Editoriali 20/02/2015

Pasta ketchup? Occorre insegnare l'identità della cucina italiana


L'enogastronomia italiana, insieme a una tradizione culinaria apprezzata ovunque per qualità, ricchezza e varietà, rappresenta un patrimonio culturale ed economico che concorre significativamente al successo del made in Italy nel mondo.  Intorno a tale cultura, anche in seguito ad importanti flussi migratori verso l’estero, si è sviluppata nel tempo una vera e propria rete internazionale di ristoranti, veri e propri templi di «sapori e saperi » autentici di una cucina spesso molto diversa da quella del posto. Alcuni fattori hanno contribuito al successo di questa affermazione mondiale. Sicuramente la qualità dei nostri prodotti agroalimentari, le proprietà nutritive di alcuni alimenti, l’affermazione della “dieta mediterranea” e della sua valenza salutistica, capace di coniugare gusto e semplicità con un’equilibrata ripartizione di fibre, grassi e proteine e certamente, non ultima, l’immagine dell’Italia come meta turistica, il richiamo a gusti e sapori strettamente connessi ai luoghi visitati in vacanza.

La cucina italiana è perciò da sempre tra le più apprezzate e diffuse al mondo e il cibo è il veicolo chiave per l’abbinamento enogastronomico e per la valorizzazione dei prodotti di eccellenza made in Italy. Tuttavia, permane la sensazione che il made in Italy abbia risorse ancora inespresse e che è arrivato il momento di capitalizzare al meglio questo nostro straordinario valore, che va difeso e protetto dalle adulterazioni e dalle falsificazioni per salvaguardarne la storia, la cultura, la qualità e la genuinità e che va conosciuto bene e altrettanto bene utilizzato prima ancora che diffuso.

L’esempio emblematico della “Pasta ketchup” o “pasta bolognese” dove spaghetti sono accompagnati da polpette di carne o meatball, e di altre espressioni e accostamenti improbabili e imbarazzanti, più diffusi di quanto si possa immaginare, distolgono dall’immagine reale della nostra cucina e dalla preparazione dei nostri Chef, promuovendo piatti che di italiano non hanno nulla… e che non garantiscono il rispetto degli standard di qualità dell’ospitalità italiana.

Valorizzare i prodotti tipici, farli conoscere attraverso le ricette, divulgarne la preparazione, gli abbinamenti e la degustazione con un altro prodotto d’eccellenza, come il vino, vuol dire anche difendere la propria identità culturale, esigerne il rispetto e rafforzarne l'immagine di qualità. Valorizzare la vera cucina italiana e le eccellenze agroalimentari ed enogastronomiche che la contraddistinguono, diffondendone la conoscenza presso i professionisti di tutto il mondo è uno degli obbiettivi principali che Università dei Sapori che presiedo da qualche anno si è data sin dalla sua costituzione nel 1996.

Credo che uno dei principali meriti del nostro Centro nazionale di Formazione e Cultura dell’Alimentazione sia proprio quello di favorire, attraverso l’alta formazione professionale, la trasmissione della cultura enogastronomica regionale italiana. L’Università dei Sapori rappresenta da tempo non solo un modello formativo sempre più riconosciuto nel panorama nazionale, ma un canale prezioso e privilegiato per la promozione della cultura agroalimentare ed enograstronomica italiana e dei suoi prodotti di eccellenza.

L’innovazione del modello proposto fonda la sua incisività e il suo valore aggiunto nel fare della Formazione dei nostri futuri Chef, Pizzaioli, Maestri Gelatieri e Pasticceri, un veicolo di promozione esportabile della cucina italiana, massima espressione del nostro made in Italy. Il contatto diretto con i produttori ci conferma la necessità di percorrere ancor più la strada delle azioni di educazione e formazione come veicolo di promozione delle eccellenze agroalimentari regionali e con essa anche la possibilità di attivare sinergie fra settori di produzione differenti. Negli ultimi anni abbiamo cercato di individuare dei percorsi formativi ad hoc che valorizzassero la cucina italiana e promuovessero il made in Italy all’estero.

Abbiamo ormai la consapevolezza che i nostri professionisti, una volta formati, diventano Ambasciatori della cultura culinaria e gastronomica italiana, ma anche del nostro saper fare, dei nostri prodotti agroalimentari. Attualmente abbiamo all’attivo diverse partnership su scala mondiale e network importanti con grandi centri di formazione internazionali che ci consentono di organizzare corsi di cucina direttamente nella nostra sede con una parte pratica e di laboratorio importante. A titolo di esempio vorrei ricordare la partnership attivata con l’imprenditore americano Lotito Food, uno dei più importanti importatori e distributori dell’Italian Food negli Stati Uniti, con l’obiettivo comune di promuovere e valorizzare la cucina e i prodotti del made in Italy in America. Grazie a tale collaborazione, ogni anno, 150 top chefs della catena Olive Garden, compagnia con più di 750 ristoranti in America, svolgono a turno presso la nostra sede un ciclo intensivo di formazione e conoscenza dei prodotti agroalimentari umbri ed appartenenti alla cultura alimentare del made in Italy. Un arricchimento per tutti gli chef protagonisti che sperimentano prodotti e scelgono quali piatti poter inserire nei menù del proprio ristorante o rivisitare, partendo dalle conoscenze e tecniche acquisite in Italia. Siamo inoltre l’unica struttura italiana, e la seconda in Europa, ad avere ottenuto l’accreditamento presso un organismo federale americano delle scuole di cucina ACFEF (American Culinary Federation Education Foundation). Siamo presenti in tutti i 5 Continenti con attività extraformative o workshop che utilizziamo ugualmente come canale di promozione della cucina italiana e del nostro made in Italy. E così faremo all’Expo dove la nostra presenza rispecchierà il carattere di Qualità che abbiamo voluto imprimere al nostro Centro di formazione: dalla Qualità dei Programmi alla Qualità dei Docenti alla Qualità dei laboratori e delle attrezzature sino alla Qualità della Gestione e delle Risorse Umane.


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