La voce dei lettori 05/10/2023

Non si può vendere l’olio extra vergine di oliva italiano

Non si può vendere l’olio extra vergine di oliva italiano

Michele Ferrero diceva “cercate i compratori, non siete voi che vendete, sono loro che acquistano“


Caro Direttore,

Non so fare l’olio, mi occupo di mercati e, per pigrizia e consuetudine, mi sono convinto che “farm to fork” sia solo un resoconto logistico, mentre invece il vero cammino, sia quello che va dal piatto al campo: meglio allora dire “fork to farm”.

Ecco perchè il problema dell’olio EVO italiano, non è l’olio spagnolo, né quello tunisino: e non è nemmeno la distribuzione.

Il problema è uno, ma ha due facce, come una moneta: da una parte il consumatore e dall’altra il produttore.

Del consumatore, che fa sempre la figura dell’ultima ruota del carro, anche stavolta, forse conviene parlarne un’altra volta:  anche se, prima o poi bisognerà farlo (meglio prima) , perché la causa iniziale del processo produttivo è lui.

Parliamo dei produttori, non perché siano i responsabili di qualcosa, ma perché sono gli unici che possono cambiare qualcosa.

Basterebbe iniziare a pensare che  “il produttore, l’olivicoltore, il frantoiano”  non esistono: ci sono  “i produttori, i frantoiani” e così come non c’è “l’olio extravergine di oliva” ma ci sono “gli oli extravergini”: e “il consumatore” non esiste, ci sono “i consumatori”.

Siamo abituati a pensare ai grandi numeri ed è più facile tirare le righe belle diritte, per semplificare: ma non è il momento delle decisioni, è il momento delle riflessioni, del confronto e delle condivisioni, delle revisioni e delle previsioni.

Caro Direttore, è un po’ che lo dico: Teatro Naturale è l’ambente adatto per apparecchiare la tavola, per fare incontrare le Istituzioni nazionali e locali, i comitati e i consorzi, gli olivicoltori e  frantoiani, grandi e piccoli, bravi e cattivi: per guardare bene dove si appoggiano piedi, ma anche dove si potrebbe andare o dove finiremo per andare.

A quella tavola, bisognerebbe parlare non solo di cultivar e di coltivazioni, non solo di profumi e di premi, non solo di importazioni e di certificazioni, non solo di distribuzione e di logistica: bisognerebbe iniziare a parlare dei consumatori, di cosa desiderano e cosa comprano, di cosa capiscono e non, di cosa fanno e cosa potrebbero fare, di quanti sono e quanti potrebbero essere.

Nel 1776 Adamo Smith diceva che “il consumo è l’unico fine e scopo del produttore e l’interesse del produttore  andrebbe preso in considerazione solo nella misura in cui può essere necessario  per promuovere quello del consumatore”

Duecento anni dopo, a Bruxelles, Michele Ferrero ci diceva “cercate i compratori, non siete voi che vendete, sono loro che acquistano“.

Hanno ancora ragione e se riusciamo a seguire i loro consigli, l’olio italiano c’era una volta e ci sarà ancora.

Gigi Mozzi

 

Caro Gigi,

temo che il problema sia ancora più complesso, perchè, prima ancora di andare a cercare compratori, bisogna aver ben chiari in mente i tratti della propria identità e poi quelli della propria mission.

L'Italia, da questo punto di vista, ha smarrito la via. Qualsiasi via.

Si va a correnti, a onde, seguendo mode e trend (quando va bene). Quando va male si cerca solo di tirare a campare.

E' tutto sbagliato da principio.

Si cercano venditori, di qualsiasi risma e specie, per piazzare qualche bottiglia, abbellita semmai da un marchio o una stellina, preoccupandosi, al limite, di star vendendo vero olio extra vergine di oliva.

Non c'è uno straccio di promessa in quella bottiglia. C'è solo olio... E allora l'olio si può acquistare al supermercato al minor prezzo possibile. E molti consumatori lo fanno, consapevolmente o inconsapevolmente.

Nel settore olivicolo-oleario non c'è più un barlume di strategia da tempo.

Non si agisce, si reagisce.

E allora la fretta diventa cattiva consigliera, facendo commettere errori, oppure si scade in banalizzazioni e pericolose semplificazioni.

Credo, a questo proposito, che tu sopravvaluti la forza di Teatro Naturale. A volte questa testata, e il sottoscritto, proviamo a far la parte del grillo parlante, ricavandone, quando va bene, qualche pacca sulle spalle.

Il titolo "C'era una volta l'olio di oliva italiano" può essere letto in molti modi. Il più scontato è il de profundis, il meno scontato è che l'olio di oliva italiano ha davanti un nuovo e diverso futuro, ancora da scrivere.

Le roi est mort, vive le roi! (letteralmente "Il re è morto, viva il re!").

Il re è morto, incoroniamone uno tutto nuovo

Alberto Grimelli

di T N