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Non abusiamo della parola sostenibilità o la banalizziamo

La sostenibilità è al centro dei dibattiti in rete su forum, blog e social network, spesso in maniera superficiale e modaiola. In realtà, dietro questa parola ci sono anni di lavoro per ognuna delle imprese che scelgono di certificarsi

07 ottobre 2020 | C. S.

Istruzioni per l’uso, evitiamo l’abuso. Più che un semplice slogan e il messaggio che arriva forte e chiaro dal convegno “Vino sostenibile: la parola ai fatti. Il Bilancio di Sostenibilità nei mercati mondiali del vino”, organizzato per il secondo anno consecutivo da Equalitas – lo standard leader per la certificazione della sostenibilità nella filiera vitivinicola promosso da Federdoc, insieme ad altri partner tecnici di alto profilo - nell’ambito della Milano Wine Week. Un messaggio a cui fa eco il monito “non c’è sostenibilità senza corretta comunicazione”, arrivato unanime dai protagonisti dell’incontro che si è svolto a Palazzo Bovara Busca Benni di Milano, e contemporaneamente in diretta streaming, alla presenza di Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Equalitas, Francesco Ricasoli (Barone Ricasoli), Benedetto Marescotti (Caviro), Francesco Carnevale (Zowart), Alessandro Galardi (Equalitas) e di ospiti dal calibro internazionale come Sandra E. Taylor (Sustainable Business International LLC - Usa), Axel Kollberg (Systembolaget – Svezia) e Andreas Brensing (Kölner Weinkeller – Germania).

“Troppo spesso questo concetto – ha detto Riccardo Ricci Curbastro, in veste anche di presidente di Federdoc - viene banalizzato o peggio ancora abusato. In realtà, dietro questa parola ci sono anni di lavoro per ognuna delle imprese certificate secondo lo standard Equalitas e, allo stesso tempo, una marea di argomenti che possono toccare l’interesse di ognuno di noi, riportati poi in un bilancio di sostenibilità. E’ proprio dal bilancio che si capisce quanto impegno è stato messo in campo da ogni cantina per arrivare a poter scrivere in etichetta azienda, vino o territorio sostenibile. Sono consapevole che approcciarvi è un esercizio solitamente scomodo, perché siamo abituati a pensarlo in termini solo di numeri. Ci tengo invece a specificare che può rappresentare anche una lettura piacevole, in quanto permette di capire ciò che i vignaioli e le aziende stanno facendo per portare sul mercato un vino non solo a denominazione di origine, espressione di un territorio e delle tradizioni, ma anche un prodotto sostenibile. La nuova sfida è quella di comunicare in maniera efficace tale impegno”.

Non a caso, proprio la capacità di saper comunicare e la percezione generale del consumatore sul tema, è stato al centro dell’intervento di Francesco Carnevale (Zowart), che ha posto l’accento sulla galassia di parole e fattori che andrebbero inglobati nel termine sostenibilità per ottenere benefici reputazionali. Sotto i riflettori, in particolare, i concetti di partecipazione (vale a dire, unire gli sforzi per raggiungere insieme standard e obiettivi comuni per il futuro del nostro Paese), semplicità (raccontare e comunicare in modo accessibile a tutti) e sensibilità (fare leva sull’aspetto educativo per fare meglio anche nei piccolo gesti quotidiani). “Da una ricerca di web listening che normalmente facciamo per intercettare le conversazioni in rete su forum, blog e social network – ha spiegato Carnevale - è emerso che dal 24 agosto ci sono state in Italia 53.230 conversazioni sulla parola sostenibilità, ma negli ambiti più disparati, generando confusione. In base all’analisi in campo alimentare condotta dal Centro di Ricerca EngageMindsHub dell’Università Cattolica, infatti, i consumatori tendono a farla coincidere con i prodotti bio o con quelli a Km0. In compenso, secondo il 6° Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di Lifegate, negli ultimi 5 anni la percentuale di persone che la vede come un tema sentito è cresciuta del 15% rispetto a chi invece la considera ancora una moda. Quindi, di fronte a questa massiccia sovraesposizione del concetto, che rischia di rimanere solo una bella parola, il bilancio di sostenibilità può fare da amplificatore della conoscenza, in quanto ogni sua voce racchiude una sorta di storia da raccontare al consumatore”.

Lo sanno bene Francesco Ricasoli di Barone Ricasoli - azienda storica che vanta la maggiore superficie vitata di tutto il Chianti Classico e che costituisce indubbiamente un modello di riferimento per il solido legame con la tradizione e la capacità di creare innovazione e valore - e Benedetto Marescotti del Gruppo Caviro - uno dei colossi del vino italiano, proveniente dal mondo della cooperazione e recentemente certificato Equalitas, che ascrive al bilancio di sostenibilità un ruolo chiave nella propria strategia di comunicazione. “In un mondo che procede a velocità spedita – ha detto Francesco Ricasoli – dobbiamo comunicare il valore della certificazione Equalitas e ciò che sta dietro in pochi secondi sia agli operatori del trade che ai consumatori. E’ questo il principale obiettivo su cui ci stiamo concentrando negli ultimi anni”. Non da meno l’impegno di Caviro che, come ha dichiarato lo stesso Benedetto Marescotti: “da sempre si muove nel mondo della comunicazione su differenti livelli, utilizzando linguaggi altrettanto diversi in base al target di riferimento, dal consumatore al buyer, passando per i tecnici”.

E se a livello nazionale, da Nord a Sud Italia, sono tantissimi gli esempi virtuosi nel mondo del vino che da tempo hanno scelto di intraprendere la strada della sostenibilità, non sono da meno le case history presenti oltreconfine, a partire da Usa, Svezia e Germania. A darne dimostrazione gli interventi di: 

Axel Kollberg di Systembolaget, il monopolio svedese che nel 2019 ha lanciato la sua piattaforma ecofriendly per la mappatura della catena di approvvigionamento e la raccolta di dati relativi alla sostenibilità direttamente dagli attori della catena di approvvigionamento di vino, birra e alcolici nel proprio assortimento. Ciò al fine di promuovere condizioni di lavoro sicure e salutari e, allo stesso tempo, offrire ai consumatori svedesi un assortimento sostenibile. 

Sandra E. Taylor, presidente e CEO di Sustainable Business International LLC, la cui testimonianza ha acceso i riflettori su catena di fornitura, filantropia strategica e partnership per gli investimenti sociali. Senza dimenticare il suo impegno, quando ricopriva il ruolo di vicepresidente senior della responsabilità aziendale presso Starbucks Coffee Company a Seattle, sul fronte dello sviluppo di standard responsabili, etici e sostenibili per l’approvvigionamento di caffè, tè, cacao e manufatti. 

Andreas Bresning, direttore di Kölner Weinkeller, un piccolo fornitore di vini di alta qualità online e offline, fortemente radicato in Germania ma presente anche in Italia e Stati Uniti, che da sempre pubblicizza sul sito internet il proprio impegno per la sostenibilità, con focus su temi ambientali e sociali legati a questioni molto attuali, quali gli imballaggi e la supply chain, e lasciando trasparire come la condivisione di alcuni principi sia una condizione imprescindibile per instaurare un rapporto duraturo con i fornitori.

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