La voce dei lettori
Un atteggiamento costruttivo e concreto. Per cambiare volto all'agricoltura
Ci scrive il giovane Vincenzo Perrini. Alcune scelte si dimostrano poco utili per il settore, dice. Perché non puntare a maggiori intese e a una minore frammentazione?
09 febbraio 2008 | T N
Sig. Caricato,
sono uno studente della specialistica di Agraria che segue con costanza le opinioni e le novità del vostro sito.
Dopo la lettura del suo ultimo editoriale "uno ad uno" mi sono deciso a scrivere per proporre un atteggiamento costruttivo e concreto che spesso tralasciamo: ciò che lei sottolinea riguardo la situazione burocratica del nostro settore è vero e sicuramente determinante; ma se, come si vede nell'attualità , l'abuso di potere e di manifestazioni che stanno facendo le associazioni di categoria ed i sindacati è una leva di forza non efficiente e soprattutto non utile a portare avanti le cause degli interessati in un periodo superiore a poche settimane (cioè inutile per disegnare provvedimenti e strategie politico-economiche di medio-lungo periodo, che sono quelle di cui si ha più bisogno), credo si debba abbandonare questo strumento in favore di ottenere una rappresentanza politica che possa essere pressante nei momenti decisionali ai vari livelli politici, da Bruxelles alle Regioni.
Quello su cui voglio aprire un dibattito, per una mia sostanziale ignoranza in certi ambiti, e contemporaneamente per provocare, è chiedere se sia possibile trovare una strada concertata che venga portata avanti da varie associazioni di categoria (e non!) per rappresentare politicamente le nostre esigenze nel Paese.
Quel che noto è che questo ruolo è svolto sicuramente meglio in altri settori, da quello industriale ai lavoratori salariati, grazie a maggiori intese e unidirezionalità di interessi, meno frammentazione degli operatori e soprattutto minor individualismo! come si potrebbero "curare" questi problemi di base che il mondo agricolo porta con sè?
grazie
Vincenzo Perrini
Caro Perrini,
lei ha compreso molto chiaramente il problema che affligge la nostra agricoltura. Soprattutto ha inquadrato in maniera lucida le problematiche irrisolte: la mancanza di una strategia politica, e, in particolare, la nostra, emblematica e paradossale, assenza da Bruxelles, proprio nei momenti decisivi, quelli in cui si delineano le scelte per il futuro.
La troppa burocrazia, in ogni caso, è sempre figlia di un malcostume imperante, di cui in parte siamo noi stessi responsabili.
Forse non c'è scampo, e francamente, lo confesso, non sono per niente ottimista, almeno circa la possibilità di una svolta efficace nel breve e medio periodo. Comunque non desisto, nonostante ciò; e spero che anche lei insista in una simile battaglia di civiltà .
Occorre dunque tener duro: è questa, mi creda, l'unica risposta possibile: tener duro, resistere.
Le maniere per curare un comparto in sofferenza ci sono: la prima delle quali consiste nel disporre della collaborazione del malato.
Sì, perché senza che il malato lo voglia, nessuna patologia o stato di difficoltà potrà mai essere superato.
Poi il secondo passo da fare è di per se stesso intrinsecamente impossibile: è uno stato di impasse che per molti versi assomiglia all'emergenza spazzatura in Campania.
Questo secondo passo consiste nel far lavorare congiuntamente le associazioni di categoria, senza dispersione di energie e di risorse.
Ma su questo tema ritornerò più avanti.
Lei in realtà conosce molto bene lo stato delle cose; e, in fondo, le risposte che chiede a me e ai lettori, sollecitando un dibattito, le ha già fatte sue, le appartengono.
Ed è proprio vero: l'agricoltura, per sopravvivere dignitosamente, ha urgente bisogno di risposte condivise e unitarie. Poi, chissà ...
Luigi Caricato
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