La voce dei lettori 21/01/2012

Il settore dell’olio? Un cancro lo divora. Ci vuole un abile chirurgo

Il settore dell’olio? Un cancro lo divora. Ci vuole un abile chirurgo

Lettera bomba di Nicola Ruggiero, presidente di Oliveti d’Italia, che si dice nauseato dalla pochezza della classe dirigente e dalla cattiveria. Contribuirà a risvegliare le coscienze o determinerà l’acuirsi delle conflittualità nel settore oleario e agricolo? Il dibattito è aperto. “Teatro Naturale” non negherà certo spazio di replica a quanti si sentiranno colpiti dal duro j’accuse


Carissimo Dr. Caricato,
sono da sempre un suo attento lettore e come Lei ben sa, anche nei momenti in cui metteva in discussione la mia linea strategica e organizzativa, ho sempre ammirato la passione e l’onestà intellettuale che la guida nella sua delicata professione.
Nei suoi ultimi articoli traspare tutta l’amarezza, l’incredulità nel dover prendere coscienza di comportamenti folli, distruttivi e assolutamente improduttivi.

Carissimo Direttore, pochi come me possono comprendere il suo stato d’animo e, ancora una volta, non posso che testimoniarle pubblicamente tutto il mio ringraziamento, da imprenditore, per l’abnegazione, l’ostinazione e la serietà che continua ad animarla nel difficile tentativo di offrire alla grande platea degli operatori del nostro settore un luogo in cui confrontarsi con chiarezza e ragionare con onestà.
Credo però che, a seguito delle ultime notizie riportate su Repubblica dal dottor Paolo Berizzi, la sua analisi sia stata troppo generosa.

Come molti sanno, qualche anno fa, portata a casa la riforma dell’OCM olio come da mandato ricevuto dagli olivicoltori del nostro paese, nauseato dalla pochezza della classe dirigente organizzativa, pronta a vendere gli interessi generali del paese e dei nostri olivicoltori per piccole e insignificanti carriere personali, disgustato dalla cattiveria, dalla stupidità spacciata per furbizia, stanco di dovermi difendere da nemici interni gelosi e invidiosi più dei veri avversari, ho lasciato tutti i ruoli di responsabilità, in silenzio, facendo fino all’ultimo istante il mio dovere, continuando in operoso silenzio a lavorare sul difficile campo del Mercato Vero.

Ogni giorno, senza tregua e senza pause, insieme ad uno splendido gruppo dirigente, abbiamo lavorato per tradurre in fatti concreti, in testimonianze reali, quanto avevamo tentato di spiegare negli anni precedenti.
E’ stata ed è una bella avventura, piena di soddisfazioni e di riconoscimenti.
Ottenere la migliore valutazione da parte dei consumatori tedeschi, per il miglior rapporto qualità-prezzo con un olio che ci avevano sempre detto che non avrebbe mai incontrato l’apprezzamento dei consumatori, mi riferisco alla “coratina”, è stato un momento di grande gioia, di soddisfazione, una testimonianza da portare a tutti i produttori per dimostrare che la battaglia del vero olio italiano si può e si deve vincere sullo stesso terreno di confronto di quattro sporcaccioni, che rovinano tutto, sul mercato e con i consumatori.

Mentre realizziamo questo sforzo inumano, mentre siamo impegnati a chiedere al mercato, agli agricoltori, alle cooperative, ai frantoiani, alle banche di credere nel nostro sogno e ad investire nel nostro progetto, chi si è messo di traverso? Chi ha tentato di screditarci in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo? Qualche industriale sporcaccione, qualche politico infedele? Ebbene no!

Puntualmente, mezzi dirigenti sindacali nominati o mezze cartucce di funzionari dalla morale discutibile, non hanno perso occasione, nelle istituzioni, nelle piazze, negli incontri più o meno ristretti, di seminare dubbi, zizzanie, calunnie, hanno tentato di dividere, di accattivarsi dirigenti o di far fuori, con metodi poco democratici, tutti coloro che non erano disponibili a prestare la propria intelligenza al servizio dell’opera di demolizione.

Ho voluto darle questi brevi cenni sulla lunghissima scia di scorrettezze e cattiverie di cui siamo stati bersaglio non per avere comprensione o per essere biasimati; siamo adulti e vaccinati al peggio e sappiamo come difenderci da tanta pochezza. Ho voluto raccontare questi passaggi perché molto simili alle vicende che hanno attraversato e attraversano quotidianamente tutta l’agricoltura del nostro paese, dalla Sicilia al Friuli.
Non c’è angolo del paese in cui non sia stata alimentata una battaglia o non sia in corso una faida contro chi tenta di sviluppare i momenti economici dei diversi settori produttivi. Non c’è angolo del paese in cui non sia stata demolita o non si stia tentando di demolire una classe dirigente non disponibile ad assecondare l’assurdo, in nome di un logo d ‘appartenenza.
E tutto questo è stato ed è possibile grazie ad una strategia puntuale ma anche sempre uguale e quindi prevedibile.

La ricetta è semplice, molto populismo che sfrutta le difficoltà delle aziende, un bel convegno senza dibattito e confronto per lanciare la notizia che è più funzionale all’obiettivo, un gruppo di gendarmi pronti a seminare calunnie e veleni e poi i demolitori profumatamente ricompensati per le azioni sporche.
In genere funziona, e funziona soprattutto con chi, per spirito organizzativo, qualche volta ha assecondato il metodo di lavoro poco ortodosso.
Non funziona laddove i dirigenti sono veramente tali, gli imprenditori gestiscono veramente imprese, in questi casi la macchina del fango si infrange contro l’evidenza e la forza dei fatti è più forte dei mille pappagalli replicanti.

Credo, carissimo Direttore, che l’ultima sortita, ripresa e pubblicata dai quotidiani nazionali, vada inquadrata in questo contesto di guerra strisciante che attraversa l’agricoltura italiana, strategia da guerra civile messa in campo per dividere, distrarre, confondere, terrorizzare, tutto finalizzato a far si che nel nostro sistema rurale nulla cambi.
Non considererei questa fucilata al cuore del settore come una sortita natalizia, non la considererei una esagerazione mal riuscita nella comunicazione, mi sforzerei piuttosto di capire chi tenterà di approfittarne ed eventualmente quanti denari pubblici verranno investiti; chi sarà chiamato a gestirli per porre rimedio ai danni che si stanno generando.

Che il settore abbia al suo interno un cancro che va estirpato credo che non ci siano dubbi da parte di alcuno. Quello che suona strano è che negli ultimi anni, non ci sia stata un’analisi organica, puntuale e obiettiva sull’evoluzione del settore olivicolo, sui problemi e sulle opportunità. Quello che risulta strano e che non solo non ci sia stata organicità nell’analisi, ma che ci sia stata volontariamente un’assoluta mancanza di confronto, di dibattito e anche di presentazione di linee programmatiche coerenti e il più possibile condivise.
Anzi, populismo, per lanciare fumo negli occhi degli operatori; propaganda, per demonizzare gli avversari e un fiume di soldi sperperati in attività improduttive.

L’anno scorso, in piena crisi, abbiamo assistito ad una scena simile a quella che il settore sta ultimamente commentando: grande notizia, senza analisi, sparata sulla crisi, convegno degno del secolo scorso con la soluzione miracolosa, l’annuncio accattivante di migliaia di quintali di olio da comprare dai poveri contadini per il grande mercato, e via agli applausi. Poi, dal giorno dopo il buio, o peggio un grande salto nel passato, quando i contadini andavano con il cappello in mano a chiedere cortesie al padrone o all’industriale.
Però, un risultato c’è stato!

Su una notizia non notizia, su un annuncio trasformato in fatto, si erano messe in moto le macchine dei demolitori contro le strutture che con un minimo di buon senso avevano maturato non pochi dubbi, e la macchina organizzativa di importanti studi professionali per drenare risorse dal pubblico per accompagnare e sostenere questa trovata.
E via a campagne di promozione, progetti di filiera che in barba a qualsiasi valutazione di buon senso, e speriamo non in barba alle norme, sembrano più filiere di singoli progetti che altro…
E chi se ne frega del Km. zero tanto annunciato, chi si ricorderà mai delle enunciazioni sull’evoluzione dell’agricoltura che deve saltare passaggi e intermediari e andare sul mercato, tanto c’è l’emergenza e perché non sfruttarla?

Anche in questo caso, carissimo Direttore, noto una strana coincidenza di fatti e di strategie.
Se è vero come è vero che c’è un’indagine in corso, perché svelarla in anteprima? Perché creare problemi a tutti gli operatori onesti, sparando nel mucchio? Perché in un momento in cui tutta l’economia del nostro paese è sotto attacco internazionale, contribuire all’opera di demolizione dell’immagine e non intervenire in maniera chirurgica per estirpare il cancro? Perché pregiudicare il lavoro di mesi su clienti esteri che di punto in bianco hanno bloccato i contratti? Perché tutta questa ansia da notizia?

Si può dubitare che ci sia una strategia per esaltare il momento di disagio senza l’onere di dover fare un’analisi puntuale delle cause? Accreditarsi come tutori della legalità per nascondere qualche fallimento organizzativo? Alimentare le nebbie e la confusione, poter forse consentire, più o meno volontariamente, a qualche imprenditore di colpire qualche avversario commerciale? O peggio ancora, consentire a qualcuno, più o meno consapevolmente, di poter drenare e sprecare risorse ancora più grandi?
Non lo so, sono grandi i dubbi. Speriamo che i fatti ci rasserenino.
Certo, se guardo quanto avvenuto negli ultimi anni, i dubbi si diradano di molto, e potrebbe trovare applicazione il famoso adagio che “a pensar male si fa peccato ma non si sbaglia”!
E il dubbio è ancora più grande se penso al lungo silenzio, di certi dirigenti tanto appassionati all’olio, durante il periodo di blocco e di crollo dei prezzi nei mesi che hanno preceduto la campagna nuova. Non era semplice, forse, in quei momenti capire chi stava vendendo e comprando “prodotto italiano” a prezzi di gran lunga inferiori alle quotazioni?

Non sarebbe stato più semplice prendere un campione di cooperative e frantoiani rappresentativi delle diverse aree del paese e capire chi sono i loro clienti costanti, comprendere quali sono le imprese italiane che si rivolgono alla produzione tutto l’anno e tutti gli anni e chi ha puntualmente altre fonti di approvvigionamento?
Non sarebbe stato possibile realizzare una bella retata per eliminare dal mercato gli sporcaccioni, consentire alle aziende agricole, alle cooperative, ai frantoi, ai commercianti seri di vendere al meglio il prodotto e arrivare alla nuova campagna nelle migliori condizioni?

Perché scegliere la fine della campagna, quando il più del prodotto è andato, il momento in cui in tutto il mondo si sottoscrivono i contratti per il nuovo anno per sparare sul mucchio una bomba dagli esiti incerti?
E mi chiedo, caro Direttore, la soluzione ai problemi di mercato può essere quella di una società nuova che potrebbe vendere qualche bottiglia in più o una organizzazione ha il dovere di far si che ci sia un contesto in cui tutti gli imprenditori, tutte le imprese, possano al meglio esprimere le proprie capacità?
Il mio dubbio si fa ancora più stringente se penso agli strumenti messi in campo.

Non molto tempo fa si è combattuta una ulteriore guerra nel nostro paese, quella tra Coldiretti e Confcooperative.
Una battaglia piena di lacerazioni, di divisioni. Portata avanti sempre con il solito metodo e con un nobile obiettivo dichiarato, contribuire allo sviluppo e alla crescita ulteriore della cooperazione.

Bene, si è fatto, e i dirigenti di Coldiretti hanno potuto giustamente contarsi e capire con quali cooperative poter sviluppare questa benedetta agricoltura.
Bene, e allora perché altri dirigenti hanno sentito il bisogno di costituire una S.r.l. nuova, metterci a capo non un imprenditore agricolo vero, non un presidente di cooperativa, ma un importante industriale del nostro paese che ha fatturati importantissimi soprattutto nell’olio di semi e nell’olio comunitario?
Perché entrare in società nella gestione di un marchio industriale quasi inesistente, organizzare il centro operativo in un un’impresa privata in Campania e non sfruttare una delle tante belle esperienze di cooperazione presenti in Toscana, nel Lazio, in Puglia, in Sicilia o in qualunque altro angolo del Paese?

Perché, caro Direttore, additare il nemico nel buio, alimentare uno sperpero di risorse pubbliche in procedure e controlli, screditare la distribuzione italiana ed estera, impegnare milioni di euro di risorse pubbliche in fiere o campagne promozionali all’estero e non sistemare prima le cose in casa propria?
Come si può essere credibile se si tenta di guardare in casa altrui e in molti consorzi agrari si è sempre acquistato e credo si venda ancora olio comunitario o olio comprato da quei commercianti tanto vituperati?
E come si può essere credibili se si grida all’inefficienza del sistema organizzativo altrui quando fior fiore di dirigenti dell’organizzazione siedono nei consigli di amministrazione di consorzi agrari che non promuovono solo ed esclusivamente la produzione nazionale, ma che si comportano come la maggior parte degli operatori commerciali, magari non pagando le tasse?
Come si può non dire che si sono buttati decine di milioni di euro degli agricoltori per semplici programmi di qualità, milioni di euro sottratti agli olivicoltori per certificare nella maggior parte dei casi poche lattine d‘olio?

Caro Direttore, dietro l’esigenza di svelare in anticipo i contorni di una indagine in corso, non potrebbe esserci una GRANDE ANSIA DA RISULTATO e l’esigenza di dover distrarre l’attenzione degli agricoltori da fallimenti clamorosi di qualche dirigente che mischiando logiche sindacali alla gestione dell’economico ha generato inutili e devastanti illusioni?
Mi chiedo, caro Direttore, possiamo costruire una nuova agricoltura, possiamo continuare a tentare di costruire il futuro, se puntualmente ci troviamo a perdere tempo, energie e soldi per riparare i danni che qualche irresponsabile ci crea?

Non potrebbe nascondersi il tentativo estremo di trovare scorciatoie alle regole delle imprese che hanno i loro tempi e le loro regole?
Credo di cogliere fino in fondo il Suo appello, credo che seguirò la strada che il nuovo governo sta indicando al Paese.
Continuando a lavorare per la tutela e la dignità dei miei soci, sarò meno silenzioso e dalla settimana prossima con cadenza settimanale porrò alla Sua attenzione, all’attenzione dei Suoi lettori e contemporaneamente all’attenzione delle autorità politiche, amministrative e giudiziarie una serie di fatti, eventi, progetti, che hanno catturato l’attenzione mia e di moltissimi operatori in questi ultimi tempi e che, a mio avviso hanno contribuito ad impedire il pieno sviluppo del settore.
E lo farò a malincuore, perché consapevole che molti soggetti per superficialità potranno trovarsi coinvolti in eventi spiacevoli.
Credo, però, che tutti quanti abbiamo il dovere, oggi più che mai, di salvare il nostro Paese, le nostre aziende, la nostra storia e il nostro futuro.

Oggi più che mai c’è bisogno che anche in agricoltura si sviluppi un dibattito e un confronto serio sugli sperperi, gli sprechi, i privilegi, la burocrazia, e sui mille tappi che ne bloccano lo sviluppo.
Se il reddito in agricoltura, nonostante i miliardi di euro investiti, continua a calare, se il PIL del nostro Paese non cresce anche per colpa dell’agricoltura, sarà pur giunto il momento di analizzare con meno superficialità le cause e le responsabilità?

Faccio mio l’appello che credo di leggere tra le Sue righe, a che tutte le persone, i dirigenti, gli imprenditori, i funzionari che hanno qualcosa da dire, da fare per risollevare il nostro Paese e la nostra agricoltura, lo facciano ora e con il massimo dell’impegno.
Il pericolo di ritornare indietro negli anni, di perdere oltre al reddito anche la dignità di imprese e di uomini è molto più grande di quello che possiamo immaginare.
Quando ho scelto di fare l’imprenditore agricolo, scevro da legami e condizionamenti, con un gruppo di amici, di imprenditori veri, di dirigenti onesti, non ci siamo curati dei potenti o delle bandiere, e abbiamo lottato per la dignità e il rispetto che meritiamo.
Avevamo un’idea, un progetto, un percorso e nessuno è riuscito a fermarci, anzi abbiamo incontrato sulla nostra strada amministratori, politici, giornalisti, funzionari che hanno sostenuto le nostre istanze anche mettendo a repentaglio la propria carriera.

Ora il momento è lo stesso, e se non smascheriamo tutti insieme quei pochi e dannosi paladini di qualche organizzazione che si divertono a dividere per continuare ad imperare, a distruggere persone e professionalità, che continuano a demolire perché spaventati dalla crescita delle imprese, che continuano a starsene tranquilli senza mai metterci la firma in prima persona, che continuano a dare lezioni di morale alla politica e alle imprese mentre guadagnano stipendi di oltre un milione di euro all’anno, non ce la faremo.

Se non denunciamo quel reticolo di società che da Roma si sviluppa non per agevolare il nostro lavoro, non per supportare le nostre imprese, ma per inventare nuova burocrazia, nuovi controlli, nuovi tributi per continuare ad alimentarsi come dei mostri famelici e continuare felici a solcare in lussuose barche le acque dell’Argentario, noi ritorneremo al livello dei nostri nonni e continueremo ad assistere ad una opera di demolizione che sarà sempre più cruenta e irresponsabile.

Io sono pronto, e lo farò principalmente con uno strumento che non ho mai utilizzato nella mia vita, lo farò con le denunce e tentando di spiegare alla platea più grande il senso delle stesse; lo farò perché credo che il buon senso si sia smarrito, sono convinto che la persuasione non serva più come non servono le testimonianze, e che l’ultima possibilità che abbiamo sia quella di un tempestivo e risolutivo intervento chirurgico che estirpi tutto il marcio dentro e fuori l’agricoltura e permetta alla stragrande maggioranza delle persone perbene della nostra agricoltura di riprendere a dialogare con serenità, serietà, per riprogettare il futuro.

Grazie ancora Direttore.

Nicola Ruggiero

 

Caro Presidente Ruggiero,

la sua non è una lettera, ma un fiume in piena. Posso ben immaginare le reazioni, ma d'altra parte è nello stile di Teatro Naturale dar voce a tutti. Attendo repliche, perché qui c'è casa per tutti.

Vista la lunghezza della sua lettera, non è il caso di dilungarmi con miei commenti. Posso dire che quando abbiamo avuto scambi polemici in passato, e anche piuttosto duri, azni durissimi, il rispetto reciproco non è mai venuto meno; e questo è lodevole.

Io spero che l'agricoltura italiana rifletta, e non soltanto il mondo dell'olio. Quando si dice "fare squadra", noi italiani siamo il classico esempio di chi preferisce arroccarsi sempre su posizioni partigiane.

Vediamo. Vediamo cosa accadrà. Io voglio intanto sganciarmi da battaglie muro contro muro. Per questo invito a una seria riflessione tutti. Forse, visto quel che sta accadendo in giro sembra che ci stia sfuggendo di mano il controllo della situaziuone.

Luigi Caricato

di T N

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Commenti 2

giovanni naglieri
giovanni naglieri
21 gennaio 2012 ore 20:01

Gent.mo Direttore,
leggo con interesse l'articolo di Nicola Ruggiero e nell'occasione lo saluto con il sincero affetto di sempre.
La voce di Nicola è assolutamente autorevole in un tavolo nazionale privo di esperienze intelligenti, ma colmo, al contrario, di improvvisati appassionati, tant'è che non gli viene assolutamente difficile rappresentare la fitta ragnatela di interessi economici, invidie e vizi privati che hanno trasformato il settore oleario negli ultimi 2 decenni in una vacca da mungere. Nicola ha ricoperto incarichi importantissimi partecipando attivamente a tutti quei meccanismi ora logori ed inutili. Dirige una struttura che potrebbe essere un faro per l'intera economia olearia meridionale ma si scontra con le banalità operative di ogni giorno create dagli infinitesimali lacci e lacciuoli che ostacolano lo sviluppo collettivo del settore. Oggi l'emergenza nel settore oleario nello sfuggire alla novità si impoverisce degli attori protagonisti del settore in recessione e crollo verticale e vorremmo, tutti noi, essere invece i promotori di una nuova cultura nascente che associ la confezione dell'olio alla pianta, all'agricoltore ed al suo sostegno economico, al territorio rurale da preservare ed offrire al turismo e alle nuove generazioni, alla salute, alla nutraceutica. Qualce anno fa ad Andria, Nicola e tanti altri amici, scommisero nell'investimento utile e coraggioso dell'Olio extra Vergine di Oliva al posto del burro per realizzare i riuscitissimi panettoni natalizi, associarono la figura tanto cara ai Tedeschi di Federico II, il Puer Apuliae, all'olio DOP Castel del Monte. Hanno promosso la qualità in ogni dove, forse qualche volta sbagliando o perdendosi in passaggi non sempre necessari, ma nella sostanza è stato un protagonismo interessante e di tutto rispetto. Vogliamo fare pulizia nel settore? Allora spingiamo ed incentiviamo ciò che da più tempo rappresenta lo champagne degli oli extra vergini di oliva, ovvero, le DOP!!!! Spingiamo, perchè Bruxelles deroghi alle disposizioni già assunte nel settore con una nuova e mirata OCM sull'olio di oliva che riproponga una formula rivista dell'ex aiuto al consumo degli oli di oliva per le sole DOP. Incentiviamo gli industriali alimentaristi, della panificazione e della farmaceutica ad utilizzare prodotti e sottoprodotti con nuove formule di assistenza finanziaria. Bisogna altresì ripristinare la formula dello stoccaggio calibrata ed allineata ai valori deducibili dalla media delle borse merci europee. Ma soprattutto.......al bando i chiacchieroni inutili, gli accademici autoreferenziati ed i tuttoliogi da 4 soldi. Occorre pulizia dentro e fuori.....insomma....un pò alla Nicola Ruggiero.

Cari Saluti
Gianni Naglieri

MARIA ANNA BELLINO
MARIA ANNA BELLINO
21 gennaio 2012 ore 09:34

Mentre realizziamo questo sforzo inumano, mentre siamo impegnati a chiedere al mercato, agli agricoltori, , "alle banche" di credere nel nostro sogno e ad investire nel nostro progetto, chi si è messo di traverso? Chi ha tentato di screditarci in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo? Qualche industriale sporcaccione, qualche politico infedele? Ebbene no!

(quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris)NON FARE AGLI ALTRI CIO' CHE NON VUOI SIA FATTO A TE
E' un detto che compendia tutta la morale cristiana e che l'imperatore siriaco Alessandro Severo fece scrivere nel suo palazzo e nei suoi uffici.