La voce dei lettori

Il Re è nudo, gli scandali mediatici sull'olio d'oliva sono la conseguenza

Troppe rendite di posizione sull'olio extra vergine d'oliva. Occorre, ci scrive Nico Sartori, “passare da un prodotto commodity ad uno con dignità organolettiche e salutistiche”. Le industrie dell'olio? “La più sana ha il raffreddore”

11 dicembre 2015 | T N

Egregio Direttore,

intanto grazie per aver avviato questo dibattito sulla qualità di questo mare magnum che è la categoria dell’extravergine.

D'altronde i tempi sono maturi.

Certo molto diversi da quando una decina di anni fa per il solo fatto di aver acquistato delle bottiglie nei supermercati ed averle fatte analizzare, venivano posti sotto indagine/incriminati sia Andreas Marz sia il Laboratorio Chimico della Camera di Commercio di Firenze.

D'altronde nelle ultime decine di anni è cambiato il modo di fare olio di qualità: cultura nel prodotto, attrezzature di raccolta, stoccaggio e trasporto, macchinari per l’estrazione e tecniche di conservazione. Un olio buono 20 anni fa potrebbe non soddisfare più i parametri organolettici di panel ben addestrati con l’evoluzione del gusto avvenuta nel tempo dagli oli fatti con cura.

Solo le leggi che dovrebbero determinare i limiti qualitativi sia per gli oli COI sia delle varie certificazioni non si sono adeguate.

Il limite massimo di 0,80 di acidità e “privo di difetti” è l’essenza stessa dell’ILLEGALITA’ DELLA LEGGE.

Lo sanno anche i bambini 0,30 è un valore oltre il quale le difettosità sono molto probabili ed oltre 0,40 certe. Del resto “lo standard n°6 di Federolio consiglia infine parametri chimico – fisici strettamente correlati alla qualità del prodotto notevolmente più restrittivi di quelli di legge”.

Il Re è nudo !

D'altronde è più facile trovare un panel accondiscendente, che dover confutare dei valori analitici non manipolabili se non in maniera fraudolenta. per me via

C’è comunque il modo di oltrepassare anche i parametri chimici molto permissivi: “quando è uscito dallo stabilimento era nei parametri, sono stati i vandali della grande distribuzione a danneggiarlo”.

Molte volte vero, ma da 0,40 di un olio potenzialmente privo di difetti, a 0,80 dello scandaloso limite di legge, L’aumento di acidità è un fenomeno che non è legato alla luce non è un fenomeno ossidativo.

E tutti, industriali e piccoli produttori, quando riusciremo ad acculturare il cliente e superare la pratica della bottiglia trasparente con l’olio torbido? Studiare un contenitore che salvaguardi dalla luce, e dell’ossigeno una volta aperto, sarebbe interesse sia dell’industria come del piccolo produttore.

Il prelievo dei campioni per i concorsi direttamente dai punti vendita potrebbe essere da stimolo per la creatività volta allo studio di un contenitore che possa preservare la qualità, sarebbe altresì un avvicinare la qualità premiata e quella acquistabile dal consumatore.

Tornando ai parametri qualitativi, ci si sarebbe potuti avvicinare alla legalità con il regolamento che doveva introdurre la categoria merceologica Alta Qualità, ma sappiamo tutti la fine che ha fatto un paio di anni fa questa iniziativa.

Creare una categoria merceologica migliorativa della qualità aperta a tutti gli oli, avrebbe comportato un innalzamento dei parametri qualitativi degli oli certificati.

Parimenti avrebbe creato una differenziazione di mercato, aborrita dall’industria.

Di fatto l’Alta Qualità è morta perché avrebbe toccato le rendite di posizione, regolate da parametri fossilizzati da decenni.

I terremoti: vignette del New York Times, Alta Qualità, normativa Australiana, normativa Californiana erano le avvisaglie degli scandali mediatici che sono diventati via via più frequenti e sono espressione di una situazione non più sostenibile.

Finora la politica si è sempre schierata a favore di una categoria, l’extravergine, che di fatto non discrimina in base alla qualità, portata avanti dall’industria. Posizione determinata dal “peso” del fatturato della singola industria rispetto a tanti piccoli olivicoltori che agiscono in modo autonomo. La posizione politica dovrà però essere compatibile con il mantenimento in vita delle aziende olivicole che determinano il paesaggio Italiano tanto decantato in ogni discorso dei nostri rappresentanti.

La mancanza di produzione nel 2014 in quasi ogni parte del mondo, ha comportato lo svuotamento di tutte le vecchie giacenze, al pari di quanto avvenuto nel vino nel 1997, potrebbe portare ad un incremento di prezzi, con conseguenti investimenti da parte delle aziende ed incremento della qualità media sul mercato.

Passare da un prodotto commodity ad uno con dignità organolettiche e salutistiche può far uscire da posizioni che determinano bilanci anche delle industrie dell’olio definite da un suo esponente: “la più sana ha il raffreddore”.

Noi auspicheremmo di avere una industria avveduta e lungimirante, una rappresentanza politica che attuasse il suo ruolo di raccordo al fine di preservare l’ambiente e la salute dell’ intera popolazione.

Noi piccoli produttori nel frattempo dobbiamo essere disponibili a trattare senza preclusioni integraliste, ma comunque consci che se uniti possiamo essere i più forti.
O adesso o mai più!

Nico Sartori
Fattoria Altomena

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filippo Alampi

16 dicembre 2015 ore 22:40

Di follie ne esistono molte, l'ultima in ordine cronologico è la pessima tutela del made in Italy.
Ce ne vogliamo rendere conto che con la sola sanzione pecuniaria di € 9500 stiamo vendendo l'anima al diavolo!

ferdinando de marte

14 dicembre 2015 ore 20:30

dopo la lettura di questo articolo, con tutto il rispetto devo dire che siamo alla follia più pura......inoltre il termine la più sana ha il raffreddore è riferito al fatto che la maggior parte delle industrie olearie navigano finanziariamente in brutte acque proprio per l'esiguo valore aggiunto che applicano sul prezzo del venduto, per tutta una serie di motivi che sarebbe lunga da spiegare.....