Economia
Etichettatura d’origine e miscele con oli di semi. Via libera definitivo da Bruxelles
Il Comitato gestione oli ha dato parere positivo alle proposte di modifica del Reg. 1019/02. Ora si aspetta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento. Un’analisi delle prospettive di mercato
07 febbraio 2009 | Alberto Grimelli
Entrerà in vigore il 1 luglio 2009.
In pochi mesi diverranno quindi operative le modifiche al Reg. 1019/02 che impongono lâetichettatura dâorigine obbligatoria e la possibilità di produrre miscele oli dâoliva â oli di semi.
La designazione dâorigine obbligatoria deve comparire in etichetta e le diciture previste sono:
a) nel caso degli oli di oliva originari di uno Stato membro o di un paese terzo, un riferimento allo Stato membro o alla Comunità o al paese terzo, a seconda dei casi, oppure,
b) nel caso di miscele di oli di oliva originari di più di uno Stato membro o paese terzo, una delle seguenti diciture, a seconda dei casi:
âmiscela di oli dâoliva comunitariâ oppure un riferimento alla Comunità,
âmiscela di oli dâoliva non comunitariâ oppure un riferimento allâorigine non comunitaria,
âmiscela di oli di oliva comunitari e non comunitariâ, oppure,
c) una denominazione di origine protetta o unâindicazione geografica protetta ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, fatta salva lâapplicazione del disciplinare della denominazione considerata.
Eâ quindi stata prevista la possibilità che âgli Stati membri possono vietare la produzione, sul loro territorio, delle miscele di oli di oliva e di altri oli vegetali per il consumo interno. Tuttavia essi non possono vietare la commercializzazione, sul loro territorio, delle suddette miscele di oli provenienti da altri paesi, né vietare la produzione, sul loro territorio, di dette miscele ai fini della commercializzazione in un altro Stato membro o dellâesportazione.â
Su âItalia Oggiâ lâex Ministro De Castro vanta la paternità dellâazione e della normativa, frutto di un lavoro sotterraneo, âun caso di scuolaâ, che servirà da apripista per altre battaglie. Infatti De Castro spiega che vede possibile seguire la strada già tracciata per lâolio anche per altri prodotti, primi fra tutti âpassata di pomodoro e carni avicoleâ. Non si possono infatti fare battaglie generiche e generalizzateâ. 
Per lâolio il baratto è stto apertura alle miscele in cambio di etichettatura dâorigine. Quale sarà lo scotto che altre filiere dovranno pagare per introdurre lâorigine obbligatoria?
Nel settore olivicolo, tuttavia, il provvedimento presto entrerà in vigore ed è necessaria unâanalisi sulle prospettive di mercato e sulle possibili dinamiche che la normativa può innescare.
Ne abbiamo parlato col Direttore Assitol, Claudio Ranzani.
- Lâetichetta dâorigine modificherà le abitudini dâacquisto del consumatore italiano?
Sarei tentato di dire che non vi sarà alcuna seria influenza sul mercato della nuova normativa. Lâesperienza degli Stati Uniti, dove una simile normativa è già obbligatoria da una decina dâanni, ci fa supporre che lâeffetto sulle vendite sarà minimo. Esiste unâaffezione alle marche e se qualche ripercussione può esserci potrebbe avvenire per i private label.
- Vi è interesse a introdurre sul mercato italiano miscele olio dâoliva-olio di semi?
Stante le attuali quotazioni dellâextra vergine e lâattenzione e affezione degli italiani per questo prodotto credo che le miscele non riusciranno a crearsi un mercato significativo nel nostro Paese, in ogni caso, probabilmente, non a scapito dellâolio extra vergine.
- Sul fronte dellâexport, vi è interesse da parte di aziende italiane a produrre miscele da esportazione?
Câè interesse in quanto Parsi come Cina e India, lontani dal gusto dellâextra vergine, possono avvicinarsi a questo prodotto attraverso un percorso che passi anche dalle miscele. Si può seguire proficuamente la stessa strada, la stessa strategia di penetrazione già adattata, con successo, negli Usa qualche decennio fa.
- La reazione di Assitol rispetto a questo cambio normativo è quindi positiva
Se ben applicato, il nuovo regolamento sullâindicazione dâorigine non dovrebbe costituire un ulteriore aggravio burocratico ed introduce elementi di trasparenza. Lâunico aspetto che preoccupa è la brevità dei tempi di smaltimento delle scorte di vecchie confezioni che potrebbe comportare costi gravosi per le imprese, soprattutto quelle più piccole.
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