Mondo
Stop al progetto europeo di riduzione dei fitofarmaci

Le cooperative europee chiedono tempi più lunghi oltre lil 2030, la realizzazione di studi d'impatto adeguati e completi e l'effettiva disponibilità di strumenti alternativi
06 giugno 2023 | C. S.
Si fanno sempre più serrate le proteste del mondo agroalimentare contro il progetto della Commissione europea di riduzione dell'uso di fitofarmaci del 50% entro il 2030.
Le cooperative ortofrutticole di Francia, Italia e Spagna nel corso di un incontro al Parlamento europeo, promosso e organizzato dall'europarlamentare francese Irene Tolleret, hanno chiesto la completa revisione del progetto.
Per quanto riguarda la riduzione del 50% dell'uso dei prodotti fitosanitari, si tratta di un'ipotesi “irrealistica e non realizzabile a livello economico, perché non si basa su alcun dato scientifico e non tiene conto degli sforzi già compiuti, né dei vari studi di impatto che convergono tutti nel prevedere un inevitabile calo della produzione”. È quindi necessario che l'Europa abbandoni la sua “strategia punitiva e burocratica” e punti invece a salvaguardare “un'agricoltura europea competitiva e la sovranità alimentare dei suoi consumatori, evitando le importazioni da Paesi terzi meno sostenibili”.
Le cooperative europee chiedono in primo luogo tempi più lunghi che vadano ben oltre l'orizzonte temporale del 2030, la realizzazione di studi d'impatto adeguati e completi e l'effettiva disponibilità di strumenti alternativi che la scienza e la ricerca saranno in grado di mettere a disposizione del settore, insieme alle nuove tecnologie (nuove tecniche genomiche, applicazione di droni, varietà più resistenti, ecc.)
In secondo luogo, "la Commissione dovrebbe evitare l'ingresso nell'Ue di qualsiasi prodotto ortofrutticolo proveniente da un Paese in cui è consentito l'uso di prodotti fitosanitari vietati nell'Ue e mettere in pratica "il principio di reciprocità" attraverso un regolamento ad hoc". Data la precisa situazione del settore e dei mercati, la Commissione “dovrebbe astenersi dall'introdurre politiche comunitarie eccessive che finiscono per generare costi aggiuntivi”.
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