentare la burocrazia del comparto che già è tanto lunga e noiosa, ma rappresenta, una scelta obbligata. Infatti è l'unico strumento utilizzabile dagli organi preposti per il controllo che possa
attestare la verità su molitura e confezionamento in quanto ad oggi non vi è alcuno strumento o modo (analitico elettronico ecc.) riconosciuto dalla legislazione che dia la certezza di scoprire se in quella bottiglia/lattina/botte vi sono altri miscugli di oli.
Al di la del provvedimento giusto o sbagliato che sia cosa possiamo fare noi poveri produttori per evitare il declino del olio Made in Italy?
Tanta gente ancora oggi non conosce la differenza tra olio di oliva e olio di semi per non parlare poi dell'olio extravergine di oliva.
La questione del prezzo basso su questi consumatori viene sicuramente premiata, ma chi invece ha saputo informasi o partecipare alle tante manifestazioni organizzate un po' in tutta Italia, oggi sa cosa significa olio di oliva vergine o extravergine Italiano, compreso il faticoso lavoro e la tradizionalità che ruota attorno ad esso. Il mio invito è quello di continuare con la corretta informazione su tutta la filiera, cercando di dare una mano a questo provvedimento e facendo sforzi comuni nel diffondere con tenacia la cultura dell'olio e alla luce di questo nuovo decreto spiegare il perché si è arrivati, all'indicazione obbligatoria in etichetta, non solo sulla provenienza delle olive, ma anche il luogo del frantoio dove le olive sono state molite. Un modo molto semplice è veloce è internet ormai entrato nella stramaggioranza degli italiani! e non solo.
Domenico Tripaldi
Staff frantoionline.it
Io resto dell'idea che i grandi mali dell'olivicoltura italiana siano più interni che esterni. Le dinamiche esterne per loro natura non fanno altro che rendere più visibile e drammatica la situazione, ma se non ci fosse stata la pessima gestione delle associazioni di categoria e l'inedia più totale della classe politica, unitamente - diciamolo pure, senza alcun imbarazzo - alla corsa finalizzata a depredare le risorse finanziarie provenienti dall'Unione europea, l'Italia dell'olivo e dell'olio non starebbe certo a perdere tempo ed energie in stupide battaglie come quella del made in Italy. Solo gli ipocriti o gli ingenui possono pensare che i problemi siano tutti nell'obbligo dell'origine in etichetta.
Luigi Caricato