Italia 15/10/2020

Ricerca universitaria e imprese unite in nome dell'olio extra vergine di oliva di qualità

Ricerca universitaria e imprese unite in nome dell'olio extra vergine di oliva di qualità

All’Università Campus Bio-Medico di Roma focus di esperti per valorizzare i prodotti italiani derivanti dall’oliva attraverso tecniche analitiche innovative per uno sviluppo sostenibile e contro la contraffazione


In un periodo di crisi economica, cambiamenti climatici e raccolti scarsi, valorizzare gli scarti di prodotti di qualità come l’olio extravergine di oliva italiano può dare nuovo impulso al settore. La collaborazione trasversale tra mondo universitario e della ricerca, operatori della filiera olivicola, istituzioni e grande distribuzione costituisce la via maestra su cui costruire l’olivicoltura di oggi e domani. Il ruolo di questo importante settore e l’uso degli scarti del prodotto nello scenario dell’economia circolare è stato uno degli argomenti di cui si è parlato nel corso del webinar organizzato dall’Università Campus Bio-Medico di Roma “#italians do it better: le molecole bioattive nell’olio extravergine di oliva e degli scarti di lavorazione per la salute delle persone” all’interno del progetto Violin.

Un settore che conta più di 500 cultivar distribuite in un territorio vasto e diversificato che coinvolge pressoché la totalità delle regioni italiane, dalla Sicilia al Trentino. Le potenzialità del settore sono enormi, sebbene la frammentazione sia alta. Basti pensare che in Italia ci sono circa 970mila aziende olivicole distribuite in poco più di un milione di ettari. In pratica, si conta una media di circa 1 impresa a ettaro. A questo si aggiunge una frammentazione anche regionale, per cui abbiamo una maggior produzione al sud (soprattutto Puglia, Calabria e Sicilia) e una porzione particellare nelle altre regioni.

“Come Università Campus Bio-Medico di Roma ci siamo occupati della valutazione di una delle componenti bioattive degli oli extravergine di oliva e dei suoi prodotti di scarto. Fino ad oggi abbiamo analizzato più di 300 campioni di olio extravergine di oliva di qualità proveniente da diverse aree geografiche italiane per la valutazione della quantità di composti bioattivi e della loro attività antiossidante. È stato riscontrato un ampio intervallo di variabilità tra i campioni con concentrazione di composti fenolici bioattivi tra 50 e 800 mg/Kg di olio. Tali molecole, ottenute anche dai prodotti di scarto, hanno mostrato una interessante attività anti-infiammatoria e anti-ossidante in modelli cellulari”, afferma la professoressa Chiara Fanali, Presidente del Corso di Laurea in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Negli ultimi anni, inoltre, stiamo assistendo a una variazione di produzione tra un annata e l’altra, con l’alternanza di periodi di carica e di scarica. Secondo i dati forniti da Ismea stima in circa 365mila tonnellate la produzione nazionale di olio di oliva del 2019, pari al 108,6% in più della scarsissima annata 2018. E anche quella del 2020 secondo le proiezioni non sarà una buona annata. Secondo le prime previsioni la produzione di olio extravergine d’oliva in Italia vede un calo del 40% rispetto all’anno precedente.

“Solo l’olio extravergine d’oliva contiene e porta in sé tutte quelle caratteristiche chimico fisiche naturali dell’olio, percepibili anche a livello organolettico, alleati della salute umana e che fanno di questo prodotto non un semplice prodotto alternativo e sostituibile, ma un prodotto quotidiano nelle nostre abitudini alimentari che diviene nutraceutico nell’apporto che dà al nostro organismo in termini positivi e preventivi”, ha affermato Lugi Canino, coordinatore settore olio ACI (associazione Cooperative Italiane).

“Dall’oliva tiriamo fuori l’olio che è il prodotto principe dell’olivicoltura, ma anche sottoprodotti come la sansa e acqua. Abbiamo quindi un residuo grasso ricco di acidi grassi e un contenuto elevato di composti fenolici con un’umidità variabile che va dal 35 al 75%. Arrivare con la ricerca a una valorizzazione del sottoprodotto sarebbe per noi importante e rilevante per tutto il settore - ha sottolineato Paolo Mariani, presidente Filiera olivicola olearia e Assofrantoi - Oggi i prodotti cosiddetti di scarto come la sansa sono destinati ai sansifici (sempre meno diffusi), o alla produzione energia elettrica attraverso i bio-oli. Entrare in nuovi settori come la cosmesi è un elemento importante per tutta l’olivicoltura italiana”.

Ed è proprio con lo scopo di valorizzare i prodotti derivanti dall’oliva attraverso tecniche analitiche innovative che tre anni fa è nato il progetto Violin, finanziato dalla fondazione Ager- Agroalimentare e Ricerca e coordinato dall’università di Messina. Il progetto, che vede coinvolta l’Università Campus Bio-Medico di Roma, comprende 11 unità di ricerca dislocate su tutto il territorio nazionale e ruota intorno a una caratterizzazione degli oli, sia dal punto di vista delle proprietà nutrizionali e nutraceutiche (macro e micro costituenti); una parte della ricerca si occupa del recupero dei nutraceutici dagli scarti; una parte che si concentra sulla determinazione dei metalli; il profilo aromatico; un aspetto che cura le attività biologiche (attività antiossidante e antinfiammatoria). I dati ottenuti con la ricerca contribuiranno a costruire il database di composizione degli EVO italiani di qualità e saranno di aiuto anche per il contrasto alla contraffazione e alle frodi.

“L’olio italiano nell’immaginario collettivo internazionale è sinonimo di qualità e, purtroppo, proprio per questo viene contraffatto. Noi come operatori della filiera, insieme al mondo della ricerca, siamo sempre in prima linea nel combattere la contraffazione, che penalizza i produttori ma anche e soprattutto i consumatori”, conclude Canino.

di C. S.