Gastronomia

DELIRIO ITALIANO. OVVERO COME LA TV BANALIZZA LA CULTURA DEL CIBO

Lo scrittore Mario Soldati realizzò per la Rai un programma culturale di culto: "Viaggio lungo la Valle del Po". Un documentario in più puntate il cui successo ancora si rievoca con tanta nostalgia. Ma è davvero possibile fare una Tv di qualità con temi che rimandino al cibo senza per questo subire le tante baggianate che oggi ci propinano?

15 maggio 2004 | C. S.

In occasione della Fiera del libro di Torino, tra i vari appuntamenti, va giustamente segnalato il ciclo di incontri "La società italiana nello specchio della tv", a cura di Aldo Grasso. Sabato 8 Maggio, in particolare c'è stata la presenza di Philippe Daverio, Carlo Petrini e Michele Serra. Con interventi utili ai nostri lettori.

Il tema scelto per rivisitare i punti salienti dei cinquant'anni della nostra televisione aveva per titolo "Il viaggio culturale. Viaggio lungo la valle del Po" in ricordo del celebre documentario realizzato da Mario Soldati nel 1957. Davanti a una sala affollata Aldo Grasso ha aperto l'incontro proponendo agli ospiti di riflettere sul perché "sia così difficile oggi fare programmi culturali e in particolare buoni programmi sul cibo".

Carlo Petrini, presidente di Slow Food, ha denunciato con fermezza una "regressione costante e quotidiana" dei programmi televisivi, portando come esempi quelli che parlano di alimentazione e cucina, riguardo ai quali ha sottolineato errori, pressappochismo e incompetenza. "E' un delirio, l'Italia non si merita questa cultura del cibo come è presentata oggi dalla televisione, perché proprio per il cibo è famosa nel mondo. La natura stessa dell'argomento lo rende difficilmente affrontabile: parlare di cibo senza consumarlo è difficile, devono entrare in gioco altre sensazioni visive. Soldati era un bravissimo operatore, riusciva a dare le notizie godendo sinceramente per esse. I programmi sulla cucina di oggi terminano invece con una opulenza che stona. Basterebbe un solo prodotto ben descritto e ti verrebbe la voglia di mangiarlo". Petrini ha sottolineato quanto i cibi siano profondamente legati alla cultura del territorio.

"Gli anni del programma di Soldati erano anni di passaggio da una società a un'altra: allora la popolazione contadina era il 50%, ora è il 3,5%. Soldati era un uomo colto che coglieva le trasformazioni in corso, il primo intellettuale che ha avuto un riconoscimento pubblico attraverso la Rai".

Aldo Grasso ha notato che in tutte le puntate del documentario di Soldati c'era un altissimo senso della curiosità, un aspetto che la televisione di oggi ha perso.
Michele Serra ha concordato con il pensiero di Grasso, confermando la sua sensazione che "viviamo in un'epoca di disincanto, pensiamo di aver visto e vissuto tutto quello che c'era da vivere. Non è passato neanche mezzo secolo dal documentario di Soldati, eppure sembrano passati due millenni e sicuramente viviamo scompensi civili e culturali dovuti a questa accelerazione dei cambiamenti.
'Viaggio lungo la valle del Po' è stata una trasmissione costosissima per i tempi di allora e oggi sarebbe improponibile, gli investimenti culturali ormai vengono considerati inaccettabili".

Philippe Daverio, conduttore della trasmissione "Passepartout", definita da Aldo Grasso "l'unica trasmissione culturale della Rai e quindi della televisione italiana" ha proposto di considerare il problema da un punto di vista opposto: "E se il documentario di Soldati fosse il primo tentativo di un qualcosa da costruire? Questa incapacità di fare programmi culturali deriva da una cultura che si fonda sulla audience. Invece di contare quanta gente guarda la televisione, facciamo un sondaggio sulla non-audience: quanti professionisti, studiosi, studenti oggi non guardano più la televisione?".

Fonte: Daniela Lo Piccolo

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