La voce dei lettori 23/07/2011

Aiuto!!! Mi brucia l'oliveto

Aiuto!!! Mi brucia l'oliveto

Uno sfogo, la rabbia e l'amarezza per un incendio che ha carbonizzato non solo alberi ma storie. Perchè tutto questo? Per far lavorare coloro che non hanno un posto fisso? Il cuore di Daniela Brunetti piange e lo possiamo capire


Ciao Alberto,

scrivo solo per uno sfogo.

Fiamme altre 30 metri, che ardevano pini altrettanto alti, pigne che come proiettili partivano a incendiare altri ulivi e altro bosco.... e cenere e vento. Gli ulivi dopo ore di fuoco e inferno, oramai sono solo cenere che si deposita sui nostri balconi.

Un tremendo incendio, mal domato e forse, ma non oso pensarlo, un po' voluto per far lavorare coloro che non hanno un posto fisso.... per dar, come si dice giù da me, "delle giornate".

Fuoco doloso, sicuramente, appiccato a regola d'arte il giorno prima del forte vento, e i tizzoni mal spenti, hanno ridato vita alle fiamme, che implacabili hanno bruciato ettari e ettari di terreno da Villapiana fino a toccare il comune di Plataci, nel parco del Pollino, Trebisacce e Albidona.

Le mie piante sono andate completamente distrutte, non è rimasto quasi nulla, lo scenario è infernale piante giovani di 20 anni, o secolari, nessuna di esse ha saputo vincere contro il fuoco.

I tronchi, quelli di 300 anni, che ti raccontano storie, e che sono patrimonio di tutti e non solo del proprietario, sono oramai stocchi di carbone.

Il cuore piange sangue e cerchi di capire e indagare, senza saper come fare, senza riuscire a capire come possa succedere.

Ed ecco che alla mente si ripresenta lo scenario dantesco e l'impotenza si appropria di me.

Sai cosa mi sono sentita dire? Per quello che costa l'olio, non vale la pena che tu stia così male, per quello che costa l'olio, è normale che i terreni vengano abbandonati e quindi poi è facile che prendano fuoco.

Come se lo stesso fuoco, fosse lì, un elemento proprio della natura e del paesaggio, come le mosche, sotto terra a impupare e pronto a uscire fuori quando il vento soffia.

Rifletto e penso e mi addoloro e cerco le responsabilità, anche in me stessa. Di come si può far abbandonare la campagna, di come si può lasciare che il proprio territorio muoia lentamente.

 

Daniela Brunetti

 

Cosa dire a un'amica che ha visto bruciare una parte di sé, i propri ricordi di fanciulla e di ragazza, che ha lavorato e riposato sotto e intorno a quelle piante?

Difficile, molto difficile trovare le parole. Molto più efficace è un abbraccio, che rinnovo, virtualmente.

Alla domanda sul perchè di tutto questo, su come sia possibile, mi è invece, paradossalmente, più facile rispondere.

Il fuoco è certo uno degli elementi di natura, un'eruzione, un fulmine o qualche altro accidente, e la terra brucia. Ma il fuoco è anche elemento che l'uomo ha imparato a maneggiare e allora non è più natura. L'80% e più dei fuochi estivi, secondo lo stesso Corpo forestale dello Stato, sono dolosi o colposi. Allora è l'uomo e non la natura.

Chiedersi il perchè l'uomo possa far così male alla natura è legittimo e la risposta, purtroppo, fa piangere ancor più il cuore.

Di fronte a tale dramma ci fermiamo, non ha senso parlare di rinnovamento dell'olivicoltura, non ha senso parlare di quanto sia antieconomico un vecchio oliveto tradizionale, non ha senso addentrarci in disquisizioni sui modelli olivicoli.

E' invece tempo di riflettere su altro. Di pensare un po' più in profondità, di guardare oltre la siepe e le fiamme.

Questa è l'epoca dell'hic et nunc, qui e subito, dello sfruttamento intensivo delle risorse e, quindi, anche della scarsa considerazione di queste. Alla natura e ai suoi doni si attribuisce sempre meno valore o, quando ne diamo, è puramente economico e materiale.

Un barile di petrolio vale 99 dollari.

Una giornata di lavoro qualche decina di euro.

Il resto non conta. Hic et nunc.

Cosa lasceremo ai nostri nipoti? Hic et nunc?

 

Alberto Grimelli

 

di T N

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