La voce dei lettori 05/10/2013

Occorre ripetibilità, riproducibilità e accuratezza ma a spaventare è l'”umanesimo” del panel test

Occorre ripetibilità, riproducibilità e accuratezza ma a spaventare è l'”umanesimo” del panel test

Due visioni diametralmente opposte quelle proposte da Gennaro Forcella, presidente Federolio e Domenico D'Alessio, capo panel. Vent'anni di storia ripercorsi in maniera molto diversa e, manco a dirlo, ipotesi non conciliabili per un percorso futuro di riforma del panel test


Caro dott. Grimelli,

ho letto con interesse il Suo articolo sul panel test su “Teatro Naturale”  (ndr Il panel test è una pistola scarica o caricata a salve) e Le confesso che sono rimasto veramente un po’ perplesso. Certo non pretendo che Lei riprenda gli argomenti alla base della posizione della Federolio sulla materia (peraltro nota ai lettori di “Teatro Naturale”), argomenti che ho avuto il piacere di sottoporre alla Sua attenzione anche in forma scritta poco mesi orsono.

Ma non intendo annoiarLa riproponendoLe la lettera inviata dalla Federolio alla Commissione europea sul panel test ; vorrei solo limitarmi ad alcune brevissime considerazioni.

Lei dice che il panel test è una pistola scarica o caricata a salve. Ma per stare alla Sua metafora, occorrerebbe anche vedere se il panel sia una pistola che mira al bersaglio giusto.

I metodi ufficiali debbono garantire la ripetibilità, la riproducibilità, l’accuratezza. Il panel garantisce tutto ciò? Sarebbe interessante che i “pistoleri” della Sua metafora si sottoponessero, oltre che ai rituali ring test, anche semmai a prove un po’ più pubbliche e verificabili.

Il panel test è stato ripetutamente modificato dalla normativa comunitaria; ma una cosa la normativa stessa ha chiarito benissimo fin dal 1998 e cioè che il metodo resta connotato da una certa soggettività. E’ in  quella circostanza che la regolamentazione comunitaria fa anche riferimento all’opportunità dell’introduzione di metodo di analisi più adeguati. E siamo, ripeto, nel 1998.

Certo un “aiutino” contro la soggettività lo darebbe pure un fatto che tutti ci rassicurerebbe e che la Federolio ha posto ripetutamente in evidenza e cioè che i due panel di revisione non sapessero di essere tali: come dice Lei, è importante il giudizio umano sull’olio vergine ed extravergine di oliva ma sarebbe proprio meglio  garantire la genuinità del giudizio stesso, ad esempio prevenendo il rischio di eventuali condizionamenti legati alla conoscenza del fatto che comunque l’olio esaminato è già stato bocciato da un altro panel ufficiale.

Poi, visto che parliamo di “difetti”, sarebbe interessante capire se almeno il difetto principale coincide per almeno due dei tre panel coinvolti nella procedura di controllo delle caratteristiche organolettiche, evitando una confusa e incoerente indicazioni di vari  ed eterogenei difetti.

Né, per vero, sono infrequenti i casi in cui un olio è sì bocciato, ma con tre giudizi diversi rilasciati da altrettanti panel (ad es. quello di prima istanza lo giudica “vergine” e quelli di revisione lo giudicano uno “extra vergine” e l’altro “lampante”).

Non voglio correre il rischio di ripetermi, ma ormai sono vari gli studiosi che dicono che sarebbe proprio meglio affiancare al panel test analisi strumentali che ne confermino il giudizio. Non sono un tecnico, ma è chiaro che se c’è un difetto, c’è anche una sostanza che ne è responsabile e che, sulla base di studi che non sono certo in una fase iniziale, può essere oggetto di un’analisi strumentale che si affianchi al panel test.

Ma se in attesa che questi studi siano completati, si applicasse il panel test così come andrebbe applicato (senza apportare modifiche di sorta alla regolamentazione comunitaria vigente) e come suggerito dalla Federolio nel suo documento sulla materia, sarebbe già un bel passo avanti. E non ci sarebbe posto per i bizantinismi e gli imbrigliamenti, dato che si tratterebbe semplicemente, per il resto, di prelevare e campionare correttamente gli oli (cosa che si deve fare per tutte le analisi e in particolare per quelle relative a determinazioni “sensibili” al tempo e alle scorrette modalità di conservazione e trasporto).

Quanto  all’abolizione del  panel test, questa non certamente è la parola d’ordine della Federolio; per quello che mi consta ci sono posizioni (di cui se ben ricordo si è parlato anche su “Teatro Naturale”), invece, che non si limiterebbero a chiedere l’abolizione del panel ma tenderebbero a mettere in discussione tutta l’impalcatura della regolamentazione odierna sulle caratteristiche chimico fisico organolettiche degli oli di oliva.

Strano a dirsi, ma anche i sostenitori di quest’ultima posizione, vogliono tornare al giudizio dell’uomo: se un olio extra vergine di oliva viene gradito dall’uomo  perché fare tutte le analisi oggi previste dalla regolamentazione comunitaria e del C.O.I.?

Non riesco invece a comprendere bene il Suo accenno alla funzione positiva della normativa sul panel test introdotta dal c.d. “decreto sviluppo” non foss’altro perché lo stesso Ministero ha recentemente chiarito che le norme di quel decreto intendono muoversi rigorosamente sul suolo della normativa comunitaria.

La ringrazio per l’attenzione e nel tenermi a Sua disposizione per ogni approfondimento, Le porgo i migliori saluti.

 

Gennaro Forcella

Presidente Federolio

 

Caro Alberto,

vorrei commentare il tuo articolo su TN del 21 Settembre 2013 sul Panel Test e sulla Analisi Sensoriale, oggetto della nostra passione in AsCOE, che si è prodigata proprio recentemente, con piacevole fatica e sotto la guida del nostro capo panel, Luciano Scarselli, nella costituzione di un proprio Comitato di Assaggio, del quale faccio parte anche io ed altri assaggiatori già presenti nel Comitato di Assaggio della Camera di Commercio di Pisa.

E tu, senza pudore, ci obblighi a constatare una presunta inutilità degli infaticabili sforzi di quei primi e grandi maestri, tra i qual l'indimenticabile Mario Solinas, del metodo sensoriale per l'olio di oliva che non sarebbero serviti a garantire l'assenza dalla nostra tavola di olio senza difetti!

Grande verità ed è verità ancora più generale!

Sappiamo tutti, infatti, che le norme particolareggiate per i controlli di conformità sull'olio di oliva previste dagli art. 2 e 2 bis del Reg. (CE) 2568/91 non hanno garantito che l'olio di oliva per il quale è stata stabilita una norma di qualità sia effettivamente conforme alla norma stessa e che la previsione delle opportune sanzioni, a seguito di accertamento della non conformità, da parte degli Stati Membri, ai sensi del Reg. (CE) 1234/2007, non ha minimamente scongiurato i rischi di frode.

Ed è la stessa Commissione Europea che, alla fine, rilevando che la tutela dei consumatori non è stata pienamente garantita dal regolamento (CE) 2568/91 relativamente al rischio della mancanza di conformità, in particolare, aggiungo io, per quella organolettica, degli oli di oliva rispetto alla qualità dichiarata, sembrerebbe tentare un rimedio con il regolamento 299/2013, che modificando ancora una volta il 2568/91, introduce il principio che il controllo di conformità sia effettuato in base ad una analisi di rischio e detta i relativi criteri di valutazione.

Peraltro, come sai, per questo, è scattata anche molta fibrillazione nella filiera olivicola-olearia nazionale, relativamente ai presunti maggiori carichi burocratici che ne deriverebbero.

E non è forse anche lo stesso decreto sviluppo, a cui fai riferimento, con l'art. 43, 1-ter, la controprova della constatazione del fallimento del panel-test, avendo qualcuno, in sostanza, dovuto ribadire, quanto già implicitamente previsto, a mio avviso, nella normativa esistente e concedere, per questo, forse meritevolmente, un inevitabile e necessario contentino a qualche organizzazione agricola? La legge Mongiello-“Salva Olio” serve innanzitutto a comprendere a che punto siamo e cosa non è stato fatto nell'ultimo ventennio.

Stiamo quindi prendendo amaramente atto che sull'olio a distanza di 22 anni dalla prima normativa organica e seria sulla materia, quale è stato il 2568/91, siamo al punto zero?

Ti domandi e ci domandi retoricamente perché tanta preoccupazione per il panel test e perché tanta e troppa critica avanzata da una parte del mondo oleario e le conseguenti mortificanti pastoie burocratiche per qualcosa che sembrerebbe non aver disturbato minimamente la presenza in commercio di troppe bottiglie di olio che di extravergine hanno solo l'etichetta.

Forse allora dobbiamo semplicemente estendere la tua intelligente domanda e chiederci esattamente cos'è che fa paura del panel test.

Evidentemente, in realtà, il prezioso e rivoluzionario lavoro di quei primi maestri, che ha permesso di valutare oggettivamente le caratteristiche olfatto-gustative dell'olio di oliva, ha dato e continua a dare i suoi frutti.

E allora non siamo al punto zero.

E quindi hai ragione tu, caro Alberto.

Ciò che spaventa veramente è “l'umanesimo” del panel-test.

E' l'aver messo l'uomo al centro, e non il prodotto, rendendo “oggettiva” la sua insostituibile capacità di valutazione, ma anche di riflessione e di condivisione.

E' per questo che l'interesse per la qualità sensoriale cresce e non smette di crescere e altri si avvicinano e si incuriosiscono alle sensazioni che “produce “ l'olio e alla possibilità di “misurarle” e imparano e si appassionano e trasmettono le loro emozioni e la loro conoscenza a chi consuma e a chi produce l'olio perché il primo impari a scegliere quello buono e a rifiutare quello cattivo e il secondo a farlo sempre meglio, l'olio.

E' un'onda contaminante che non risparmierà nessuno!

E questo noi lo sappiamo e lo vediamo ogni volta che parliamo di olio e della sua valutazione sensoriale in ogni occasione e in ogni incontro e soprattutto nei corsi di formazione per assaggiatori come è successo nell'ultimo che abbiamo gestito come AsCOE per conto della Camera di Commercio di Pisa, dove gli ultimi giorni, tutti, ma proprio tutti, erano ormai preda della necessità di voler far parte di un comitato di assaggio!

Torniamoci alle origini, quindi, e riformiamolo il panel test, se necessario, tenendo presente che il tuo “troppo semplice” non è mai troppo!

Molti saluti

 

Domenico D'Alessio

Assaggiatore e capo-panel abilitato

 

Basterebbero queste due lettere per far comprendere le posizioni, diametralmente opposte, rispetto al panel test.

Si tratta di sensibilità diverse perchè rispecchiano modi assolutamente distinti, entrambi meritevoli di rispetto, di vedere, concepire e sentire l'olio extra vergine d'oliva.

Il Presidente Forcella intende l'olio come un prodotto prettamente commerciale, quindi soggetto prioritariamente alle regole di mercato, della domanda e dell'offerta, il braccio di ferro negoziale con GDO e importatori. L'olio extra vergine d'oliva è una commodity da vendere alle migliori condizioni cercando di spuntare margini di guadagno imprenditorialmente interessanti.

Domenico D'Alessio vive invece l'olio come un prodotto emozionale, dove sono le caratteristiche, chimiche, organolettiche e nutraceutiche, a fare la differenza. Non a caso parla di “onda contaminante”. E' il passaparola, il mezzo con cui si trasferiscono conoscenze e passioni. L'olio extra vergine d'oliva si svincola così dalla logica commodity per entrare in un'altra dimensione.

E' chiaro che, tra le due visioni, non ci può essere alcun punto di contatto perchè stiamo parlando, a tutti gli effetti, di prodotti diversi: un olio industriale e un olio artigianale.

Forse è da qui che si dovrebbe partire, senza ipocrisie, cercando di comprendere se al panel test spetta un ruolo di tutela o di valorizzazione.

Non voglio quindi esimermi dal rispondere alla domanda, per nulla retorica: “se un olio extra vergine di oliva viene gradito dall’uomo  perché fare tutte le analisi oggi previste dalla regolamentazione comunitaria e del C.O.I.?”

E' chiaro che se il panel test ha una funzione di tutela, gli assaggiatori, indipendentemente dalle preferenze del consumatore, devono sincerarsi che arrivi sul suo tavolo un prodotto rispondente alla categoria merceologica che prevede, per l'extra vergine, l'assenza di difetti. Per ottenere questo risultato il panel test deve essere messo nelle condizioni di funzionare e, stante le critiche che vengono da ogni parte, oggi non è così.

Diverso il ruolo di valorizzazione, in cui al panel test si contrapporrebbero certe azioni promozionali, di marketing e comunicazionali, che vogliono un'indifferenziazione sostanziale del prodotto olio extra vergine d'oliva, mettendo sullo stesso piano, e quindi rendendo confrontabili, il prodotto commodity e quello artigianale.

E' evidente che, stante le posizioni espresse, un percorso condiviso di riforma del panel test è molto difficile, per non dire impraticabile.

Cordiali saluti

Alberto Grimelli

di T N

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Commenti 12

Lorenzo Polacco
Lorenzo Polacco
16 ottobre 2013 ore 13:07

LA PENTOLA BOLLE, BOLLE, MA CHI METTE GLI INGREDIENTI ?
Premetto che quanto scrivo è puramente una mia opinione da piccolo produttore, senza intenzione in alcun modo di offendere e discriminare alcuno.
In riferimento agli articoli sopra citati, ritengo che la verità si trovi sempre nel mezzo. Purtroppo anche sul mondo affascinante dell’olio c’è del campanilismo, disgregazione, e quanto descritto negli articoli ne è la prova. Non solo: quante micro associazioni sull’olio ci sono? Un’infinità, tutte piccole d’importanza irrilevante senza alcun peso politico, senza tener conto delle scuole per stranieri (soprattutto Giapponesi) che quasi “estorcono” il denaro. Tutti alla fine parliamo la stessa lingua con un unico obbiettivo: far comprendere e diffondere la conoscenza dell’olio extravergine di oliva “ quello vero” con l’obbiettivo dei produttori della commercializzazione.
Domanda da incolto: se l’obbiettivo è unico, perché non si trova il modo di arrivarci insieme? Forse le varie associazioni hanno obbiettivi ed interessi diversi? Quali?
Perché non viene creata un'unica istituzione o associazione ufficiale Italiana che garantisce ai produttori e consumatori sia italiani che esteri del prodotto di eccellenza e per aver importanza ed influenza politica oltre alla qualità anche del prezzo di questo alimento? Le altre associazioni saranno dei dislocamenti dell’associazione ufficiale per contribuire nel territorio la mission. La verità sta nel mezzo, infatti concordo sia con Il Sig. Gennaro Forcella che con il sig. Domenico d’Alessio. Porto un esempio capitato lo scorso hanno a favore di Gennaro Forcella. Tra dicembre e febbraio ho fatto analizzare tre volte 2 diversi oli a due pannel diversi. Ne prendiamo per campione 1 olio monovarietale, la prima e la terza volta lo stesso Pannel. Quanto scrivo ovviamente è provato da documentazione. 1° assaggio voto 7.8, 2° assaggio pannel diverso voto 8.5, 3° assaggio stesso pannel del 1° voto 7.1. Può arrivare secondo voi in due mesi da 8.5 a 7.1 un olio in giro di due mesi? Si se viene messo d’avanti ad un caminetto. Concordo con il sig. Domenico D’Alessio che la prova Pannel sia fondamentale. Se un olio è artigianale o industriale non fa differenza, l’importante che abbia i requisiti che intendiamo noi assaggiatori, si vedrà di conseguenza che anche i costi a livello industriale livieteranno sensibilmente. La soluzione? Se state insieme la trovate! E magari riempite anche la pentola. Ricordatevi del sale.
Cordiali saluti
Polacco Lorenzo
www.poldoservice.it

Donato Galeone
Donato Galeone
08 ottobre 2013 ore 12:30

Sig.Direttore Grimelli, gli ultimitre commenti(Sigg.Breccolenti,Celletti,D'Alessio) hanno sollecitato altro mio commento, non breve e mi scuso,per informare di un
recentissimo evento promosso dalla Camera di Commercio di Frosinone, con l'avvio di SALA PANEL,inaugurata il 20 settembre 2013.

L'evento è statoanche da me commentato su www.unoetre.it il 24 settembre u.s. titolato"CAMPAGNA OLIVICOLA E SOMELIER DELL'OLIO".

A mio avviso la notizia si riflette,complessivamente, in almeno tre aspetti di contenuto negli ultimi tre intervent:
1- per la diffusione del metodo che dai Grandi Padri è passato all'Assaggiatore (Celletti);
2- che non tutti gli extravergini sono uguali ed è sulla differenza(Grimelli,D'alessio) la tutela conoscitiva per il consumatore e la valorizzazione del prodotto;
3- per l'importanza del metodo di giudizio valutativo da tutelare con investimenti giusti(Broccolenti).

Ben sin inserisce l'evento frusinate, pubblicizzato,per "la Provincia di Frosinoine e la Città un momento storico" dal:

-Presidente Camera di Commercio che " la inaugarazione della SALA PANEL, attrezzata e con preparati Assaggiatori, esperti professianalizzati, per saggiare e attesrare la qualità degli oli di oliva, favorirà la conoscenza del prodotto e la promozione delle vendite in Italia e all'estero;

-Assessore Agriicoltura Regione Lazio che" l'iniziativa mira a fra prendere consapevolezza anche al momdo della produzione olivicola che nel Lazio ci sono tante eccellenze territoriali di oli di oliva e dobbiamo ripensare una programmazione, un nuovo marketing, partendo proprio dalle eccellenze del territorio.

La SalaPanel anche a Frosinone, quindi, essenzialmente in funzione promozionale di aggreazione quantitativa varietale di materia prina - le olive - da produrre con regole disciplinate e condivise in tutte le fasi di produzione, fino alla raccolta e trasformazione - in partire uniche di qualità e varietà - in frantoi adeguatamente attrezzati non solo tecnologicamente.

Un paneltest a seguire - operativo e per lotti di 5.000-10.000 litri di olio stoccati in silos inox, conservato sottoazoto a temperatura costante (14-15°C) - completato da analisi chimico-fisico in laboratori riconsociuti dalle istituzioni pubbliche, tanto per determinare le specifiche classifficazioni merceologiche quanto per attestare le caratteristiche organolettiche,specifiche qualitatitive,del "frutto olivs" in olio
extravergine.

Con i vari marchi depositati e leggibili in etichette, attestanti sia le origini delle olive che i luoghi della loro trasformazionein e del confezionamento dell'olio - preferibilmente nella Città dell'Olio di Vallecorsa - si considera possibile migliorare il valore aggiunto del prodotto nella competizione commerciale, pianificando la costruzione del carrello degli oli extravergini eccellenti anche della Ciociaria.

Non sarà facile, indubbiamente, ma non è neppure impossibile per far conoscere e migliorare le qualità di prodotto da olivi italiani, potenziale di valore aggiiunto.
Anche con panel test da rendere meno burocratico, operativo e sostenibile nei costi.

Mi scuso, Direttore, ma ho pensato all'evento frusinate, quale buona notizia a sostegno del panel test.
Donato Galeone

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
08 ottobre 2013 ore 10:59

Caro Breccolenti,
il mondo oleario si può segmentare in vari modi.
Un modo semplice, ed efficace, è quello di distinguere tra oli buoni e altri meno buoni. In questi caso la differenza la fanno le qualità intrinseche del prodotto, chimiche e organolettiche.
Vi è però anche un'altra prospettiva, a mio modo di vedere, che si evidenzia con due parole: standardizzazione (olio industriale) e differenziazione (olio artigianale).
Innanzitutto, per amore di chiarezza, commercianti e industriali non fanno l'olio ma lo assemblano. Chi fa l'olio sono i frantoiani. Si tratta, per entrambi, di attività onorevoli se portate avanti con coscienza e competenza.
Commercianti e industriali lavorano in una logica di competizione di costo. Questo li porta, ovviamente, a ricercare sul mercato grandi quantità di oli uguali al minor prezzo possibile. Vi sono dunque frantoiani che, lavorando per vendere oli all'industria, progettano il loro impianto oleario e la loro attività in funzione di ottenere la massima resa e oli con caratteristiche standard, ovvero senza particolari pregi chimici e organolettici. La Spagna, ad esempio, con l'abbandono del sistema partitario, è andata proprio in questa direzione.
I frantoiani che lavorano in una logica di differenziazione (artigiani) invece tendono a esaltare le differenze e a strutturare il loro impianto oleario e la loro gestione in ragione delle caratteristiche del territorio, delle olive dei loro conferitori ecc ecc. Proporranno sul mercato una gamma di oli diversi, con ciascuno una propria personalità.
Competenza, professionalità e coscienza vi sono in entrambi questi settori, ma si declinano in maniera assai diversa, dando luogo a oli che sono profondamente diversi. Non è solo questione di “piccoli” e “grandi”, non è solo questione di qualità intrinseche del prodotto ma di approccio all'extra vergine e al mercato.
Io consumatore posso rivolgermi tanto a Ikea quanto a un artigiano per realizzare la mia cucina. Nel primo caso avrò un prodotto standard, nel secondo un prodotto fortemente personalizzato, unico, perchè realizzato solo per me. Entrambi possono rispondere alle mie esigenze e aspettative.
Il prodotto standard non è meglio del prodotto artigianale, è semplicemente diverso, e posso rimanere deluso tanto dal prodotto industriale quanto dal prodotto artigianale. Questo implica che, tanto nei prodotto artigianali quanto nei prodotti industriali, vi possono essere oli buoni e meno buoni.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

giovanni breccolenti
giovanni breccolenti
07 ottobre 2013 ore 19:17

Sign. Grimelli, non sono molto d’accordo con questa divisione "oli industriali e oli artigianali" o almeno non ho capito cosa vogliano dire queste due terminologie associate alla produzione di olio. Per me esistono gli oli fatti bene e quelli meno bene, una filiera che funziona e un'altra che ha delle falle. Organizzazione passione e alta professionalità è cio’ che fa la differenza in un olio a prescindere dalle quantità prodotte. L'olio artigianale(cioè quello fatto da piccole realtà) non è sempre una Ferrari, come un olio industriale fatto bene potrebbe avvicinarsi di molto a una Ferrari. E' solo una questione di competenza e bravura umana. I decanter, le centrifughe, le gramole i frangitori, le olive sono gli stessi, differiscono solo la dimensione del tutto e i cervelli che li conducono.
Mi riallaccio con questo alle problematiche sollevate dal sign. Forcella a anche all’ultimo post del sign. Celletti sulla difformità dei giudizi dei vari panel e quindi alla loro non proprio cristallina competenza. Uno sente piu’ il riscaldo un altro l'avvinato, un'altro ci sente il rancido e cosi via cosa che alla fine non fa altro che screditare questo importante metodo di giudizio valutativo, determinante per innalzare il livello qualitativo del prodotto olio nel nostro paese. Siamo sempre li, è sempre la solita problematica della bravura e professionalità umana. Ma come si aumenta questa, di modo che le difformità di giudizio fra vari panel siano ridotte ai minimi termini? Con selezioni ferree sia degli assaggiatori che dei capipanel, allenamenti continui degli assaggiatori (il ring test deve essere solo un test finale che segue un lavoro annuale costante di assaggio) panel tutelati e il piu’ possibile indipendenti. Avviene questo? Ci sono gli investimenti giusti perché cio’ avvenga?

Gino Celletti
Gino Celletti
07 ottobre 2013 ore 14:41

Caro ALberto
mentre leggevo la lettera del Presidente di Federolio Gennaro Forcella ad un certo punto ho temuto che la questione si andasse ponendo come per gli arbitri di calcio e cioe' se si dovesse introdurre la tecnologia per vedere bene se il "fuorigioco" o il "mani" c'erano o no.
Ma qui non si tratta di uno spettacolo, qui si tratta di dare al consumatore un olio che serva alla sua salute oltre che al suo piacere.
La tecnologia nell'olio e' arrivata prima del Panel Test e i grandi illuminati come Solinas, Isnardi e co. si sono inventati il Panel Test proprio perche' la tecnologia veniva regolarmente truffata, abusata e nei miigliori dei casi ignorata.
La paura vera ed inconfessabile di chi osteggia il Panel Test e che esso diventi uno strumento di "autodifesa" contro la porcheria che alloggia sui nostri scaffali. Immaginiamooci cosa succederebbe se domani il Panel Test uscisse dalle stanze con le feritorie per essere praticato su tutte le tavole come oggi si fa per sentire il TCA del tappo! Un disastro per chi offre oliaccio. E allora ecco che si usa la classica tecnica dell'eliminazione dell'avversario. 1)DUBBIO. 2)DISCREDITO. 3) GUERRA. Ma la storia insegna che questo sistema non funziona o funziona troppo lentamente. Il Panel Test e' inarginabile. La gente lo capisce e se non tutti i Capi Panel e gli Assaggiatori sono all'altezza di dare risposte univoche allo stesso campione non importa, cio' che conta e' la diffusione del metodo che dai Grandi Padri e' passato all'Assaggiatore, da lui alla sua famiglia ed ai suoi amici e cosi' via, a macchia d'olio, al mondo dei consumatori. Ecco perche' il Panel Test va protetto per legge, per il suo valore sociale educativo, un valore come diceva D'Alessio "contaminante", si uno Tzunami contaminante, che avvicina sempre piu' il consumatore all'olio buono. Gli industriali se ne facciano una ragione, economica prima e strategica subito dopo, rivedendo il foresat delle loro aziende che non potranno sostenere piu' a lungo margini sempre piu' esigui, direzionando il consumatore con messaggi anacronistici e oli da 3 euro al litro.

domenico d'alessio
domenico d'alessio
07 ottobre 2013 ore 10:55

Caro Alberto,
il dibattito che hai meritevolmente scatenato con il tuo articolo sul panel test appare molto interessante ma sembrerebbe viziato da questioni di fondo.
Mi permetto di entrare a gamba tesa sul problema tentando di riportare alla attenzione di tutti alcuni aspetti fondamentali.
La valutazione sensoriale dell'olio di oliva è nata negli anni settanta ad opera dei ricercatori dell'Istituto de la Grasa di Siviglia.
Grazie al contributo scientifico determinante di Mario Solinas, il Consiglio Oleicolo Internazionale ha adottato il metodo di valutazione nel 1987 e nel 1991, con il Reg. 2568, il legislatore comunitario, che rappresenta le pubbliche volontà, fino a prova contraria, ha definito la conformità chimico-fisica e organolettica degli oli di oliva, fissandone i limiti di legge (all.1) e stabilendo le metodiche scientifiche per l'accertamento delle caratteristiche qualitative dell'olio di oliva.
Con il ben noto allegato XII del 2568/91 viene descritto il metodo per la valutazione organolettica degli oli vergini di oliva(Metodo C.O.I.).
Ora mi scuserai per questo noioso richiamo ma mi serve per sottolineare che in tutti questi anni che hanno portato a modifiche ed integrazioni, se non sbaglio, per ben 13 volte, del 2568/91 nessuna autorità scientifica, unicamente titolata a poterlo fare, ha mai messo in discussione né la validità né l'applicabilità del metodo sensoriale.
Anzi, tutti gli studi e le ricerche hanno rafforzato e migliorato le possibilità applicative del metodo valutativo mettendolo in connessione anche con l'accertamento strumentale delle molecole aromatiche responsabili delle sensazioni che produce l'olio.
E molte frontiere si sono aperte in tal senso ma, ad oggi, rimane ferma la validità applicativa del panel test come metodo valutativo, alla stregua di qualsiasi altra metodica prevista dal 2568/91, e ciò fino a quando la Scienza Sensoriale non lo riterrà superato.
Certo tutto è migliorabile! Ma gli argomenti tesi ad evidenziare la mancata coincidenza di valutazione per lo stesso olio da differenti panel a supporto di un presunto eccesso di soggettività del panel test sono “non argomenti” e nascondono in realtà altri scopi, semplicemente perché le prove dei ring-test a cui sono sottoposti i panel dimostrano esattamente il contrario, come segnalato dal CRA di Pescara in occasione dell'ultimo convegno sul ring test nazionale.
Allora, per concludere, se un olio si vuole chiamare extravergine deve rispettare tutti i parametri previsti per questa categoria merceologica a tutela di chi comprando quell'olio sa di essere garantito rispetto a quei 28 parametri previsti e fissati in soglia minima o massima per legge.
Per ritornare alla tua bella metafora sulla Ferrari, se la tua onesta Fiat non avesse le ruote non sarebbe “un'automobile”, categoria alla quale appartiene, ovviamente, anche la Ferrari.
E per l'appunto, come le automobili, non tutti gli extravergini sono uguali e concordo assolutamente con te sulla differenza tra tutela del consumatore e valorizzazione del prodotto.
Allora, per quest'ultimo aspetto, chi vorrà pensare di smarcarsi lo potrà fare solo verso l'alto e dovrà attuare strategie che rispettano innanzitutto le necessarie ed indispensabili garanzie rispetto a profili qualitativi e di processo di elevato valore.
In questo senso sono aperti vari cantieri e vedremo cosa succederà nell'immediato futuro, ma oggi, intanto, è doveroso smascherare le malcelate ipocrisie di coloro i quali ergendosi a “difensori dell'oggettività” in realtà perseguono lo scopo di allentare, ancora di più di quanto già accaduto, le maglie di un sistema di garanzie minime al fine di poter operare al di fuori di qualsiasi valutazione di tipo organolettico, rendendo, indirettamente, in questo modo, molto più facile la prosecuzione anche di quelle frodi sull'olio purtroppo molto diffuse nel nostro bel paese.
Molti saluti.
Domenico D'Alessio



Donato Galeone
Donato Galeone
05 ottobre 2013 ore 23:17

Sappiamo non da oggi che un olio "difettato" - all'odore-sapore, di fatto, pur non certificato, sia con che senza panel test,ma etichetttato anche nominalmente e merceologicamente "olio extravergine di oliva" sarà, indubbiamente e assolutamente, un prodotto alimentare di "bassissima qualità".

E sarà, purtroppo,venduto a prezzo non altrettanto basso e forsanche fraudolentemente.

Ma sappiamo,tutti, che l'olio di oliva - etichettato "extravergine di alta qualità" e ottenuto da olive di qualità integra e raccolte/molite entro le 48 ore, con metodi e tempi adeguaiti sia artigianali che industriali, stoccato e conservato a temperature costanti, sarà - certamente - olio di "frutto autentico" di quelle stesse olive di qualità integre varietali.

Se, poi, si vogliono praticare percorsi più profittevoli o più sofisticati artatamente ....dichiariamoli.....pur nel rispetto di posizioni diverse,si,ma anche chiarissime e non equivoche verso il consumatore, che paga e vuole conoscere le "vere" qualità di prodotto in sicurezza alimentare.

Pur nel rispetto dovuto sia alle Fiat che alle Ferrari, queste vetture, devono essere efficienti e non disagevoli, prevalentemente nell'uso destinato al trasporto di persone.

Come dovremmo demandare anche agli "armaioli le pistole cariche o a salve"....... che non servono ai produttori, tasformatori e confezionatori aggregati in "vera filiera locale praticata e responsalbilmente certificata, nonchè, altrettanto responsabilmente verificata ad ogni livello, in Italia e all'estero con la italianità del prodotto.
Donato Galeone

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
05 ottobre 2013 ore 17:22

Mi permetto di dissentire sul fatto che il panel oggi “discrimina oggi tutto ciò che non è Ferrari.” Fosse così non avremmo oli difettati in commercio, né ci sarebbero lamentele costanti in questo senso. Il consumatore avrebbe solo Ferrari tra cui scegliere e così non è.
Purtroppo in commercio, e non solo tra gli oli industriali, vi sono prodotti difettati.
E' evidente quindi che c'è un problema. Personalmente, conoscendo il metodo e frequentando i panel, l'ho individuato in un certo bizantinismo delle regole e in una iperburocratizzazione che fa in modo che, alle volte, il panel ragioni con la testa più che percepire con i sensi.
Per quanto riguarda l'unicità dell'olio extra vergine d'oliva che, solo nel mondo alimentare, prevede il panel test, non sarà forse derivato dalla stessa definizione merceologica che lo vuole privo di difetti? Basterebbe eliminare questa caratteristica, all'interno della definizione merceologica, per eliminare il problema ma finchè non sarà così, il panel test deve rimanere, come unico strumento in grado di “garantire” l'assenza di difetti.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

GIANLUCA RICCHI
GIANLUCA RICCHI
05 ottobre 2013 ore 16:49

Non ci siamo capiti ma del resto non mi stupisce non so perchè; io non insisto nel sostenere che un olio di dubbia qualità ,ovvero frutto di errori, è comunque extra vergine.Questo lo dice lei dott.Grimelli, io credo fermamente che il Panel test sia un delicato strumento che deve imparare a distinguere inevocabilmente quello che sta assaggiando e non discriminare per forza tutto ciò che non è "Ferrari". Oggi il Panel è questo.

Ho fatto l'esempio del Sauternes francese, chiamato anche Muffa nobile, vino per le mie papille gustative imbevibile, soltanto per evidenziare il fatto di quanto il marketing abbia lavorato con successo in quel prodotto. Il consumatore poi ha fatto il resto. Proprio così, il consumatore colui che è in grado di poter scegliere qualsiasi prodotto alimentare e bevanda senza avere papille gustative che si sostituiscono alle proprie.

Del resto il consumatore è in grado di saper scegliere fra tutti i prodotti alimentari e bevande che ci sono nel mercato escluso l'olio di oliva, ecco perchè per l'olio e soltanto per l'olio è nato il panel test.
Cordiali saluti.


Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
05 ottobre 2013 ore 10:10

Vedo che si continua pervicacemente a ignorare la differenza esistente tra tutela del consumatore e valorizzazione del prodotto.
Il gorgonzola, ma questo vale per molti altri prodotti frutto di errori (lo Champagne per esempio), si è conquistato una propria dignità, un proprio spazio, una propria denominazione. Champagne, Sauternes e gorgonzola, insomma, non si sono appropriati della denominazione del prodotto che li ha “partoriti” ma se ne sono staccati, creandosi una propria identità. Viceversa qui vedo si insiste a sostenere che un olio di dubbia qualità, ovvero frutto di errori, è comunque extra vergine. Se l'olio standard volesse staccarsi dalla denominazione extra vergine, sosterrei e appoggerei questa battaglia. Sarebbe un'operazione di meritevole chiarezza.
Se poi, Dott. Ricchi, lei dicesse a un proprietario di Ferrari che lui possiede un'auto probabilmente si offenderebbe. Lui non ha un'auto ma una Ferrari. Mentre bastano, metaforicamente parlando, quattro gomme e un motore per fare un'auto, la Ferrari, è qualcosa di diverso. E' un'idea, è un'aspirazione, è un'immagine. Ogni proprietario vi cerca qualcosa di diverso ed è per questo che a Maranello offrono mille possibilità di personalizzazione, pur mantenendo fortemente caratterizzata l'identità Ferrari. C'è addirittura un passo in più. Io non ho una Ferrari, io ho la mia Ferrari.
Credo di aver già fatto abbastanza pubblicità al Cavallino Rampante ma essendo nato a Monza, mi auguro che i lettori mi perdoneranno.
Volendo fare quindi un confronto, per me, l'olio industriale è un'onesta Fiat mentre l'olio artigianale è una Ferrari.
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

GIANLUCA RICCHI
GIANLUCA RICCHI
05 ottobre 2013 ore 09:13

Chissà cosa sarebbe successo al grande Sauternes freancese o al grande Gorgonzola italiano se vi fosse stato il panel test. Due eccellenti prodotti nati da errori produttivi ma che oggi son l'eccellenza nel loro segmento. Ferrari e Fiat sono autovetture, Sassicaia e Tavernello sono vini, Rolex e Swatch sono orologi,tutti siamo in grado di riconoscerne la loro differenza.L'olio extravergine di oliva invece è olio extravergine di oliva questo forse è il problema. Sicuramente ha ragione il Dott.Grimelli quando parla di olio industriale e olio artigianale entrambi extra vergine ma di evidente differenza qualitativa. Forse le cose sono cambiate, io mi sono "diplomato" Capo Panel nel 2003, ma a quell'epoca la scuola formava i propri allievi nell'assaggiare l'eccellenza come unico olio extravergine nel mercato e declassando viceversa tutto il resto a olio di dubbia qualità. Questo cari signori sta arrecando grandi danni agli operatori di settore e all'immagine del nostro Paese. Riflettiamo bene e meglio ne vale davvero il futuro delle nostre imprese.

Giandomenico D'Elia
Giandomenico D'Elia
05 ottobre 2013 ore 07:50

Buongiorno,
la storia sul Panel Test è infinita. Se volessimo discutere su frodi, ovvero, miscugli tra olii di diversa provenienza nazionale è un discorso, se volessimo discutere su come parecchie Dopo nazionali presentano lati oscuri, ade esmpio in molte Dopo italiane c'è coratina pugliese, è un altro discorso, ma la cosa importante è capire se al cliente finale importa consumre olio di qualità. L'assuefazione che ha portato una commercializzazione spinta su olii piatti, "dolci", indifferenti, ha reso difficile l'ingresso sul mercato di qualità con ovviamnet prezzi giusti, forse a volte, per via della differenziazione, anche elevati. Detto questo, è sempre il consumatore finale il vero termometro che indica la temperatura giusta dell qualità, quando il consumatore sarà bene informato e avrà sul serio volontà di informarsi, allora sul mercato avremo prodotti alimentari "sinceri".
Buona giornata a tutti.

Aggiornamenti in corso.

Giandomenico D'Eli.