Editoriali

LA STANZA DEI BOTTONI

19 marzo 2005 | Stefano Tesi

Le bellicose schermaglie tra Federturismo e Agriturist a proposito dell'ammissibilità di una "rappresentanza" (eufemismo per "poltrona") dell'agriturismo all'interno dell'Enit non possono che sconcertare gli ingenui e far sorridere un po' maliziosamente tutti gli altri.

Soprassedendo sulla pochezza dell'attività promozionale concretamente svolta dall'Enit (nel senso che l'inefficienza del carrozzone, pur con lodevoli eccezioni ad personam, non ha bisogno di sottolineature), è quanto mai significativo, ancorchè comprensibile, che Agriturist reclami un posto negli "organi di gestione" dell'ente. Già: perchè se da un lato, come lo stesso Lo Surdo giustamente sottolinea, il "prodotto" agriturismo è da mo' presente tra quelli reclamizzati attraverso l'attività istituzionale, dall'altro potrebbe apparire singolare che, ammesso il prodotto nel paniere, non se ne ammetta il produttore nella stanza dei bottoni che gestisce il paniere medesimo.
Da parte sua, però, è comprensibile anche la posizione di Federturismo, che, in forza di una sorta di diversità "di specie", pretende di avocare a sè e alle altre organizzazioni commerciali la gestione esclusiva dell'Enit, negando (pure lui, in teoria, non a torto) la natura "industriale" dell'agriturismo: segno comunque che poco gli interessa la pretesa (ed in effetti inesistente) diversità tra i due prodotti, i quali per l'appunto già convivono come oggetto della promozione, e molto di più il potere e/o le risorse da amministrare tramite l'ente statale.

Alla luce dello stato precomatoso del nostro turismo, della crisi strutturale del settore e di un trend di lungo periodo che - con buona pace delle nostre bellezze e delle nostre pretese vocazioni - tende sempre più a trasformare l'Italia in un paese "esportatore" anzichè "importatore" di turisti, lo scontro dialettico tra le due organizzazioni somiglia a una batracomiomachia. A voi la scelta di chi faccia la parte delle rane e di chi quella dei topi. Sempre di faccende pseudomeriche si tratta.

Sullo sfondo della querelle, invece, si profila un interrogativo di fondo più volte affrontato su queste pagine: nel momento in cui il prodotto-agriturismo assume connotati, dinamiche commerciali e logiche gestionali di tipo industriale è così illogico che gli imprenditori turistici pretendano una "par condicio" legale, fiscale e normativa tra le due categorie?
A me sembra, lo dico a malincuore, di no.
E dunque rieccoci al punto di partenza.

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