La voce dei lettori

Nelle mense scolastiche olio d'oliva biologico comunitario, perchè?

Perchè nelle mense scolastiche italiane continua ad arrivare olio comunitario? E' la denuncia e lo sfogo di Mario Brogna. Dopo l'annuns horribilis dell'olivicoltura italiana c'è qualcuno che fa il furbetto, ignorando le regole sull'approvvigionamento territoriale dei cibi per i più piccoli

12 maggio 2016 | T N

Spett. Redazione,

solo una piccola riflessione: lo scorso anno alcuni distributori del catering specializzati per le mense scolastiche ci hanno chiesto di emettere una dichiarazione nella quale si affermava che a causa delle avversità la quantità di olio biologico disponibile era inferiore a quella degli anni scorsi.

Tutto ciò è servito per giustificarsi difronte alle autorità pubbliche a commercializzare olio comunitari o extracomunitari.

Quest'anno che la quantità di olio è superiore alle medie degli ultimi anni e nonostante un drastico abbattimento dei prezzi come mai nelle mense pubbliche continua ad arrivare ancora olio comunitario?

Se la dichiarazione dello scorso è stata valida per sopperire alle carenze nazionali come mai questi signori continuano a fornire nelle nostre mense oli non italiani? 

E le autorità pubbliche perchè non intervengono?

Cordiali saluti

Mario Brogna

 

Gentile Sig. Brogna,

la sua denuncia ci raggiunge proprio mentre il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha deciso di attivare i carabinieri del Nas per "verifiche a campione per capire se la qualità dei cibi delle scuole italiane è garantita: l’alimentazione nelle scuole è importantissima".

Ci auguriamo che i carabinieri di Nas non controllino solo le caratteristiche igenico-sanitarie dei locali e le condizioni di conservazioni degli alimenti, ma verifichino, a tutto tondo, la qualità degli alimenti e anche la provenienza.

Abbiamo già ricevuto rumors di ditte fornitrici di mense scolastiche che forniscono i bimbi di miscele di oli comunitari o extracomunitari. Al netto di diatribe sulla qualità intrinseca di questi oli, su cui non ci addentriamo, il fatto è particolarmente grave poichè la maggior parte delle scuole italiane, spesso per disposizioni regionali, prevede l'obbligo di fornitura di materia prima della regione o comunque dei territori limitrofi.

L'approvvigionamento al di fuori dei limiti stabiliti, spesso intesi come chilometri di raggio dal complesso scolastico, è consentito in casi eccezionali, ovvero in mancanza del prodotto, rifornirsi anche più lontano. Nel caso della campagna olearia 2014/15, anche nota come annus horribilis dell'olio, era legittimo avere difficoltà a trovare olio extra vergine d'oliva biologico italiano.

Nel 2015/16, però, non è più così. Non è ammissibile, quindi, che i bandi vengano aggirati, magari attraverso escamotage legali ma non troppo. So di alcune autorità che hanno dato ai provvedimenti regionali un'interpretazione molto ampia e flessibile, intendendo la restrizione territoriale non all'origine della materia prima ma alla sede dello stabilimento che ha "prodotto" l'alimento. Così sono state aperte le porte della refezione scolastica ai prodotti stranieri.

Vi è quindi un'evidente contraddizione tra i programmi scolastici che incentivano gli orti didattici, la conoscenza della natura e i prodotti del territorio con la dieta quotidiana che invece rischia di diventare la quintessenza della globalizzazione.

Serve una linea guida chiara su questo tema. E' chiaro che in tempi di spending review vi è una volontà generale di risparmio, ma un taglio lineare che coinvolga anche l'alimentazione dei più piccoli, dal punto di vista dietetico e culturale, non è ammissibile. Ci giochiamo il futuro dell'Italia.

Grazie per la sua segnalazione.

Cordiali saluti

Alberto Grimelli

 

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