Italia

L'Italia non è un paese per giovani... agricoltori

Agricoltura under 40 frenata in Italia da un basso ricambio generazionale ma anche da una visione limitante sulle possibilità di sviluppo del settore. Si scopre dai primi numeri della ricerca Nomisma

11 novembre 2014 | C. S.

È vero che in tempi di crisi sempre più giovani guardano al settore agroalimentare come risorsa occupazionale? Quali sono le dimensioni del fenomeno e quali le reali prospettive di impiego?

L’indagine Nomisma parte da uno scenario di riferimento imprescindibile per valutare la sostenibilità futura del settore primario in Italia e la reale portata della presunta “corsa all’agricoltura”. Il trend occupazionale tra il 2008 e il 2013 è negativo: se coloro che hanno un impiego in questo comparto sono diminuiti del 6%, quelli con meno di 24 anni registrano un calo più che doppio, pari al-15%. A questo dato va aggiunto il singolare tasso di senilizzazione di cui soffre il nostro Paese rispetto ad altre nazioni europee: se in Italia gli imprenditori agricoli con oltre 65 anni di età costituiscono il 37% del totale, contro il 5% di chi invece ha meno di 35 anni, in Francia gli over 65 sono pari al 12%, mentre in Germania sono solo il 5,3%. Questa struttura demografica si riflette ovviamente sull’indice di ricambio generazionale (rapporto tra imprenditori con meno di 35 anni e imprenditori con oltre 65 anni) che vede l’Italia in una posizione di debolezza relativa rispetto ai principali Paesi europei. Se in Italia l’indice di ricambio generazionale è pari al 14% (nel 1990 era il 17,5%), vale a dire 14 giovani ogni 100 anziani, tale rapporto in Spagna è del 18%, del 73% in Francia e addirittura del 134% in Germania (media UE-27=25%).

Per quanto riguarda invece la diffusione dell’innovazione, la stessa non tarda a farsi strada nelle aziende giovani: l’intensità del lavoro per ettaro di SAU è più bassa nelle aziende agricole giovani (9,7 giornate/ettaro rispetto alla media di 10,5), indice di una maggior innovazione/meccanizzazione; la media settoriale di chi possiede un computer è limitata al 3,8% delle aziende, un dato che nelle realtà condotte da giovani agricoltori raggiunge il 45,5%. Ben il 46,4% dei giovani propendono inoltre per diversificare le attività, rispetto al 37,4% degli over 40.

Al desiderio di innovare, individuato nel campione dei giovani agricoltori, si frappone una visione di agricoltura limitante. Tra gli handicap per lo sviluppo dell’attività sono stati additati la burocrazia e la difficoltà a reperire risorse finanziarie per effettuare investimenti finalizzati ad aumentare il tasso di competitività.

Dalla ricerca Nomisma emerge che meno del 10% dei giovani agricoltori è soddisfatto della propria dotazione di macchine e attrezzature, e, infatti, 3 agricoltori su 4 dichiarano di essere intenzionati ad acquistare nuove macchine agricole nei prossimi 5 anni, anche se permane una sensazione di incertezza per il futuro. Influisce negativamente la percezione da parte del 67% degli intervistati di essere considerati dall’opinione pubblica – in qualità di agricoltori - di “rango sociale” inferiore. Questa sensazione negativa porta il 47% dei giovani agricoltori ad auspicare che i propri figli continuino l’attività agricola a patto di un miglioramento delle condizioni economiche del settore, mentre un 10% si augura che possano trovare occupazione in un altro comparto. Sensazioni simili e per la massima parte di segno negativo, giungono anche dal campione di giovani non agricoltori. Serpeggia l’idea che all’agricoltura corrisponda fatica e povertà, anche se ne viene riconosciuta l’utilità sociale, ambientale ed economica per la collettività.

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