Economia
GIOVANI AGRICOLTORI D’ITALIA. QUALI SONO I MODELLI IMPRENDITORIALI VINCENTI? QUALI LE STRADE DA PERCORRERE? ESISTE UNA CULTURA DEL LAVORO RURALE?
Gestire un’azienda agricola con successo non è facile. Da un indagine Eurispes emerge un quadro assai complesso, su cui è bene riflettere. La strada della qualità è la sola soluzione praticabile? Prendendo spunto dalla realtà esaminata è necessario partire con nuove idee per rilanciare l’economia agricola
20 novembre 2004 | Ada Fichera
Avere unâazienda agricola non è âaffare da pocoâ ed in particolar modo, non è di certo facile gestire tale struttura per determinarne il relativo successo.
Di recente, lâEurispes ha pubblicato dei dati che sono risultato di un sondaggio riguardo ai âmodelli imprenditorialiâ e alle âculture del lavoro tra i giovani agricoltori italianiâ.
Per i giovani imprenditori il futuro della loro azienda e dellâagricoltura italiana risiede nel potenziamento della qualità .
Il 13,3% dei giovani agricoltori italiani indicano lâagricoltura biologica come lâambito prevalente di intervento per un maggiore sviluppo del proprio mercato di riferimento; seguono: la âsicurezza alimentare dei prodottiâ (12,4%), le âcolture e prodotti innovativiâ (7,0%) e la âcertificazione della qualità aziendaleâ (6,4%).
à il segno che le giovani generazioni di agricoltori sono convinte che lo sviluppo del sistema agro-alimentare italiano deve essere veicolato, in primo luogo, dalla produzione di qualità , la quale, da questo punto di vista, può rappresentare una concreta opportunità di lavoro per fasce di popolazione altrimenti destinate ad alimentare la piaga dellâesodo o della disoccupazione rurale.
Lâobiettivo del profitto economico attraverso la via della qualitÃ
La produzione di qualità costituisce, dunque, il leitmotiv di una competitività aziendale che persegue lâobiettivo quantitativo del profitto economico anche attraverso il mezzo qualitativo di prodotti e metodi di produzione a minor impatto ambientale.
Un momento molto importante per le aziende agricole è di certo la formazione del personale che andrà ad occuparsene, ma tale tipo dâattività sembra non interessare ancora abbastanza, o per lo meno, non quanto dovrebbe.
Questa indagine, svolta nello scorso mese di maggio, è dimostrazione di come per la maggioranza delle imprese la formazione del personale non costituisce ancora unâattività abituale oppure non viene considerata un investimento strategico.
La strada della formazione. Il punto debole è nel Sud e nelle Isole
Le attività di formazione nellâultimo biennio hanno interessato soprattutto le aziende agricole del Nord-Est (47,5%) e, in misura minore, del Nord-Ovest (35,3%) e del Centro (32,7%). I corsi di formazione si sono svolti, invece, con frequenza minore al Sud (26,6%) e ancor più raramente nelle Isole (18,1%). Nelle Isole emerge, quindi, una scarsa propensione ad investire nella formazione delle risorse umane ed infatti la percentuale di aziende che lo hanno fatto negli ultimi due anni è davvero molto bassa.
Alla domanda sulle ragioni per cui in molte aziende non è stata svolta alcuna attività formativa, il 26,8% dei soggetti ha risposto che non câè stata necessità di attività formative; lââ8,2% degli intervistati si è detto convinto che la formazione sottrae tempo alle attività lavorative; per il 6,2%, lâofferta formativa era di qualità scadente; per il 5,2% i costi erano elevati o superiori alle disponibilità economiche dellâazienda; per il 4% lâofferta formativa non rispondeva alle necessità aziendali; e, solo per lo 0,8%, la formazione era realizzata in sedi lontane dallâabitazione o dal posto di lavoro.
Le competenze per unâagricoltura multifunzionale
Parlando comunque di formazione aziendale e di investimenti da parte di chi opera nella gestione del settore agricolo, possiamo vedere, da questâinchiesta portata avanti dallâEurispes, che, pur risultando prevalente il settore della sicurezza sul lavoro (15,2%), lâelevata partecipazione alle attività formative relative al âmarketingâ (12,7%), alla âqualità dei prodottiâ e allââagriturismoâ (12,1%), allââagricoltura biologicaâ (8,0%), è indicativa dellâinteresse ad accumulare le competenze necessarie ad unâagricoltura multifunzionale e, nello specifico, al settore delle produzioni di qualità .
Ai giovani imprenditori intervistati, è stato inoltre domandato se negli ultimi due anni essi stessi o i loro dipendenti avessero partecipato ad attività di formazione delle risorse umane: il 67,9% del campione ha risposto negativamente, mentre il 32,1% affermativamente. Nella maggioranza delle aziende agricole prese in analisi, dunque, i titolari e i dipendenti non hanno partecipato recentemente a nessun corso formativo; soltanto un terzo degli intervistati ha dichiarato il contrario.
Le prospettive occupazionali
Per quanto riguarda, le prospettive occupazionali, secondo i dati del sondaggio, queste risultano positive per via della sostanziale stabilità di organico che si prevede per ogni tipologia contrattuale, ma soprattutto perché lâincremento più consistente si preannuncia per i dipendenti fissi.
Gli imprenditori, infatti, prevedono che lâincremento occupazionale coinvolgerà principalmente i dipendenti fissi (16,6%), ma si registrano prospettive moderatamente positive anche per i lavoratori stagionali (12,3%) e occasionali (9,8%), anche se per queste categorie i valori del possibile decremento si attestano intorno allâ8%.
Circa i 2/3 delle aziende del campione intervistato dispongono di una Superficie Agricola Utilizzata inferiore ai 50 ettari.
La maggior parte delle aziende agricole utilizza una superficie compresa tra 1 e 10 ettari (32,1%) o tra i 10 e i 50 ettari (29,1%). Le aziende agricole che dispongono di una S.A.U superiore ai 100 ettari costituiscono appena lâ11,1% del complesso.
Prevalgono le ditte individuali
Per quanto concerne la forma giuridica delle aziende agricole, i dati mostrano come la stragrande maggioranza delle imprese (il 68,7%) si sia costituita in forma di ditta individuale. à abbastanza diffusa anche la società di persone e/o capitali, che caratterizza circa un quarto delle imprese, mentre le altre forme giuridiche costituiscono una lieve minoranza. Nello specifico, la forma del consorzio è stata adottata da appena il 3,1% delle imprese, e la cooperativa dal 2,5%. Le forme giuridiche meno diffuse risultano essere la comunanza o affittanza collettiva (0,9%) e lâassociazione di produttori (0,3%).
I dati relativi al titolo di possesso dei terreni indicano una netta prevalenza, tra i giovani imprenditori agricoli intervistati, di proprietari dâazienda: il 70,4% del campione. Il 18,3% possiede parte dei terreni della propria azienda in proprietà e parte in affitto mentre, solo il 9,8%, indica nella forma affittuaria il titolo di possesso dei terreni. La proprietà caratterizza la maggior parte delle imprese in relazione a tutte le forme giuridiche, in percentuale variabile dal 54,8% (consorzi) al 73,4% (aziende individuali).
Prevale la conduzione diretta a carattere familiare
à possibile notare come il possesso dei terreni a titolo misto sia particolarmente diffuso nelle imprese caratterizzate da una forma giuridica di tipo collettivo, e in particolare tra i consorzi (il 38,7% dei quali è posseduto parte in proprietà e parte in affitto, contro una media del 18,3%), seguiti dalle associazioni di produttori, dalle comunanze o affittanze collettive (33,3%) e dalle cooperative (28%). La forma di conduzione maggiormente diffusa è quella diretta, scelta dallâ87,5% dei giovani agricoltori.
La conduzione in economia, che vede il responsabile dellâimpresa ed i suoi familiari occuparsi della direzione tecnico-organizzativa e ricorrere a manodopera extra-familiare per i lavori agricoli, è caratterizzata dal 9,2% delle aziende; mentre sembra ormai quasi definitivamente tramontata la conduzione a mezzadria (0,5%).
Le aziende dei giovani agricoltori sono caratterizzate da una dimensione prevalentemente familiare. Nelle imprese in cui si ricorre a salariati, braccianti o giornalieri, lâutilizzo di manodopera extra-familiare si accompagna, nella maggior parte dei casi, al lavoro familiare. Il 40,8% degli intervistati ha infatti dichiarato di ricorrere per i lavori agricoli a manodopera esclusivamente familiare ed il 33,9% a manodopera mista. La manodopera esclusivamente extra-familiare è utilizzata da meno di un giovane agricoltore su cinque (18,9%). Per quanto concerne i settori di produzione, la viticoltura (20,7%) o la coltivazione di cereali (17,4%) rimane il prevalente indirizzo produttivo; seguono lâolivicoltura (13,7%), la coltivazione di fruttiferi (10%), e di ortive, indicata dal 7,5% delle risposte.
La coltivazione di barbabietole da zucchero (0,9%), delle colture alternative, come piante medicinali o miele (0,7%), del girasole o di altre piante oleose (0,6%) e della coltivazione di piante industriali (0,4%), sono risultate dominanti da una percentuale di risposte inferiore allâ1% del complesso.
Si è anche sondato se oltre alla produzione agricola venissero praticate nelle aziende dei giovani imprenditori agricoli anche altri tipi di attività . Nel 44,6% dei casi la produzione agricola non è accompagnata da alcun tipo di attività .
La provenienza dei capitali? In gran parte autofinanziamento
à interessante anche quanto, di tale indagine Eurispes, emerge riguardo alla provenienza dei capitali utilizzati dagli imprenditori.
Si tratta prevalentemente di autofinanziamento; infatti, negli ultimi due anni, il 73,6% degli intervistati ha fatto ricorso a fondi propri o di familiari. Altro mezzo finanziario molto diffuso è il prestito bancario, utilizzato dal 36,5% degli agricoltori, a seguire il finanziamento pubblico di cui ha usufruito il 17,6% degli intervistati. Prodotti finanziari quali il leasing ed il credito commerciale sono stati impiegati da quote più contenute di agricoltori (rispettivamente 8,8% e 5,6%). Tutte le aziende più piccole hanno fatto ricorso ad autofinanziamento, in misura minore a prestiti bancari (32,3%) e ad altri strumenti finanziari quali il leasing bancario e il credito commerciale (entrambe al 6,5%), solo il 3,2% ha usufruito di risorse economiche pubbliche.
Le aziende medio-piccole, da 1 a 50 ettari, hanno operato scelte finanziarie molto simili: sempre alte le quote di autofinanziamento, ma inferiori rispetto alle piccole aziende, molto consistenti anche le percentuali di agricoltori che hanno chiesto prestiti bancari e un discreto ricorso ai finanziamenti comunitari o pubblici. Più contenuti i casi di chi si è avvalso del leasing finanziario o del credito commerciale.
Sono le grandi aziende a beneficiare di finanziamenti pubblici
Sono soprattutto le aziende più grandi a beneficiare delle risorse comunitarie e dei finanziamenti pubblici (il 17,1% delle aziende tra 50 e 100 ettari e il 23,4% di quelle con più di 100 ettari), senza escludere le altre forme di finanziamento, anche con percentuali abbastanza sostenute di aziende che hanno usato capitali propri. Da questi dati emerge che lâimprenditore per la gestione dellâazienda ha investito principalmente risorse proprie, ricorrendo in percentuali minime allâesterno, enti pubblici o sistema bancario.
Sono questi apparentemente semplici numeri, dati freddi, ma rilevanti nella loro essenza e, che soprattutto, fanno luce sulla situazione attuale delle aziende italiane operanti in un settore spesso tralasciato, eppure tanto importante, quale il settore agricolo.
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