La voce dei lettori

Coldiretti e conflitto d'interessi, una bella questione

Ci scrive Romano Satolli, direttore del "Giornale del Consumatore": l'organizzazione presieduta da Sergio Marini più che un'associazione di produttori agricoli, è diventata un'associazione di consumatori

03 maggio 2008 | T N

Caro Direttore,
Leggendo il redazionale pubblicato da "Teatro Naturale" sullo scandalo c.d.
Velenitaly e le dichiarazioni del Presidente della Coldiretti Sergio Marini in risposta ad una domanda di un giornalista, ho subito pensato che ha ragione quanto da molti mesi scrive "Spazio Rurale" a proposito della Coldiretti, quando dice che tale associazione, più che un'associazione di produttori agricoli, è diventata un'associazione di consumatori.

Ho pensato che in fondo ha ragione "Spazio Rurale", quando penso a certe
iniziative alle quali la gloriosa organizzazione si è prestata negli ultimi tempi, prima fra tutte la compagna coltro gli OGM.

Poiché in Italia i conflitti di interessi non ci sono solo nel mondo delle televisioni, non mi meraviglia che un domani, seguendo l'esempio dei nostri
sindacati, ognuno dei quali si è creato la sua associazione di consumatori,
anche la Coldiretti se ne crei uno ad hoc e richieda di far parte del Cncu
(Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti).

Chissà se con la sua risposta dubbiosa, il sig, Marini abbia pensato che il danno all'immagine del Brunello si riflette su tutti i vignaioli di Montalcino che con il loro sudore ed i loro sacrifici forniscono la materia prima ad uno dei vini principe della nostra enologia. Sarebbe invece opportuno che la sua organizzazione, unitamente a tutta la filiera vitivinicola di tale vino, si chieda se non sia opportuno rivedere il disciplinare di produzione. Se con il solo Sangiovese il Brunello di Montalcino non incontra più i gusti dei consumatori, non sarebbe opportuno prevedere la presenza del 15% di altre uve rosse o, almeno, che tale modifica non riguardi la Doc Rosso di Montalcino?

Il consumatore vuole bere un vino che lo soddisfa, poco gli importa che sia
di monovitigno, se poi la qualità non corrisponde ai suoi gusti: quelle
considerazioni lasciamole ai poeti del vino, a tutti quei menestrelli che
per anni hanno esaltato ed enfatizzato più del dovuto certi vini, imponendo
i loro gusti soprattutto ai consumatori meno acculturati per fare del vino
uno status symbol.

Se ci fossero state meno ciarle, avremmo avuto dei disciplinari di produzione dei vini a D.O. più vicini alla realtà senza tanti orpelli e purismi che costringono i produttori a disattendere certe norme inutilmente restrittive se vogliono che i loro vini incontrino i gusti della massa dei consumatori.

Con i migliori saluti.
Romano Satolli
"Il Giornale del Consumatore"

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