La voce dei lettori
Dop Taggiasca? I veri puristi stanno a guardare cosa succede
Lo sfogo amaro di Paolo Cassini, olivicoltore ligure, sulla diatriba per la Dop Taggiasca: troppi interessi, "manca il terzo polo, quello dei puristi veri". E ancora "c'è gente che parla di Taggiasca e poi acquista autobotti di olio che arriva da chissà dove, così non ci siamo, solo che oramai è difficile distinguere i buoni dai cattivi."
16 maggio 2017 | T N
Carissimo Alberto,
abbiamo avuto una conversazione a Sol&Agrifood (sala premiazioni Sol D'oro) grazie all'amico Maurizio Pescari. Ho visto che sei venuto ad Imperia per la storia della Taggiasca Dop non Dop ...
Io sono un piccolo produttore che conta poco, ma ci tenevo a dirti qualcosa anch'io. Inizialmente sentendo le due campane avevo le idee chare, mi ero messo dalla parte del comitato SalvaTaggiasca, mi sembrava che lasciare le cose come prima, fosse la scelta migliore.
Ma poi mi sono venuti i primi dubbi andando a qualche riunione, la cosa è molto semplice: non tutto è chiaro e limpido da entrambe le parti, gli interessi ci sono da entrambi i lati, troppa gente parla bene di Taggiasca come se fosse il loro unico credo , ma in realtà i puristi sono pochissimi ,quasi assenti.
Anzi, per me manca il terzo polo, quello dei puristi veri, quelli che coltivano veramente la Taggiasca e campano SOLO con queste olive, quelli che tengono veramente alla loro terra ed alla Liguria, quelli che tengono alle tradizioni ed ai loro antenati che tanto hanno fatto per mettere su questi uliveti, ormai non si capisce più nulla, c'è gente che parla di Taggiasca e poi acquista autobotti di olio che arriva da chissà dove, così non ci siamo, solo che oramai è difficile distinguere i buoni dai cattivi.
Capisco, oggigiorno è quasi impossibile garantire al 100% l'origine di un prodotto, la richiesta è molta, ma se le cose fossero fatte bene, con delle garanzie vere, allora si potrebbe veramente valorizzare un prodotto. l'unica strada per me è la selezione, il Dop, (io parlo dell'olio in quanto produttore), deve garantire la massima qualità possibile, sia chimicamente che organoletticamente, con passaggi controllati in tutti i sensi, dalla pianta alla bottiglia.
Io vedo troppa gente quasi rassegnata, che ha tirato i remi in barca, i veri puristi della Taggiasca per me stanno a guardare cosa succede.
Ti saluto, a presto
Paolo Cassini
Buongiorno Paolo,
sto seguendo con vero interesse la questione Taggiasca poichè, a mio avviso, ha un carattere nazionale e di vasta portata, in virtù della strada che traccerà e dell'esempio che darà.
Non pretendo la purezza assoluta perchè non la ritengo di questo mondo. Tutte le nostre scelte, ivi comprese quelle nella vita privata, sono condizionate da chi siamo, dalla nostra educazione e cultura, dalle persone che ci stanno accanto, dai nostri interessi, dai nostri obiettivi, dalle nostre aspettative, dalla nostra etica e morale.
Talvolta è difficile distinguere le idee buone da quelle cattive, non pretendo quindi di distinguere i buoni dai cattivi.
So però che non sempre ciò che è giusto è utile e non sempre ciò che è utile è giusto.
Dare da gestire a un privato un bene pubblico, non adeguatamente valorizzato e sfruttato dallo Stato, non sempre è la soluzione migliore poichè si rischia che venga gestito in antitesi con l'interesse collettivo (non sempre ciò che è utile è giusto).
Far gestire allo Stato, intese come istituzioni pubbliche, un bene collettivo rischia di non valorizzarlo e di produrre sprechi, corruzione e molti danni (non sempre ciò che è giusto è utile).
Cosa si fa allora? Si lascia il bene pubblico in un limbo non gestito da nessuno? E' ovviamente impossibile e impensabile.
Occorre allora creare una governance o un sistema di gestione che tuteli la natura collettiva del bene, cercando di valorizzarlo il più possibile.
Il nome "Taggiasca" è un bene pubblico, appartenente a tutta la collettività.
Privatizzarlo, ovvero metterlo nelle mani di pochi soggetti, non è giusto, anche se potrebbe essere utile.
Lasciare tutto come oggi, con il nome "Taggiasca" completamente libero, non è utile, anche se è giusto.
Occorre trovare una mediazione, che tuteli la tradizione della Taggiasca ligure, senza perderne la natura di bene collettivo. Occorre un punto di equilibrio, che coniughi giustizia, utilità ed equità. Non sarà certamente perfetto, ma la perfezione, come detto, non è di questo mondo.
Un caro saluto
Alberto Grimelli
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