La voce dei lettori
CHIAMATI IN CAUSA, GLI OLIVICOLTORI E I FRANTOIANI RISPONDONO. SERVONO FORSE MIRACOLI?
Si chiede una infusione di coraggio, ma soprattutto soluzioni concrete. Ecco la fotografia dello stato della realtà, con l'animo di chi la vive sulla propria pelle, a costo di grossi sacrifici, tra speranze deluse e grandi attese
10 novembre 2007 | T N
Su Teatro Naturale di sabato scorso il seguente articolo a firma di Luigi Caricato:
APPELLO AGLI OLIVICOLTORI E AI FRANTOIANI DâITALIA: âSVEGLIATEVI DAL TORPORE IN CUI SIETE PRECIPITATIâ. ECCO I MOTIVI PER CUI IN MOLTI NON RIESCONO A CONSEGUIRE SPAZI REMUNERATIVI SUI MERCATI
Di solito si punta il dito contro le aziende di marca, e in particolare verso la cosiddetta industria dellâolio. Sbagliando. Le accuse in molti casi sono pretestuose, e nascondono gravi responsabilità e inadempienze, oltre a evidenti segni di incapacità operativa. Eâ tempo di riflettere. Un âmea culpaâ non sarebbe certo fuori luogo
(ecco il link, per rileggerlo: link esterno).
All'appelo lanciato da Luigi Caricato sono seguite le seguenti lettere, oltre ad alcuni contatti telefonici. La risposta del direttore nell'editoriale dal titolo "L'ambiguo mondo dell'olio":
link esterno
LUIGI DOMINICI:
Gentile Sig. Caricato,
ho appena letto il suo articolo su Teatro Naturale e devo dire che sono perfettamente d'accordo con lei su tutte le argomentazioni ed io stesso nella mia esperienza di agricoltore ho potuto verificare sulla mia pelle " il torpore degli agricoltori" compresa la mia famiglia ancorata all'agricoltura di 50 anni fa , si figuri che solo per iniziare ad imbottigliare l'olio non so quanti mesi ho passato a cercare di far capire alla mia famiglia l'importanza e la necessita di portare il nostro prodotto con il nostro marchio direttamente al consumatore, ed ora che solo dopo circa un anno di commercializzazione vedono dei buoni risultati , rifornisco circa 50 ristoranti di alto livello, iniziano a darmi ragione.
Ora il mio nuovo progetto è quello di trasformare direttamente senza affidarmi più a frantoi esterni sia per un fattore economico che per la certezza e la qualità del mio prodotto; come certamente saprà fare un frantoio ha delle spese e degli investimenti molto alti che per una singola azienda come la mia non sono facilmente sopportabili , per questo vorrei convincere le aziende vicine alla mia ad associarsi dando il mio completo supporto a tale progetto , ma conoscendo la mentalità degli agricoltori ,in particolare Umbri, credo che sarà molto difficile un risultato positivo , comunque ugualmente ci sto provando.
Ho 30 anni sono innamorato della mia terra e faccio questo lavoro per passione , forse sono uno dei" pochi volenterosi" e non so se riuscirò nei miei progetti ma sicuramente darò tutto me stesso .
Distinti Saluti
Luigi Dominici
Azienda Dominici
SALVATORE SPATOLA
A proposito del tuo articolo Appello agli olivicoltori e Frantoiani mi sento in dovere e ritengo necessario sostenere ed ammettere le tue ragioni per ciò che dici, considero validel le tue osseravzioni in merito alla necessità di sostenere le realtà produtive capaci solo di lamentele.... io penso che queste realtà fanno comodo.... molto comodo alla politica e al politico in particolare.
Anche a me, e parlo a nome di presidente di un consorzio di produttori che ritengo apprezzato nell'immaginario collettivo, capita di non riuscire a reperire il prodotto dei miei consorziati (alla fine si tratta di pochi cl di olio....e parlo di olio on di diamanti...) ma la cosa più inconcepibile è che detto prodotto mi serve per promuovere loro stessi e le loro produzioni, quindi ti capisco perfettamente.
Infine, riguardo ai presidenti e direttori di consorzi e alle difficoltà da te descritte io penso che spesso i consorzi sono chimere ed irreali, esistenze palesi al servizio di commercianti, grossisti (che intercettano le maggiori quote produttive e di conseguenza con maggior peso decisionali) o loro organizzazioni tutelati dalla politica. E' raro trovare consorzi retti e gestiti direttamente dagli olivicoltori e produttori e quando ci sono... spesso hanno vita breve, dura e difficile.
Amare conseguenze le mie, dopo appena un anno di gestione della Monti Iblei, sono già deluso dal sistema, dal nostro Ministero e Ministro dell'Agricoltura che vara decreti a favore di indicazioni geografiche locali e non supportate da alcuna certificazione il tutto a scapito delle Denominazioni tutelate e controllate.
Gli enti locali Comuni e province che si vantano di avere una Denominazione prestigiosa e che godono senza impegnare le proprie casse nella ordinaria gestione del consorzio, da un parte e poi portano in giro nel mondo (dicono per promuovere) aziende che producono extra vergini anonimi e poco qualificati però prodotti nelle province ove si produce e delimitate per la Dop Monti Iblei? Ma in tutto ciò c'è un nesso logico?
Non voglio tediarti con le mie difficoltà , poichè sono mie per libera scelta e solo io dovrò ricercarne la soluzione, ma ti ringrazio per quello che scrivi su questo ambiguo mondo dell'olio ma affascinante per i miracoli che il prodotto fa.
Salvatore Spatola
Presidente Consorzio Dop Monti Iblei
ANTONINO INSINGA
Egr. Sig. Luigi Caricato,
sono un piccolo produttore di Olio Extravergine di Oliva, la mia Azienda Agricola si sforza da generazioni di concentrare tutti i suoi sforzi verso la cura di un unico prodotto â le olive -.
Siamo molto attenti al ciclo produttivo controllando tutta la filiera ed agendo in regime totale di agricoltura Biologica.
Pensi, siamo perfino soci e fondatori di un consorzio di olivicoltori âOeliosâ.
Ebbene, Sig. Caricato le analisi organolettiche eccellenti, la cura spasmodica che ci porta a coltivare gli uliveti ed in frantoio non oltre le 24h, la sicurezza di un prodotto impeccabile ad oggi non ha portato significativi risultati al prezzo del nostro olio.
La grande difficoltà riscontrata sta proprio nella commercializzazione.
La Regione spende soldi per fare corsi di formazione, per mandarci in giro per il mondo â Inghilterra, Canada, Giappone etc â ma non ci fornisce strumenti certi per la commercializzazione.
O ci affidiamo ai soliti Buyers a 2 euro litro o, ai soliti approfittatori che oggi comprano fino a non oltre altri 15 giorni lâolio a 4 euro kg iva compresa per poi tagliarlo con olio spagnolo che proviene dalla tunisia ed arriva in italia come ITALIANO.
Le sembra giusto tutto questo ?
E noi cosa dovremmo fare ?
A chi dovremmo rivolgerci per dare un valore ai nostri sforzi ?
Solo di recente sono riuscito a vendere lâintera produzione, via internet, ma a prezzi irrisori.
Il perché?
Perché alle massaie ed anche agli intenditori di tutti gli sforzi ed i costi che noi piccoli produttori affrontiamo durante lâanno â mi passi il termine â non gliene può fregar de meno. Vogliono un prodotto eccellente ma, al prezzo di un Bertolli (che sicuramente non disprezzo).
Noi crediamo nellâassociazionismo, lo dimostra lâaver aderito ad un consorzio che conta 40 produttori della Zona Nord della Provincia di Enna.
Il problema?
Non è produrre qualità ma⦠vendere a costi accettabili ed avere una catena di commercializzazione adeguata che pensi non alla produzione ma alla distribuzione.
PS.: lei parla di contenimento dei costi. Noi non siamo nel tavoliere delle Puglie ma in un territorio che non ci permette le moderne tecniche di raccolta con gli scuotitori ma con semplici agevolatori pneumatici. Sa quanto ci costa un operaio - a trovarlo â dai 50 ⬠in su.
La prego mi dia coraggio e soprattutto una soluzione.
Con stima,
Antonino Insinga
Agricola Merenda
FRANCESCO TRAVAGLINI
Gentile Dott. Caricato,
ci siamo conosciuti a Milano qualche anno fa in occasione della nostra prima partecipazione ad una fiera (allora si chiamava Salone dei Sapori). Ci scambiammo due parole e lei mi lasciò quel bellissimo biglietto da visita che conservo ancora. Qualche tempo dopo lei ha recensito anche il nostro Tratturello che da allora di progressi ne ha fatti tanti: pensando al suo giudizio in quell'occasione oggi devo ringraziarla per la "generosità ".
Purtroppo il senso di inadeguatezza non si è dissolto... anzi: ne parlava a dicembre di due anni fa sulla sua rivista il suo collaboratore Bonaviri.
Io ripresi dal mio blog il suo editoriale
link esterno
Feci anch'io un appello ma cadde nel vuoto...
Sottoscrivo tutte le sue parole ma ho paura che gli appelli non bastino.
C'è bisogno di uno scossone, di una strattonata: c'è bisogno di
pulizia.
In Molise, dove vivo, la situazione è ancora più disastrosa: Larino, nientepopodimeno che capitale delle Città dell'Olio riposa un sonno che
dura dall'epoca dei frentani. Non c'è uno straccio di idea di progetto
comune.
Dimenticavo ... abbiamo la Dop che qui qualcuno "pretende" di avere, a
prescindere, come d'altronde è abituato a fare per tutto il resto.
C'è una esperienza di "associazionismo sano" che sta nascendo e che
voglio segnalarle si chiama Sovversivi del Gusto: www.sdg.simplicissimus.it
Potrebbe essere un esempio da seguire.
Il 30 aprile ed il primo maggio prossimi a San Martino in Pensilis stiamo organizzando "S community" (link esterno)
sarebbe molto interessante parlare di extravergine magari cogliendo
l'occasione per far arrivare aziende olivicole... "sovversive".
Potrebbe essere il momento giusto per iniziare a far pulizia.
Un caro saluto e complimenti per il suo ottimo Teatro Naturale.
Francesco Travaglini
Parco dei Buoi