Economia

Risparmio, benessere e sostenibilità: ecco cosa cercano gli italiani sul cibo

Risparmio, benessere e sostenibilità: ecco cosa cercano gli italiani sul cibo

Sulla filiera agroalimentare italiano pesano i cambiamenti climatici, le tensioni geopolitiche, l’aumento dei costi operativi ed energetici e quelli di trasporto. Mentre i driver dei consumatori italiani indicano nuove vie

30 ottobre 2025 | 12:00 | C. S.

In occasione di Cibus Tec Forum, Denis Pantini - Responsabile Agroalimentare di Nomisma – ha presentato una relazione sulle sfide e gli scenari evolutivi del settore agroalimentare italiano.

In un mercato nazionale che negli ultimi anni ha visto un costante calo dei volumi di prodotti alimentari acquistati al dettaglio, compensato solo dell’incremento delle vendite a valori, si registra una profonda evoluzione della domanda e dei desiderata dei consumatori.

Da una recente indagine condotta da Nomisma, nei prossimi 12 mesi gli acquisti saranno guidati principalmente da una crescente propensione al risparmio, dalla ricerca di benessere e sostenibilità.

Relativamente ai prodotti food & beverage che creeranno nuovi trend nei prossimi 2/3 anni, il 38% dei consumatori intervistati ha citato al primo posto il ridotto contenuto di alcuni ingredienti (zuccheri, conservanti, grassi, ecc), che precede la produzione nazionale (37%), l’origine locale/km zero (36%), il basso impatto ambientale (30%) e la sostenibilità delle confezioni (28%).

Nel complesso, tra i principali megatrend che oggi impattano sulla filiera del food & beverage figurano il cambiamento climatico, l’incertezza che caratterizza lo scenario geopolitico e l’innovazione tecnologica, con in testa l’intelligenza artificiale che incide sui processi aziendali.

Il settore agroalimentare resta fondamentale per l’economia nazionale ma proprio a causa di questi megatrend, sono svariati i fattori di potenziale criticità, a partire dal fatto che in Italia quasi la metà del suolo nazionale risulta in cattivo stato di salute - a causa in primis di erosione, perdita di carbonio organico, alta concentrazione di rame, compattazione superficiale, eccesso di azoto, ecc - minacciando la sostenibilità del comparto.

Al contempo, siccità prolungata e aumento delle temperature influenzano pesantemente le nostre produzioni, così come il costante aumento dei danni causati da eventi estremi quali grandinate, trombe d’aria, allagamenti ed esondazioni: a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, per alcune commodities agricole i prezzi sono più che raddoppiati nell’ultimo biennio.

Del resto, in un mondo dominato dal disordine, basta poco per infiammare le quotazioni: basti pensare alle fiammate inflazionistiche e alle tensioni geopolitiche degli ultimi anni, all’aumento dei costi operativi ed energetici e a quelli di trasporto.

Considerando anche l’inverno demografico che coinvolge l’Italia, per il nostro food & beverage diventa quindi fondamentale l’export, per quanto oggi fortemente condizionato dall’instabilità degli scenari globali, dalle tensioni geopolitiche e dall’introduzione di barriere doganali e politiche commerciali fortemente restrittive. Oggi le nostre esportazioni sono indirizzate principalmente verso l’Unione Europea (che rappresenta il 58% delle vendite) e il Nord America (13,7%) mentre ancora secondari sono la Cina e l’Oriente, il Sud America, l’Africa e l’Australia.

Alla luce dei limiti all’autosufficienza delle nostre principali filiere agroalimentari (in particolare per il frumento, la soia, il mais, le carni, l’olio d’oliva i), se si vuole aumentare l’export in parallelo deve anche crescere il nostro import, e non solo dai Paesi della Comunità Europea, che oggi incidono per circa il 70% sul totale.

Per questo, in una logica di maggior sicurezza degli approvvigionamenti e dei mercati di sbocco diventa necessario promuovere lo sviluppo di accordi di libero scambio, in grado non solo di ridurre l’impatto delle barriere doganali e dei dazi, ma anche di garantire maggiore tutela alle nostre produzioni DOP e IGP e di introdurre clausole di salvaguardia reciproche.

Per creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile e profittevole del settore, lo studio di Nomisma ha sottolineato anche l’importanza degli investimenti in ricerca, che seppur aumentati del 22% nel settore alimentare negli ultimi 10 anni, si fermano a 424 milioni di euro, nonché una maggiore attenzione alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie dall’intelligenza artificiale, che oggi trova applicazione solo nel 6,7% delle imprese del food & beverage italiano, primariamente nell’ambito marketing e vendite, nei processi di produzione, nell’organizzazione aziendale.

“La filiera agroalimentare è assolutamente strategica per l’economia italiana ma oggi sono molteplici i fattori di incertezza e complessità, che richiedono un elevato livello di attenzione per affrontare con successo e consapevolezza le sfide che ci aspettano nel prossimo futuro. Oggi le imprese alimentari sono messe sotto pressione da svariati fattori di mercato che ne limitano la capacità d’azione e che richiedono un cambio di paradigma strategico e organizzativo per mantenere adeguati livelli di competitività e redditività. Un cambio di passo che può trovare leve di sviluppo negli accordi di filiera, in grado di ridurre la volatilità dei prezzi e la garanzia delle forniture, nella diversificazione dei mercati di sbocco, che consente di  contenere i rischi di mercato, e nell’innovazione tecnologica e digitale, per rispondere ai nuovi desiderata dei consumatori e a quegli obiettivi di sostenibilità che, per quanto oggi non sembrano più all’ordine del giorno nel dibattito pubblico, rappresentano una conditio sine qua non per restare sul mercato” - ha commentato Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare di Nomisma.

 

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