Gastronomia
Produttori d'extra vergine e ristoratori. Prove di dialogo
Parlano linguaggi diversi e così nascono incomprensioni. Per venire incontro alle esigenze di entrambi nasce l'Associazione internazionale ristoranti dell'olio
09 marzo 2013 | Alberto Grimelli
Il rapporto tra ristoratori e produttori d'extra vergine è spesso difficile, connotato persino da asprezza. Tutta colpa di interessi confliggenti, o in apparenza tali, mentre potrebbero ritrovarsi alleati, a tutto beneficio dei consumatori.
Perchè non è così?
“Vi è una innata diffidenza da entrambe le parti – ci dice Filippo Falugiani, presidente dell'Associazione internazionale ristoranti dell'olio (Airo) – le aziende da una parte di lamentano della scarsa affidabilità commerciale dei ristoratori italiani. I ristoranti, viceversa, lamentano prezzi troppo alti e talvolta difficoltà di approvvigionamento di oli di qualità. L'Associazione che presiedo ha proprio lo scopo di gettare nuovi ponti di comunicazione, superando storiche e radicate incomprensioni. Le esigenze della ristorazione e del mondo dell'olio sono diverse, ma questo non significa che siano inconciliabili.”
Dialogo significa riunire sotto un unico tetto il mondo della produzione e quello della ristorazione. E' questa la vera novità di Airo. Non ognuno per la propria strada ma cercare di costruire un percorso comune.
“Il ristoratore deve avvertire che da parte degli avventori c'è l'esigenza di oli di qualità, in tavola e in cucina – aggiunge Falugiani – oggi è così solo in una fascia molto limitata della ristorazione, quella gourmet. Occorre ampliare la base. In quest'ottica è necessario far conoscere l'extra vergine di qualità e le potenzialità di questo sui piatti. Il ristoratore può essere un ottimo veicolo culturale per l'olio d'oliva ma deve essere affiancato e aiutato. Per queste ragioni l'Associazione si propone la realizzazione di serate a tema ma anche consulenze per l'inserimento nel menu di prodotti di qualità. La difficoltà, specie all'inizio, è però la selezione degli oli. E' per questa ragione che ci siamo inventati un concorso. Di fatto offrirà garanzie e certezze su prodotti d'eccellenza. Spesso il produttore sottovaluta l'importanza del rapporto fiduciario che invece per il ristoratore è importantissimo. Basilare nel proprio lavoro perchè è spesso l'elemento che lo fa emergere, che fidelizza la clientela.”
I ristoratori che decideranno di associarsi potranno dunque usufruire della consulenza dei membri dell’associazione nella scelta degli oli da usare in cucina e di quelli da presentare in tavola al cliente, oltre ad avere la possibilità di acquistare i prodotti a prezzi vantaggiosi. Potranno inoltre beneficiare di sconti su corsi di formazione e di assaggio, avendo così la possibilità di trasmettere al cliente le giuste informazioni sul prodotto e sul suo corretto utilizzo in cucina.
Le aziende produttrici di olio che si associano potranno partecipare gratuitamente al concorso “Liquor d’Ulivi” ed avere la possibilità di far conoscere ed eventualmente vendere il proprio prodotto ai ristoranti. Inoltre avranno la possibilità di partecipare a tutti gli eventi organizzati dall’Associazione, e di essere promosse e pubblicizzate con ogni mezzo a disposizione.
Vendere olio nei ristoranti?
“Perchè no, è una possibilità – conferma Falugiani – ovviamente il veicolo principale dell'extra vergine dovrebbe essere sui piatti, come condimento, ma perchè escludere a priori che i ristoratori possano essere dei buoni commercianti d'olio? E' un percorso possibile. In tutte le famiglie vi è una bottiglia d'olio a casa. Tutte le famiglie, ogni tanto, vanno al ristorante. Degustando piatti di qualità può esserci lo stimolo a portarsi a casa una buona bottiglia d'extra vergine.”
In quanto tempo ritiene che questo percorso possa dare buoni frutti?
“L'errore principale in cui si può incorrere oggi è quello di avere troppa fretta – conclude Falugiani – so bene che i produttori attendono un salto culturale da parte della ristorazione da molto tempo ma, specie in questo periodo di crisi, spingere troppo sull'accelleratore può risultare persino controproducente. Ci si può arrivare, credo, in 5-10 anni.”
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Accedi o RegistratiEmanuele Aymerich
11 marzo 2013 ore 18:10Concordo con il Sig. Spreafico, il ristoratore è quasi sempre il cliente peggiore: solitamente cerca solo il prezzo stracciato e l'eleganza della bottiglia, non capisce niente di olio di qualità e, se per caso se ne intende, nella migliore delle ipotesi compra qualche bottiglia di qualità da portare a tavola SOLO se richiesto dal cliente, ma adottando il vecchio trucco di servire sempre i piatti già ben conditi in cucina in modo che le bottiglie da tavola vengano richieste dal minor numero di clienti possibile (anche per evitare che nell'attesa che arrivino i piatti lo consumino con il pane), ma naturalmente nelle cucine usa olio dozzinale, non certo lo stesso olio che fa vedere in sala (sempre ammesso, e non concesso, che le bottiglie non siano rabboccate). Certo, non tutti i ristoratori sono così, ce ne sono anche di attenti alla qualità, sia a tavola che in cucina, che hanno capito che alla lunga la qualità paga, e non solo sull'olio, ma quanti sono? Il 5%? Qui ci vorranno altri trent'anni, altro che dieci, io fornisco ristoranti da 12 anni ma non vedo progressi, sinceramente. E io, al ristorante, mi porto la mia bottiglietta privata.
Massimo Spreafico
10 marzo 2013 ore 08:06Ieri , approfittando del fermo dei lavori di potatura causa pioggia, Ho battuto il centro storico di una importante città del nord. Risultato, i piccoli negozi magari anche in affanno comperano qualche cosa o almeno ci provano. I ristoranti proprio no, sembra che il discorso carta degli oli proprio non lo vogliono. Si sentono superiori ? Se la tirano troppo? Non lo so ma vetro è che spendere 30/40 euro per un pranzo per avete bottiglie di olio rancido sul tavolo... Altro che 10 anni devono passare!
Calogero salvatore Certa
09 marzo 2013 ore 21:27questa idea mi piace tanto perchè cosi' facciamo conoscere meglio l'olio extra vergine d'oliva comunque speriamo bene!
Filippo Falugiani
05 aprile 2013 ore 16:27Io invece sono convinto che con un po’ di fiducia da parte di tutti si possono ottenere risultati. È scorretto dire che il ristorante cerca solo il prezzo: come tutte le altre categorie lavorative, cerca il giusto rapporto. Si possono trovare oli buonissimi in ristoranti di fascia medio-bassa e olio vecchi, furberie e quant’altro di poco corretto in ristoranti di fascia medio-alta o alta. Ossia è l’interesse del ristoratore a valorizzare il prodotto (che sia l'olio o altro) nel quale crede di più. Ma sono distinzioni di livello, non di categoria tout court. Così come non si può negare che ci siano produttori e distributori d'olio di eccellenza e tanti altri interessati solo al prezzo e alla vendita, che sporcano con le loro machiavelliche operazioni tutta la categoria. La ristorazione e l'olio devono affrontare un dialogo complesso e lungo, serve tempo e soprattutto dobbiamo evitare di cadere nel tranello del pregiudizio e fare un mucchio di rifiuto escludendo anche la vera qualità. Dobbiamo fare piccoli passi per arrivare a cambiare la mentalità non del ristoratore, che credetemi è più morbida di quanto pensiate, ma del consumatore finale, che si dimostra sempre ben disposto nella teoria delle cose e poco, purtroppo nella sua realizzazione. E il ristorante è il tempio della cucina, da dove questo processo deve obbligatoriamente passare. Quando si parla di commercio è inutile negare l’importanza del prezzo, molto spesso incedente sulle scelte e sul giudizio più della qualità stessa. È vero che ci sono persone disposte a pagare qualche euro in più per avere una qualità maggiore, ma per rispondere a Emanuele Aymerich, saranno si e no il 5%. Dobbiamo renderci conto di ciò e proseguire con umiltà e buon senso da entrambe le parti, far si che finalmente si realizzi il connubio tra ristorazione e olio atteso da tempo, ma non impossibile.
“Come raggiungere un traguardo? Senza fretta, ma senza sosta” (J.W.Goethe)
Filippo Falugiani