Cultura

IL LIBRO IN FIERA, UN BOUQUET DOLCEAMARO

A Torino padiglioni più che mai affollati. Ciò che rimane impresso è il fastidioso rumore. I lettori avrebbero preferito una sana e corroborante quiete, ma hanno dovuto subire l'esplosione di musiche assordanti

29 maggio 2004 | Massimo Rondi

Finita la Fiera del Libro 2004, lasciamone decantare le impressioni. Saranno il bouquet dolceamaro di questa annata come sempre discussa, più che mai affollata.

Chiudendo gli occhi e tornandoci con la mente e con tutti i sensi, un’impressione che mi rimane è il chiasso: tanto rumore, troppo rumore.

"Tanto" rumore è comprensibile, quando i visitatori sono così "tanti", e purché non sia tanto rumor per nulla. Ma "troppo" rumore no, poiché i visitatori sono o dovrebbero essere lettori, e non pretendo il silenzio, come ammoniscono i cartelli in biblioteca, ma una ragionevole quiete.

E invece ecco esplodere musica assordante, che impedisce di ascoltare affascinanti voci, in convegni e presentazioni fortunatamente gremiti. Perché non spostare, come avviene alla Frankfurt Buchmesse, le edizioni musicali in un apposito padiglione? Magari un padiglione insonorizzato, che possa ospitare anche i concerti.

Il Salone è diventato Fiera e la Fiera spettacolo.

So che, fra i partecipanti, alcuni editori hanno espresso giudizi critici, per non dire criticoni, altri si sono astenuti per una sorta di correttezza che definirei pudore.

Non sono un editore, sono un cane sciolto che vanta molti amici editori, mi sento libero perciò di ribadire quanto scrissi (al Domenicale), proprio avanti l’apertura della Fiera 2004:


In principio era il Salone, quando la cultura non era informe, ma gli scaffali erano (certamente) più vuoti...

La parola - "Salone" - si adattava assai meglio alla città che quasi rappresenta il salotto d’Italia: grande sala, ma anche esposizione, erede quindi delle Esposizioni Internazionali e Nazionali che Torino ha ospitato sul finire dell’Ottocento e all’inizio del Novecento.

Salone per antonomasia quello dell’Automobile, trionfo di una tecnica che portò la capitale subalpina all’onor del mondo: lo scrittore Edgar Wallace immaginò congegnati a Torino i meccanismi che automatizzano la casa del mistero d’un suo famoso romanzo.

La parola Fiera, invece, mi richiama subito la Fiera di Milano, ed un’occasione assai più commerciale: riunione di venditori - spiega il dizionario - caratterizzata da una certa durata e da un notevole commercio all’ingrosso. Più nobile allora l’origine della popolare Sagra, festa con intento celebrativo ma anche cerimonia "sacra".

Che cosa vogliamo sia, dunque, il Salone... la Fiera... la Sagra del Libro di Torino? Rassegna della cultura? Mercato dell’editoria? Celebrazione, ancorché popolare, del libro?


Quest’anno, mi pare, sia stato un po’ tutto questo. Leviamo i calici.





Edizioni Angolo Manzoni, Torino
info@angolo-manzoni.it
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