Mondo
L'export vino italiano cresce ma non c'è da fare salti di gioia
Export vino cresce il triplo dell’intero manifatturiero, ma made in Italy troppo ancorato a mercati storici. Troppo debole l'Italia in Cina, con il 5,6% la quota di mercato nel 2016, contro il 42,3% della Francia, e in quasi tutti i mercati emergenti
05 dicembre 2017 | C. S.
In 10 anni il trend export del vino italiano nel mondo è cresciuto in valore tre volte più della media dell’intero manifatturiero, più del doppio della gioielleria e quasi il quadruplo rispetto all’abbigliamento e al tessile. Ma proprio nell’anno in cui si delinea uno dei maggiori incrementi statistici degli ultimi tempi non mancano le contraddizioni sul comparto leader dell’agroalimentare italiano, fin qui troppo ancorato ai propri storici top importer (Usa, Germania e Regno Unito), che valgono il 60% delle esportazioni globali, contro il 39% della Francia. È quanto rivela l’analisi realizzata per Veronafiere da Nomisma-Wine Monitor in occasione di Wine2Wine, al talk show “Vino italiano: bianco o nero?” a cui hanno partecipato i vertici di Alleanza delle Cooperative (Ruenza Santandrea), Federazione italiana vignaioli indipendenti (Matilde Poggi), Federvini (Sandro Boscaini) e Unione italiana vini (Ernesto Abbona), moderati dal giornalista Paolo Del Debbio. L’analisi traccia un profilo in chiaroscuro del fenomeno vino, in grado - nel decennio 2006-2016 - di incrementare il proprio export del 74%, di generare autentici boom di mercato (con il Prosecco a +421% solamente negli ultimi 6 anni), di contribuire nello stesso periodo a un’escalation di presenze turistiche in aree rurali come Montalcino (+125%), Barolo (+64%) e Valpolicella (+54%) o di raddoppiare in 5 anni (+96%) la superficie biologica del vigneto Italia. Per contro gli aspetti critici si fanno sempre più oscuri: come la recente perdita, a favore della Francia, del primato in valore nel primo mercato import al mondo, gli Stati Uniti, o la debolezza del Belpaese in Cina (5,6% la quota di mercato nel 2016, contro il 42,3% della Francia) e in quasi tutti i mercati emergenti, il nanismo del tessuto imprenditoriale, la ‘crisi di crescita’ dei vini fermi e soprattutto la questione del prezzo medio, dimezzato rispetto a quello del competitor leader, la Francia.
Per Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor: “Il 2017 sarà ricordato come l’anno dei sorpassi. Forte di una ripresa economica ormai consolidata, il commercio internazionale di vino chiuderà l’anno con una crescita in valore superiore al 5% rispetto al 2016, trainato anche dall’imponente recupero della Russia che è cresciuta del 40% nei primi 9 mesi, dall’ennesimo sprint della Cina con +14% ad ottobre e che scalza definitivamente la Germania dal terzo scalino del podio dei top mercati di import, nonché dalla conferma dello stato di salute degli USA che si attestano a +8% a settembre, dove però si assiste anche al sorpasso del vino francese su quello italiano ad opera soprattutto di una rimonta dello Champagne e di un’esplosione delle vendite dei rosè de Provence”.
Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli indipendenti
“Vedrei molto bene un’azienda unica partecipata da pubblico e privato che si occupi della promozione di vino del mondo, sul modello francese. C’è sicuramente bisogno di un brand ombrello in grado di vendere il sistema Paese”.
Ruenza Santandrea – coordinatrice vino Alleanza delle cooperative settore Agroalimentare
“Sono d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica per la promozione, ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Unione Europea. Non si più andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative”.
Sandro Boscaini – presidente Federvini
“Abbiamo preso una sbornia, il successo degli anni passati ci ha fatto pensare di poter andare in giro per il mondo a raccontare delle storielle in maniera un po’ naif. Oggi dobbiamo trovare la maniera per metterci insieme, serve centralizzare il modo di raccontare il vino – oggi delegato alle regioni – come ha fatto la Francia. I mezzi ci sarebbero, ma ci facciamo del male da soli perché la burocrazia non li sa gestire e dobbiamo essere messi nelle condizioni almeno di spendere bene i soldi”.
Ernesto Abbona – presidente Unione Italiana Vini
“La rappresentazione dell’Italia è molto diversa da quella francese. Purtroppo ancora oggi il nostro Paese è una somma di regioni che creano ripartizione e frammentazione di risorse. In questo settore occorre tornare a premiare la meritocrazia: chi non raggiunge gli obiettivi non deve ricevere i finanziamenti”
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