La voce dei lettori

LETTERA APERTA DI EDOARDO RASPELLI SULLA RIVOLUZIONE DEI TRASPORTI A MILANO

"La chiamano metrotramvia - ammette il noto critico gastronomico - ma l'è sempre un tramvai"

13 dicembre 2003 | T N

“E poi, guardi, oltre al parco, qui arriverà la metropolitana”: fu la parola magica, la promessa decisiva. Quella plaga periferica del Milanese non solo sarebbe stata immersa nel verde del Parco Nord ma avrebbe avuto il treno comodo comodo, silenzioso e nascosto, sotto casa. Fu così che alla fine degli Anni Settanta io, come decine di migliaia di milanesi, sloggiammo felici dal traffico montante della metropoli per andare verso Nord, tra Niguarda, Bresso,Cusano Milanino, Paderno Dugnano,la tangenziale Nord… Un’immigrazione interna causata dai prezzi esorbitanti delle case del capoluogo e dal desiderio in via di realizzazione di avere,magari, il fastidio degli aeroplanini dell’aeroporto di Bresso ma anche le decine di ettari a verde del parco Nord e la fantasmagorica utilità della metrò...
Nel 1994,quando ero consigliere incaricato alla cultura del comune di Bresso, mi chiamò il sindaco della mia cittadina,Alberto Guglielmo, attuale assessore della Giunta Formigoni: ”Raspelli,dobbiamo decidere il nome delle due fermate di Bresso della metropolitana...”.
Il sogno di centinaia di migliaia di ex milanesi era quasi fatto...
Poi, a Milano, la Lega Lombarda del sindaco Formentini fece la svolta. La Lega fu il rifugio dei voti di chi aveva nausea delle ruberie di Tangentopoli;a Milano si fece piazza pulita,la Lega conquistò Palazzo Marino ma spazzò via,anche, la metropolitana del Nord Milano e anche i miei due nomi delle mie fermate bressesi, porta della metrò verso il nord del Milanese.
A nulla valsero migliaia di firme raccolte dalla “mia” Lista Civica non solo a Bresso ma anche a Niguarda,Cusano,Paderno Dugnano:la metropolitana non sarebbe mai arrivata al nord. In compenso dal cilindro leghista venne fuori l’idea della metrotranvia, un bel neologismo di indubbio fascino ed un progetto portato avanti anche dalla giunta milanese successiva, quella di Albertini.
Formentini, Albertini, non trasporti ma trasportini...
Ieri,martedì 9 dicembre, le prime vetture, i lunghi serpentoni verde pisello della Metrotranvia 4, hanno cominciato a lasciare il confine nord di Milano Niguarda con Bresso per portare i lavoratori ed i brevi-pendolari nel cuore del capoluogo lombardo, nel centro dell’Italia che lavora.
La periferia nord si è paralizzata: Bresso è stata un solo serpentone. Ci è voluta mezz’ora per fare, con il solito bus di sempre, la 83, le poche centinaia di metri che vanno dal centro di Bresso al capolinea della neonata metrovranvia.
Poi lì il primo trasbordo che ci perseguiterà per anni per salire su quelle vetture che ci avevano annunciato avveniristiche.
Per essere comode sono comode: salita quasi a filo di terra,avvolgenti dure poltroncine in plastica;c’ è perfino il riscaldamento...
Per contro (a parte i teppisti: i vetri delle pensiline già sfasciate al primo giorno, pensiline e vetture insozzate di scritte), le porte automatiche si chiudono con la segnalazione di fischi modulati che sono sicuramente utili ai non vedenti ma che a quel volume sono più fastidiosi delle trasmissioni ad alto volume tra il pubblicitario e l’elettorale che noi milanesi dobbiamo sorbirci quando siamo costretti a sostare lungo i marciapiedi della metropolitana.
Per i resto, salire a Bresso alle 8.50 del mattino sul solito bus che arriva affannato al capolinea della metrotramvia, scendere, prendere il serpentone verde ed arrivare arrancando sino a Cairoli,con chilometri in gran parte non protetti, vuol dire impiegare in tutto un’ora e un quarto.

Insomma,gli hanno cambiato nome, ora si chiama metrotramvia ma l’è semper un tramvai. E’ sempre un tram.

Edoardo Raspelli Raspelli@tin.it

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