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Sbocchi di mercato per l'extra vergine di alta qualità. E' questo il momento per entrare in Giappone
Dopo che un olio vegetale arricchito è stato ritirato dal mercato per la sua pericolosità per la salute viene rivalutata la naturalità. La strada però non è ancora tutta in discesa perchè, come in tutto il resto del mondo, anche il prezzo ha la sua parte
18 maggio 2013 | Duccio Morozzo della Rocca
Sono ormai 20 anni che il consumo di olio da olive in Giappone non smette di crescere e i numeri per l’anno 2011/2012 sono stati davvero da record con ben 45.000 t importate e un + 23% rispetto all’anno precedente (dati COI aprile 2013).
La principale ragione di questo felice boom di vendite è molto semplice: l’olio da olive fa bene e i giapponesi, che notoriamente tengono alla salute, lo hanno accolto a braccia aperte.
La strada per entrare definitivamente nelle case nipponiche sembra ormai in discesa per l’olio da olive ma perchè questo realmente accada dovrà superare un’ultima difficile prova confrontandosi con una categoria di prodotti molto particolari.
Quando si parla di Giappone dobbiamo infatti fare i conti con una cultura dedita al continuo miglioramento di se stessa che anche nel settore degli oli vegetali ha investito fortemente immettendo nel mercato un grande numero di oli vegetali “migliorati” vicinissimi alla propria tradizione e cultura, “made in Japan” e che promettono notevoli vantaggi per la salute dei consumatori.
Se per noi mediterranei è infatti l’extra vergine ad essere universalmente riconosciuto come il grasso vegetale in assoluto più salutare, in Giappone sono gli oli di semi raffinati, manipolati e arricchiti gli unici che possono vantare in etichetta un bollino governativo che li certifica come “prodotti che fanno bene alla salute”: dall’olio che riduce il colesterolo all’olio che riduce l’assorbimento di grassi nel corpo. Un privilegio, quello del Ministero della Salute, che non viene accordato all’olio da olive. I giapponesi, che ripongono una profonda fiducia nel loro governo, considerano gli oli certificati come maggiormente credibili rispetto a prodotti senza certificazione, soprattutto se di provenienza estera.
La salute, principale leva di marketing che ha permesso una tale espansione dell’olio da olive in Giappone, si ritrova dunque con una bella gatta da pelare nella sua conquista delle tavole del Sol Levante.
Una situazione che ritroviamo anche in altre parti del mondo, come in parte dei paesi anglosassoni o anche in Cina, dove la legislazione relativa agli alimenti salutari è diversa ed è possibile pubblicizzare i benefici di oli vegetali raffinati e modificati con una maggiore facilità presentando dati scientifici spesso troppo sbrigativi che non tengono spesso conto della grande differenza che c’è tra un olio naturale, come il succo di oliva, e uno sintetizzato in laboratorio.
Proprio uno di questi oli vegetali salutari storici molto forte sul mercato giapponese, con tanto di certificazione statale, è stato da poco ritirato a causa di studi che hanno evidenziato le sue molto probabili correlazioni con alcuni carcinomi.
E infine, come in tutto il resto del mondo, non dimentichiamo che anche il prezzo ha la sua parte.
Un’indagine di mercato svolta dalla Società Giapponese degli Oli Vegetali sui parametri di scelta degli oli dei consumatori dell’area metropolitana di Tokyo, citata per altro nell’ultimo rapporto dell’Ice di Tokyo sull’olio di oliva, ha evidenziato l’importanza del binomio prezzo-salute.
Secondo questa indagine la prima discriminante durante l’acquisto di un olio per il consumatore giapponese resta il prezzo del prodotto (77,7% degli intervistati) mentre la seconda voce maggiormente votata è la componente salutistica del prodotto (58,2%).
Possiamo dunque facilmente immaginare come un consumatore giapponese intento a contemplare l’imensa parete del supermercato piena di decine e decine di diversi oli sia maggiormente attratto da un prodotto più familiare alle sue abitudini, etichettato in un idioma comprensibile, certificato come salutare dal proprio governo e...a miglior prezzo!
Per fortuna in questo momento in supporto all’olio da olive, specialmente extra vergine, c’è la moda e il suo appeal suoi consumatori è oggi ai massimi storici.
Il binomio “salute + prezzo” può dunque essere sostituito con quello “salute + appeal” che permette anche a oli “artigianali” di trovare uno spazio di riguardo.
Per entrare o crescere in Giappone è questo il momento perfetto.
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18 maggio 2013 ore 14:16Buongiorno signor Aymerich,
non ho capito bene a cosa si riferisce quando dice "non è proprio cosi". è chiaro che per un prodotto italiano cercano l'etichetta originale perchè più affascinante e autentica ma non è questo il punto dell'articolo...
Anche se lei vende bene in Giappone non significa che tutti i giapponesi comprano il suo olio extra vergine italiano e autentico: la percentuale di quelli che scelgono l'olio di semi modificato garantito dal governo giapponese, mi creda, è decisamente maggiore.
E qui torniamo al tema dell'articolo che voleva mettere in luce come gli li di semi dichiarati salutari del governo giapponese possano essere un valido ostacolo all'extra vergine.
un cordiale saluto
Duccio Morozzo
Emanuele Aymerich
18 maggio 2013 ore 02:09non è proprio cosi, io ho venduto per anni in Giappone e sto ricominciando proprio in questo periodo: nessuno vuole l'etichetta in giapponese perché sa di prodotto non originale italiano ma creato per apposta per l'esportazione, quando la propongo mi prendono per matto. Gli importatori preferiscono aggiungere loro una pecetta in giapponese, ma esigono la confezione più italiana possibile, e tengono moltissimo alla storia e alle tradizioni dell'azienda produttrice, per loro è fondamentale ed è fondamentale poterla propagandare ai loro clienti, la tradizione è una parte importantissima, nella loro cultura. Certificazioni? Mai chieste, ma i loro buyer sanno riconoscere benissimo la qualità, oramai da anni.
Emanuele Aymerich
18 maggio 2013 ore 15:40Ma certamente, io mi riferivo solo al punto in cui dice "intento a contemplare l’imensa parete del supermercato piena di decine e decine di diversi oli sia maggiormente attratto da un prodotto più familiare alle sue abitudini, etichettato in un idioma comprensibile...". Sembrava un invito ad etichettare in giapponese i nostri oli per venderli meglio, mentre io ho riscontrato il contrario. Buona domenica.