Cultura 19/09/2009

"Cultura della terra in Toscana", ultimi giorni per una mostra sui contadini

I mezzadri e i coltivatori diretti nell'arte dell'Ottocento e Novecento. La vita e i costumi delle popolazioni rurali attraverso l’intreccio dei molti e talora conflittuali filoni iconografici che ne hanno fissato bellezza e mito


Una mostra assolutamente da andare a vedere. Sono così rrare delle mostre tematiche che abbiano il coraggio di concentrarsi in maniera così centrale sul mondo contadino. A questo punto occorre andarla a vedere, anche a cvosto di qualche sacrificio per chi non abita in Toscana.

Ha avuto inizio quest'estate. Sabato 4 luglio era stata infatti inaugurata al Palazzo Mediceo del comune di Seravezza, la mostra "Cultura della terra in Toscana. Mezzadri e coltivatori diretti nell'arte dell'Ottocento e Novecento", mostra che appunto resterà allestita fino a martedì 29 settembre.

Silvestro Lega, La Procaccina del Gabbro 1865 circxa

LA VITA DEI CAMPI

L’esposizione che il Palazzo Mediceo di Seravezza ha presentato, per la cura di Enrico Dei, tocca uno degli aspetti nevralgici della storia e dell’arte toscana tra Otto e Novecento. L’immagine della campagna toscana, ripercorsa alla luce del complesso fenomeno della mezzadria, consente infatti di tracciare un’attenta analisi della vita e dei costumi delle popolazioni rurali della regione, attraverso l’affascinante intreccio dei molti e talora conflittuali filoni iconografici che ne hanno fissato, nella memoria collettiva, la sua antica bellezza e, conseguentemente, il suo mito.

Introdotta da alcune importanti opere macchiaiole, nelle quali appare evidente, per ciò che concerne la pittura dei campi, l’avviarsi di un rinnovato dialogo con le coeve esperienze artistiche francesi all’indomani dell’Esposizione Universale di Parigi del 1855, la mostra documenta, in primo luogo, la nascita dl nuovo filone di pittura naturalista che, nell’ultimo trentennio del XIX secolo, seppe restituire verità oggettiva, in tele sovente di grandi dimensioni, ai piccoli e grandi avvenimenti che animavano gli orizzonti della vita rurale.

Le piccole scene di Lega, Gelati Borrani e Fattori, lasciano così il posto alle rasserenanti, ma anche sottilmente malinconiche visioni di Egisto Ferroni, Arturo Faldi, Filadelfo Simi, Arturo Luciani, nonché dei Gioli e dei Tommasi, sorrette da un profondo senso di armonia classica, vòlto a stemperare gli accenti più crudi della dura realtà dell’esistenza contadina.

Sul finire dell’Ottocento, tuttavia, non si esita per contrasto a dar voce alle condizioni di miseria e di sfruttamento in cui erano costrette a vivere larghe masse di popolazione rurale (come ben documentano qui le opere di Niccolò Cannicci o Paride Pascucci): immagini amare e disperate, tanto più commeventi se collocate idealmente sullo sfondo di una situazione sociale tutto sommato favorevole come quella toscana, dove il sistema economico fondato appunto sui principi della mezzadria aveva consentito, come sappiamo, condizioni di vita certamente molto più favorevoli rispetto alla media della situazione nazionale.

Con l’aprirsi del Novecento, il percorso della mostra – cadenzato per la prima volta anche da un significativo gruppo di sculture eseguite, solo per citare alcuni nomi, da artisti del calibro di Libero Andreotti, Bruno Innocenti, Quinto Martini, Romano Romanelli e Raffaello Salimbeni), si allarga a documentare anche il paesaggio della costa tirrenica e i gesti degli umili protagonisti che lo popolano. Gli uomini e le donne dal destino segnato dipinti da Lorenzo Viani, Llewelyn Lloyd, Moses Levy, Giulio Cesare Vinzio, dialogano così in serrata sequenza con le arcaiche presenze dei contadini di Ardengo Soffici, Plinio Nomellini, Raffaello Gambogi, Arturo Checchi. Per poi lasciar spazio a figure e volti che, subito dopo i tempi bui del primo conflitto mondiale, sembrano nuovamente acquisire, come in Baccio Maria Bacci, Raffaele De Grada, Pietro Bugiani, Raffaello Isola, Gianni Vagnetti, una loro antica e solenne religiosità.

Ogni gesto, ogni angolo della casa o lembo di campo sui cui sono destinati a scorrere i cicli eterni delle stagioni s’illumina ora di una sua segreta forza contemplativa: lo dicono le vedute di Giovanni Colacicchi, Ottone Rosai, Guido Ferroni e di Giuseppe Piombanti Ammannati; le pose dei figli terra fermate, in un’immobilità senza tempo, dai pennelli di Raffaello Isola, Renato Natali, Memo Vagaggini. Straordinari riflessi di una vicenda storica che doveva trovare la propria conclusione sullo scorcio degli anni Quaranta – e che infatti segnano obbligatoriamente anche il limite cronologico dell’odierna esposizione – quando il fenomeno della mezzadria si dissolse in seguito ad una fredda legge emanata dal Parlamento Italiano il 3 maggio 1982.



Orario della mostra
Tutti i giorni
10.00-13.00
17.00-23.00

Informazioni
Ufficio Cultura e Turismo
Comune di Seravezza
Tel e Fax 0584 756100
palazzomediceo@comune.seravezza.lucca.it
www.palazzomediceo.com

di T N