Italia
Città del Vino, più cultura e più reddito grazie alla vitivinicoltura di eccellenza
Oltre il 90% della vitivinicoltura italiana è legata alle tradizioni e alla continuità familiare e laddove domina l'agricoltura di qualità, il tasso di disoccupazione è di circa 3 punti più basso della media nazionale
22 marzo 2017 | C. S.
Nelle Città del Vino ci sono più laureati e diplomati rispetto alla media nazionale: 17,7% i laureati e 32,4% i diplomati contro rispettivamente il 10,6% e il 28,5%. Nei borghi del vino c’è anche meno disoccupazione: circa il 9% contro la media nazionale dell’11,4%. Nelle piccole Città del Vino cresce inoltre la quota di popolazione che può contare su un reddito da lavoro o da capitale: 25-26% contro il 21,3% del dato italiano. Nelle Città del Vino si costruisce un po’ di meno e si pensa sempre più alle possibilità concrete offerte dall’enoturismo: tra il 2007 e il 2015 i servizi ricettivi delle Città del Vino sono cresciuti del 99%. La media italiana è di appena il 28%.
E poi nelle Città del Vino si beve e mangia meglio. I più importanti Comuni italiani a vocazione vitivinicola sono tutti Città del Vino: Barolo, Barbaresco, Marsala, Montalcino, Montepulciano, Scansano, Conegliano, Valdobbiadene, Pantelleria, solo per citare i più noti. Anche in termini di eccellenze gastronomiche la ricchissima offerta di qualità italiana (291 tra Dop, Igp e Stg) e tradizionale (circa 5.000 piatti e PAT iscritti all’Elenco Nazionale del Mipaaf) coinvolge moltissime Città del Vino, che spesso fanno parte anche di altre associazioni di identità, cioè sono contemporaneamente Città dell'Olio, Città del Bio, del Miele, del Castagno, della Chianina, del Pane, della Nocciola, del Tartufo …
E la bellezza? Solo per citare i territori Unesco, tante Città del Vino ricadono in siti riconosciuti e protetti a livello internazionale, come Porto Venere/Cinque Terre, Amalfi, la Val d’Orcia, le Langhe il Roero e il Monferrato, Pantelleria per la pratica agricola della vite ad alberello; e poi Roma, i centri storici di Siena e San Gimignano, Aquileia, la Val di Noto, l’Etna, la Palermo arabo-normanno, Cefalù e Monreale con le rispettive cattedrali; e in dirittura d’arrivo le colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.
Questa in estrema sintesi la fotografia del Libro Bianco per i 30 Anni delle Città del Vino, elaborato dall’Associazione (a cura di Alessandra Calzecchi Onesti) incrociando i dati delle fonti oggi disponibili (Istat 2011, Censis, Qualivita, Ismea, Iss e altri). Il testo è stato presentato in Campidoglio il 21 marzo per le celebrazioni del Trentennale alla presenza di autorità, sindaci, produttori e giornalisti. Con interventi e saluti di: Fabrizio Montepara, presidente di Res Tipica; JosèCallixto, presidente di Recevin (rete delle Città del Vino d’Europa); Young Suk Kim, sindaco di Yeongcheon (nuova Città del Vino della Corea del Sud); e del presidente dell’Associazione Nazionale Città del Vino, Floriano Zambon. La mattinata ha visto anche un breve intervento sul Dna e il futuro della viticoltura italiana, da parte del professor Attilio Scienza, e sulle sfide dell’Urban Planning nelle Città del Vino, a cura del professor Davide Marino. La cerimonia si è conclusa con le premiazioni del Trentennale per amministratori pubblici, ex presidenti di Città del Vino, giornalisti, ricercatori e 17 famiglie del vino italiano di altrettante regioni (sotto l’elenco).
“La qualità dell’ambiente, le bontà enogastronomiche, la bellezza dei borghi e dei nostri paesaggi, ma anche il lavoro, lo stile di vita, le relazioni sociali e il tessuto produttivo fanno delle Città del Vino un modello di riferimento per tutta l’Italia. Dobbiamo ripartire anche dai valori delle Città del Vino per ripensare il nostro Paese – sottolinea il presidente Floriano Zambon -. Trent’anni di vita, progetti e attività al servizio dei territori lo dimostrano: nei luoghi con una forte identità si vive meglio, c’è più lavoro, la qualità della vita è più alta. La vite e il vino sono due elementi attorno ai quali si può ripensare una comunità. La nostra storia lo insegna e non sono soltanto i dati a parlare”.
Il Libro Bianco dei 30 Anni è un’approfondita analisi dell’universo delle Città del Vino sotto tanti aspetti e temi: le buone pratiche ambientali, i piani regolatori delle Città del Vino, i progetti legati all’archeologia della vite, i musei del vino e della cultura rurale, ma anche la zonazione, la pianificazione urbana attorno al “cibo”, l’educazione al consumo, le pari opportunità e molti altri. Il documento si conclude con lo statuto e il regolamento dell’Associazione, la Carta della Qualità, l’Alfabeto delle Città del Vino e il manifesto un “Vino onesto è un prodotto della terra”. Ampio rilievo è dato anche ai contributi e alle riflessioni dell’Associazione sui più importanti temi che interessano la filiera e i territori vitivinicoli e ad alcune proposte che intende lanciare per una maggiore valorizzazione dei Comuni e degli Enti associati. La prima proposta punta a raccogliere il patrimonio informativo che ruota intorno alle Città del Vino in un sistema informatizzato secondo un modello di Big Data che accompagni i progetti e i servizi da sviluppare nei prossimi anni. Un secondo intervento prevede accordi e convenzioni con atenei e istituti per promuovere il patrimonio territoriale delle Città del Vino attraverso ricerche, pubblicazioni, eventi, iniziative di marketing. Un terzo ambito riguarda la comunicazione coordinata sul web per tutte le Città del Vino, mettendo in rete attraverso modelli di visualizzazione comuni e condivisi l’offerta enoturistica dei Comuni associati.
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