Italia

Mercati contadini o export? Alla baruffa tra Cia e Coldiretti risponde Ismea

Vendere il cibo Made in Italy è una priorità per il Paese ma come e dove? Coldiretti festeggiai il successo dei mercati contadini mentre la Cia guarda all'export. Tra i due contendenti si inserisce Ismea, con un'indagine sui canali di sbocco delle imprese agricole

28 settembre 2016 | C. S.

Mercati contadini o export? La questione è fonte di divisione tra il mondo associazionistico agricolo italiano.

Secondo Coldiretti, l’Italia ha conquistato in pochi anni la leadership mondiale nei mercati contadini davanti agli Usa e Francia con la piu’ vasta rete di vendita diretta degli agricoltori organizzata con proprio marchio del mondo grazie alla Fondazione Campagna Amica alla quale vanno riferimento oggi quasi ventimila agricoltori.  In pochi anni è nata e cresciuta in Italia una rete unica a livello internazionale per dimensioni e caratteristiche che ha esteso la sua presenza dalle fattorie ai mercati, dai ristoranti al cibo di strada, dagli agriturismi agli orti urbani. Complessivamente la rete di Campagna Amica – spiega la Coldiretti - è composta da 9030 fattorie, 1135 mercati, e 171 botteghe, cui si aggiungono 485 ristoranti, 211 orti urbani e 34 punti di street food, dove arrivano prodotti coltivati su circa 200mila ettari di terreno. Sul piano ambientale grazie alla spesa nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica si è ridotta di 98 milioni di chili l’anidride carbonica ad effetto serra emessa nell’atmosfera in un anno mentre si stima che - rileva la Coldiretti - almeno 100 varietà vegetali definite minori, tra frutta, verdura, legumi, erbe selvatiche e prodotti ottenuti da almeno 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta trovino sbocco nell’attuale rete. I mercati si sono in realtà trasformati nel tempo da luoghi di commercio a momenti di aggregazione, svago e socializzazione con lo svolgimento di variegate attività che vanno dai corsi di formazione per l’orto ai laboratori didattici per i bambini, dai cooking show con gli agrichef all’educazione con i tutor della spesa. Una rete importante anche dal punto di vista turistico con il 70% degli italiani in vacanza durante l’estate 2016 che ha visitato frantoi, malghe, cantine, aziende, sagre, agriturismi o mercati degli agricoltori per acquistare prodotti locali a chilometri zero direttamente dai produttori e ottimizzare il rapporto prezzo/qualità.

Secondo la Cia, a fronte di una produzione nazionale che vanta oltre 5.847 tra cibi tradizionali e denominazioni di origine, l’Italia porta sulle tavole dei consumatori internazionali non più di 200 “veri” prodotti del Made in Italy. La “reputation” del nostro agroalimentare è buona, per la stragrande maggioranza degli stranieri “un must”, ma la cifra mossa dall’export è di quasi 37 miliardi di euro rispetto a un potenziale di almeno 70 miliardi. In sostanza, un paniere molto limitato di prodotti copre oltre il 90% del fatturato complessivo, che per 24 miliardi di euro è generato addirittura da scambi con le sole nazioni di Germania, Francia e Regno Unito. Recenti studi e analisi, su come “vengono percepite” le produzioni italiane all’estero, dicono che ben 4 consumatori stranieri su 10 giudicano la qualità dei nostri cibi superiore rispetto a quella locale, il 43% degli statunitensi chiede più Made in Italy nei supermercati e ben il 74% dichiara di essere disposto a riconoscere un prezzo maggiorato sui prodotti, a patto che siano 100% italiani. La domanda è forte, ancora di più se si considerano quei Paesi praticamente vergini negli scambi con l’Italia o le realtà emergenti come l’Asia. Eppure i conti sembrano non tornare. A puntare il dito sulla mancanza di una strategia italiana di lungo respiro sulle politiche agroalimentari connesse all’export, è il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino: “Ho il timore che, a forza di parlare solo di ‘km zero’, stiamo relegando le nostre produzioni di eccellenza alla vendita nei mercatini rionali, che complessivamente generano un fatturato inferiore al miliardo e mezzo di euro -ha dichiarato nel corso dell’iniziativa alla Stampa Estera-. Questa strategia ‘limitata’ blocca, invece, un potenziale da almeno 70 miliardi di euro in export”. Finora, è emerso dalla conferenza della Cia, l’Italia non ha mai messo in campo (o lo ha fatto poco e in maniera disorganica) una strategia funzionale per aggredire i mercati stranieri, organizzando e accompagnando le imprese agroalimentari in questo processo. E anche da qui origina il fenomeno dell’Italian sounding e dei “falsi Made in Italy”, che ha trovato campo libero sui mercati internazionali, venendo a mancare di fatto il presidio dei prodotti “veri”.

Tra i due contendenti si è inserita Ismea che ha lanciato uno studio sui canali di sbocco delle aziende agricole. La vendita diretta è praticata dal 22% delle aziende agricole italiane, e tra queste la metà ricorrono in esclusiva a questa forma di commercializzazione. Più nel dettaglio, l’analisi di vari canali di sbocco indica un’estrema eterogeneità da settore a settore: per le aziende con allevamenti da carne il canale preferenziale è direttamente l’industria di prima trasformazione, a cui destinano il 43% dei capi allevati, mentre per le aziende della zootecnia da latte è più rilevante la quota di produzione (46%) destinata agli organismi associativi (Cooperative, Associazioni, OP, Consorzi), come anche nel caso dei viticoltori (39%), e degli operatori specializzati in seminativi (38%) e legnose (31%). Questi ultimi due settori destinano una quota altrettanto significativa della produzione agli intermediari commerciali. Dalle risposte fornite, risulta poi che il 35% della produzione nazionale di olio di oliva viene venduta direttamente al consumatore finale. La vendita diretta è infatti molto diffusa tra le aziende olivicole e interessa il 44% delle aziende intervistate, tra le quali la quota maggiore la utilizza come unico canale di commercializzazione. Relativamente ai mercati di destinazione, complessivamente la quota di prodotto che le aziende destinano all’estero ammonta a 4% del totale, di cui il 3% verso i Paesi europei e l’1% verso i Paesi Extra-Ue. Le percentuali sono analoghe per tutti i comparti, a eccezione delle aziende olivicole e vitivinicole, per le quali la quota estera sul totale commercializzato ha un’incidenza più rilevante (rispettivamente, 7% e 13%). La destinazione geografica principale rimane la provincia stessa di localizzazione dell’azienda, dove viene esitata una quota pari al 74% del totale commercializzato dalle imprese nell’ultima campagna commerciale. In riferimento alle tipologie di contratto, sulla base delle risposte fornite dalle aziende intervistate, emergerebbe che il contratto scritto di durata uguale o inferiore all’anno sia molto più diffuso di quello di durata superiore ai 12 mesi e che molti imprenditori pratichino ancora l’accordo verbale, o in fase preliminare al contratto scritto o perché attinente a cessioni di prodotti realizzate in seno a un organismo associativo. Per più della metà degli operatori, il prezzo viene fissato sulla base di quello praticato dai principali mercati di riferimento al momento della stipula del contratto ma con aggiustamenti alla consegna in base alla qualità. Le aziende che aderiscono a una cooperativa, si basano, infine, sul prezzo di liquidazione fissato da questa.

 

Potrebbero interessarti

Italia

L'olio di oliva umbro si promuove negli alberghi

L’accordo si inserisce in un quadro più ampio che vede il territorio umbro sempre più protagonista nel panorama del turismo esperienziale e consapevole. L'Umbria è benchmark in Italia nel comparto del turismo dell'olio

06 giugno 2025 | 09:00

Italia

Padova scommette sul rilancio della propria olivicoltura

Nella provincia veneta attive 400 aziende olivicole per una produzione annuale è di circa 20mila quintali di olive, da cui si ottengono 2.500 ettolitri di olio extravergine di oliva. Le varietà sono Rasara, Leccino, Pendolino, Frantoio

05 giugno 2025 | 12:00

Italia

Il podcast che celebra il valore umano e sociale della pizza

Undici episodi per undici ritratti di pizzaioli tra emozioni, aneddoti e storie di vita per un racconto corale sull’anima autentica della pizza. Sarà Franco Pepe ad aprire la galleria di ritratti

04 giugno 2025 | 18:00

Italia

A fuoco la Facoltà di Agraria dell'Università della Tuscia

Devastante incendio ll’università della Tuscia di Viterbo: le fiamme si sono propagate sul tetto della facoltà di Agraria e hanno interessato anche il piano sottostante dove ci sarebbero dei laboratori

04 giugno 2025 | 13:40

Italia

I cosmetici ricavati dall'olivo: l'esempio ligure

L’ombretto, lo scrub e l’eyeliner “Sciamàda” dalla polvere micronizzata del seme dell’oliva e crema illuminante, struccante dagli estratti di foglie di olivo, ricchi di composti antibatterici

03 giugno 2025 | 11:00

Italia

11 milioni e 900 mila euro ai viticoltori toscani per la promozione

Le aziende del settore vitivinicolo toscane interessate a far conoscere e promuovere il vino toscano nei Paesi non europei avranno tempo fino al 15 luglio. Il limite massimo di contributo pubblico per ciascun progetto non potrà superare i 500.000 euro

03 giugno 2025 | 10:00