La voce dei lettori 30/11/2018

I dubbi di un frantoiano sull'olivicoltura superintensiva

I dubbi di un frantoiano sull'olivicoltura superintensiva

Vantaggi e svantaggi, pregi e difetti di un sistema industriale di coltivazione dell'olivo. “Non è che nel lungo periodo si hanno problemi analoghi alla cerealicoltura in Val Padania?” si chiede Romolo del Frantoio Mazzarrini?


Salve Grimelli,

sebbene sia da tempo che mi arrivano i vostri articoli non ho avuto modo di approfondire specificatamente un argomento che sempre più mi agita la mente.

Mi riferisco all’olivicoltura super intensiva!

Come frantoio ho avuto modo sia di fare che di assaggiare tale olio.

Sarà che qui da noi, nella Val di Chiana senese, siamo tutti piccolissimi produttori che fan soprattutto per la propria Famiglia, ma tale prodotto non mi è parso male.

L’unica cosa che mi da perplessità è il monovarietale d’arbechia (ndr Arbequina).

Possibile che in tutto il Mediterraneo ci sia solo questa! Non è che nel lungo periodo si hanno problemi analoghi alla cerealicoltura in Val Padania?

Il nostro olio è bello perché ognuno ha un personale storico miscuglio di varietà.

Ora però … non so! Ho troppi dubbi in testa.

Se può mi aiuti a trovare risposta.

Grazie e Buon Lavoro

Complimenti per il “Teatro Naturale”

 

Romolo (Frantoio Mazzarrini)


Buongiorno Sig. Romolo,

non si aspetti da me, o da questa risposta, un soluzione definitiva ai suoi dubbi. Anzi, semmai altri se ne aggiungeranno. Su Teatro Naturale potrà trovare molti articoli, anche degli anni passati (consultabili grazie alla funzione “cerca” o navigando nell'apposita rubrica “L'arca olearia”) sugli oliveti superintensivi.

Partiamo da un dato. Oggi non c'è solo l'Arbequina adatta al modello superintensivo ma ne vengono proposte generalmente sei: Arbequina, Arbosana (spagnole) e Koroneiki (greca), poi gli incroci spagnoli Sikitita (Arbequina x Picual) e Oliana (Arbequina x Arbosana). Recentemente è stato proposto un altro incrocio, la Lecciana (Leccino x Arbosana).

Tutti gli incroci descritti sono di proprietà (al 50% nel caso della Lecciana) del vivaio spagnolo Agromillora. Altri incroci, forse anche cloni, appariranno probabilmente nei prossimi anni. Questo modello colturale, il superintensivo, viene proposto da Agromillora in ogni angolo del globo, sempre a partire da queste sei varietà.

I vantaggi dell'olivicoltura intensiva sono la meccanizzazione integrale dell'oliveto, con relativo abbattimento dei costi produttivi. Abbattimento, però, che è tanto più sensibile tanto più l'intera filiera è predisposta per il modello. E' così che si spiegano i differenti costi di produzione, elaborati dal Consiglio oleicolo internazionale, sul superintensivo: si va dai 1,43 euro/kg di olio in Argentina fino a 3,39 euro/kg in Israele. In Spagna il costo di produzione è 2,19 euro/kg, contro il 1,60 euro/kg della Tunisia.

Ho avuto modo di assaggiare oli di Arbequina di diverse provenienze senza mai trovare differenze così significative tra le produzioni di diverse aree geografiche. Se mi concede una similitudine con il comparto vitivinicolo, l'Arbequina è diventata lo Chardonnay dell'olio.

E' questa la ragione per cui descrivo, senza esprimere un giudizio di merito, il superintensivo con Arbequina (ancora oggi rappresenta più del 90% del superintensivo mondiale) il prototipo dell'olivicoltura globalizzata.

L'olivicoltura superintensiva ha poi dei limiti: è sconsigliabile su terreni con pendenze superiori al 5-10%, causa difficoltà di movimento delle macchine scavallatrici, ed è necessario un impianto di irrigazione/fertirrigazione e disponibilità idrica, in estate, non inferiore ai 1000 metri cubi ad ettaro di oliveto superintensivo.
Ogni scostamento da queste indicazioni, come pure dai protocolli colturali predisposti da Agromillora, provoca sensibili decrementi produttivi, tali da incidere sull'economicità del modello.

Spero di esserle stato utile.

Cordiali saluti

Alberto Grimelli

di T N